Parte della
Guerra di indipendenza greca
La Sortita da Missolungi, di Theodoros P. Vryzakis
L'assedio di
Missolungi fu un episodio chiave della guerra di indipendenza greca degli anni
1820, più per il significato politico che per quello militare, dal momento che
la capitolazione della città contribuì a far propendere l'opinione pubblica
europea in favore della causa d'indipendenza del popolo greco.
Missolungi (Μεσολόγγι in greco),
con la sua ubicazione sulla sponda settentrionale del Golfo di Patrasso, occupa
una posizione strategica che ne fa la porta di accesso al Golfo di Corinto, ma
che gli permette anche di dominare il Peloponneso e la Grecia settentrionale.
La sua importanza era stata messa alla prova nella battaglia di Lepanto, nel
XVI secolo.
Missolungi
fu ripetutamente assediata dagli Ottomani durante la guerra di indipendenza
greca: senza successo nel 1822, quindi nel 1823 e, infine, nel 1826-1827,
quando la città fu presa. Quest'ultima sconfitta dei Greci, ebbe tuttavia un
ruolo decisivo nel determinare la futura vittoria della sollevazione
indipendentista. I difensori della città erano stati infatti raggiunti,
finanziati e trascinati da Lord Byron nel 1824. La sua morte impressionò i
liberali Filelleni, sensibili alla causa greca, e l'Europa in generale. La
difesa eroica e il sacrificio della popolazione cittadina, consumatisi durante
l'ultimo assedio, spinsero le potenze europee a intervenire.
All'inizio
degli anni 1820, Missolongi contava circa 5.500 abitanti, quasi tutti dediti ad
attività marinaresche. Costruita su una delle estremità di una baia poco
profonda, e quindi di difficile accesso per le navi ad elevato pescaggio, la
città è separata dal mare, distante 7 km, solo da una laguna paludosa chiamata
Limnosthalassa; l'abitato è anche protetto a ovest e a sud mentre l'accesso
alla baia è controllato dagli isolotti di Vasilidi, Dalma e Anatolikon (su cui
si ergeva una fortezza). Un'altra difesa naturale, verso est, è offerta dal
Monte Aracinto. Malgrado queste barriere fisiche, le sue difese terrestri si
riducevano a un piccolo fossato quasi ricolmo, a delle mura in cattivo stato e
a quattro vecchi cannoni.
Contesto: la
guerra di indipendenza greca
La guerra
d'indipendenza greca fu una lotta di liberazione contro l'occupazione ottomana.
I principali scontri ebbero come teatro il Peloponneso e i dintorni di Atene,
ma vi furono alcuni combattimenti che ebbero luogo in Epiro.
Infatti, nel
1820, Alì Pascià di Tepeleni, che mirava ad assicurarsi la definitiva autonomia
dei propri possedimenti in Epiro, si era rivoltato contro il sultano Mahmud II.
La Sublime Porta (come a volte è chiamato il governo ottomano) aveva dovuto
mobilitare un esercito intorno a Giannina. Il Sultano aveva inviato Khursit
Pasha, governatore del Peloponneso, affinché con le sue truppe sedasse la
ribellione e Missolungi era il porto strategico per le comunicazioni tra le due
regioni: Epiro e Peloponneso.
Per i
patrioti greci organizzati nelle Filikí Etería, che già dalla fine del XVIII
secolo preparavano l'insurrezione generale, la ribellione di Ali Pasha
rendeva quel momento propizio all'azione, vista la potenziale minor
disponibilità di soldati turchi da utilizzare nella repressione degli insorti.
L'insurrezione fu scatenata nel Peloponneso. Ebbe inizio, tra il 15 e il 20
marzo 1821, sulla costa settentrionale del Peloponneso (Patrasso, Vostitsa,
Kalavrita) e nella penisola del Mani. Theodoros Kolokotronis, uno dei leader
della resistenza, aveva percorso in lungo e in largo il Peloponneso, agli inizi
del 1821, al fine di promuovere la causa dell'indipendenza. Era partito da
Zante che, con Corfù era una delle basi di preparazione della insurrezione. Le
isole Ionie, con la loro cinta, chiudevano quel Golfo di Corinto di cui
Missolungi e Patrasso controllavano l'ingresso. Il 25 marzo, l'arcivescovo
Gemanos, metropolita di Patrasso, proclamò la guerra di liberazione nazionale.
Le truppe di
Ali Pasha finiranno sconfitte nel 1822. Così, gli Ottomani si rivolsero contro
i ribelli Greci che si erano nel frattempo accordati proprio con il pascià di
Ioannina, nemico del loro nemico. L'alleanza tattica era un accordo di comodo,
dal momento che i Greci non erano immemori di come Ali Pasha avesse massacrato
i Soulioti, all'inizio del secolo. Quei montanari epiroti, cristiani di
origine albanese, sono oggi considerati come i primi eroi e le prime vittime
dell'indipendenza e del riscatto della Grecia. Avendo avuto ragione di Ali
Pacha, Khursit Pacha decise di soffocare anche quel focolaio di insurrezione in
Epiro.
Il primo
assedio
Dopo la
sconfitta e la morte di Ali Pascià, i Sulioti si ritrovarono quasi soli a
fronteggiare le folte truppe di Hursid Pascià che poteva contare su 14.000
uomini. Fecero quindi appello al sostegno degli altri insorti greci. Così fu
prontamente inviato sul posto Alexandros Mavrokordatos, a capo di 920
pallikares greci e di 120 Filelleni. Le sue otto navi lasciarono Corinto per
Missolungi, porta di accesso all'Etolia. I Sulioti, in un estremo tentativo,
erano riusciti a disimpegnarsi e Mavrokordátos poté farsi loro incontro, prima
di marciare su Arta dove però fu sconfitto il 16 luglio (4 luglio del
calendario giuliano) da un contingente di 7-8.000 Turchi. Nello scontro egli
perse un terzo dei suoi uomini e metà dei Filelleni. Si rendeva perciò
necessario evacuare l'Etolia. I Sulioti raggiunsero Cefalonia a bordo di
imbarcazioni britanniche mentre gli abitanti greci della regione abbandonavano
le loro proprietà dando fuoco a fattorie e raccolti per fare terra bruciata
intorno agli Ottomani.
Tutti
confluivano verso Missolungi, dove, il 6 novembre (25 ottobre giuliano), furono
raggiunti dall'esercito ottomano guidato da Omer Vrioni. Mentre il blocco
imposto dalla fanteria turca impediva l'accesso in città per vie di terra, tre
navi da guerra mettevano in opera un blocco navale. Mavrokordátos e Markos
Botsaris non vollero abbandonare Missolungi al suo destino, la cui perdita
avrebbe spalancato le porte del Peloponneso alle truppe ottomane. Fu così che
360 insorti greci, forniti di cibo e munizioni a sufficienza per un mese, si
trovarono a fronteggiare 11.000 soldati turchi armati di undici cannoni e
quattro obici. Tra i soldati della Sublime Porta si trovavano arruolati degli
albanesi musulmani, considerati corpi d'élite perché ancora imbattuti.
Omer Vrioni
iniziò allora a negoziare per ottenere una resa senza spargimento di sangue.
Per mostrare le sue buone intenzioni, accordò una tregua di otto ore affinché i
Greci potessero radunare le imbarcazioni necessarie all'evacuazione dei civili.
Idra e Spetses inviarono allora sette navigli che, anziché raccogliere gli
abitanti, dapprima si misero alla caccia delle navi ottomane (21 novembre, 9
del calendario giuliano), e quindi permisero lo sbarco di rinforzi: circa 700
peloponnesiaci, comandati - tra gli altri - da Petrobey Mavromichalis, quindi
altri 1.000 pallikares con i loro capétans (comandanti), oltre a provviste e
munizioni (25 novembre, 13 novembre giuliano).
Gli
assedianti ottomani, dal canto loro, soffrivano la fame e le malattie (la zona
circostante la città è molto paludosa) e, in aggiunta, i soldati albanesi
reclutati da Omer Vrioni si rifiutavano di combattere, non avendo ricevuto il
loro soldo. Le sortite degli assediati, regolari e letali, demoralizzavano le
truppe ottomane.
Omer Vrioni
decise di porre fine agli indugi attaccando il giorno di Natale del 1822
(calendario giuliano). Sperava di sorprendere gli assediati, confidando in un
abbassamento della guardia durante i festeggiamenti religiosi. Venne a mancare
tuttavia l'effetto sorpresa, perché alcuni cristiani al servizio dei Turchi
riuscirono a preavvertire i Greci. Questi, quando la fanteria ottomana passò
all'azione, si trovavano tutti ai loro posti di combattimento. La battaglia
durò tre ore, al termine delle quali gli Ottomani dovettero battere infine in
ritirata, dopo aver perduto 500 uomini, tra morti e feriti, e dodici insegne
militari. I Greci non avevano da piangere che quattro morti.
Nei giorni
seguenti gli assediati continuarono le loro sortite di disturbo, aiutati da
alcune piccole bande di pallikares che erano riuscite a raggiungere Missolungi
per via di terra. Intanto si preannunciava una spedizione di soccorso per
liberare i Greci dall'assedio. Omer Vrioni diede l'ordine di levare il campo e
i Turchi tolsero l'assedio nella notte tra l'11 e il 12 gennaio 1823 (31
dicembre 1822 del calendario giuliano), abbandonando sul posto tutta
l'artiglieria. Uno dei frequenti disaccordi tra i capi greci ritardò però
l'azione di inseguimento.
Il bilancio
di questo primo assedio fu positivo per gli insorti greci. Gli albanesi
dell'esercito ottomano avevano perso la loro reputazione di invincibilità
mentre ai Turchi, in ogni caso, era preclusa la possibilità di riprendersi il
Peloponneso da nord. Il sultano fu costretto a rivolgersi al suo vassallo egiziano
Mehemet Ali. La vittoria a Missolungi permetteva ora ai Greci di poter sperare
in un possibile successo mentre le nazioni dell'Europa occidentale iniziarono
infine a interessarsi delle sorti dei Greci, che sembravano in grado di
assicurarsi la vittoria.
Il secondo
assedio
Nel 1823 il
Sultano lanciò una controffensiva in Grecia, sotto la guida di Mehmet Pasha.
Parte dell'esercito, un contingente forte di 13.000 uomini, doveva riprendere
l'assedio di Missolungi al comando di Moustaï, pascià di Scutari. Il Souliota
Marco Botzaris, con 2.500 montanari acarnani ed etoli e 450 Soulioti, tentò di
fermare la progressione ottomana il 20 agosto (9 agosto, giuliano). Cadde in
combattimento, insieme ad altri 60 uomini, e il suo corpo fu sepolto a
Missolonghi; ma Botzaris riportò una vittoria con 800 perdite tra le truppe
ottomane, un risultato che servì a ritardare l'avanzata dei nemici.
Moustaï si
ricongiunse con 3.000 Albanesi di Omer Vrioni e pose l'assedio al villaggio di
Anatolikon i cui bombardamenti iniziarono il 17 ottobre. Malgrado i 2.000
proiettili scagliati, Anatolikon subì solo lievi danni. Il 20 ottobre, Moustaï
dovette rinunciare al suo piano di neutralizzare la via di approvvigionamento
marittimo che serviva Missolungi. Le imbarcazioni greche riuscirono a farsi
strada nelle acque poco profonde della baia, cosa che fu impossibile ai
vascelli turchi. In questo modo gli assediati continuavano ad essere
regolarmente riforniti mentre a soffrire la fame erano invece gli assedianti
ottomani, tra cui si contavano già 2.000 morti per malattie contratte durante
l'assedio. Piuttosto che affrontare l'inverno, Moustaï tolse l'assedio l'11
dicembre. I difensori greci, durante l'assedio, avevano subito perdite per 200
uomini.
Byron a
Missolungi
In Europa
occidentale, il caso greco diventò il simbolo della lotta dei liberali e finì
per incarnarne tutte le loro cause: la libertà, naturalmente, ma anche il
diritto dei popoli all'autodeterminazione e la lotta contro l'oppressione di
una monarchia conservatrice e arcaica. Così, un fremito di simpatia per i
ribelli greci attraversava tutte le file liberali. I più coinvolti tra essi si
battezzarono Filelleni e si organizzarono in comitati un po' in tutt'Europa, ma
anche in America. La loro attività principale fu quella di raccogliere fondi
per l'acquisto di armi, la cui consegna agli insorti fu affidata al più
intrepido di loro: il poeta britannico George Byron, già sul continente
greco da molti anni, fu incaricato dal comitato filelleno di Londra, diretto
dal suo amico John Cam Hobhouse, con il quale aveva visitato la Grecia negli
anni 1810, di portare ai greci l'aiuto dei filelleni britannici. Byron lasciò
il porto di Genova nel luglio 1823 per dirigersi a Cefalonia con un carico di
armi e di oro. Ad Aléxandros Mavrokordátos riuscì quindi di convincerlo a
passare sul continente. Poco prima di sbarcare a Missolungi, Lord Byron annotò
nel suo diario (il 17 ottobre, con molto ritardo e mescolando i primi due
assedi):
« I Turchi
non sono più di fronte a Missolungi - nessuno sa il motivo per cui se ne sono
andati visto che si son lasciati dietro molte provviste e munizioni - e la
guarnigione non ha effettuato alcuna sortita, o almeno nessuna che sia servita
a qualcosa; non hanno investito Missolungi una sola volta quest'anno, ma hanno
bombardato Anatoliko [...] presso l'Acheloo »
(Lord Byron, Byron's Letters and Journals.)
Lord Byron
sbarcò il 24 gennaio 1824, accolto da Mavrokordatos e da Andréas Metaxás,
sindaco della città. I Soulioti si erano definitivamente insediati in città, ma
non combattevano più perché il loro compenso non era stato regolato. Byron
utilizzò una parte della sua fortuna per pagarli. Ne ingaggiò 500 che intendeva
istruire secondo la disciplina militare occidentale, ma dovette rinunciarvi.
Non ebbe maggior successo con i Greci che arruolò sul posto. La febbre che
aveva contratto durante il suo viaggio nel 1811 si riacutizzò a causa
dell'aria malsana delle paludi della regione. Morì il 19 aprile 1824 (7 aprile
giuliano), il giorno di Pasqua. Fu allora considerato come un martire della
causa filellena.
I greci
avevano profittato del periodo di tregua, e forse anche del denaro dei
Filelleni, per migliorare le fortificazioni. Il compito fu affidato
all'ingegnere italiano Pietro (o Michele) Coccini (ellenizzato in Petros - o
Michalis. - Kokkinis). Un nuovo muro era stato costruito, con bastioni che avevano
ricevuto il nome di eroi della Guerra di indipendenza, come Botzaris, Makris o
Normann (un generale Filelleno caduto nell'assedio precedente e sepolto in
città), ma anche di Benjamin Franklin, Guglielmo Tell o Rigas Feraios. Una
cinquantina di cannoni, tra cui quattro obici, costituivano ora l'artiglieria
difensiva.
Il terzo
assedio
Nel marzo
1825, poco dopo la morte di Byron, i Turchi assediarono ancora una volta la
città, irrinunciabile a entrambi i contendenti per la sua posizione geografica.
Il suo porto costituiva in effetti l'ultimo baluardo greco in Grecia
settentrionale. Caduta Missolungi, non sarebbe rimasta agli insorti che «Napoli
di Romania» (Nauplia) e «Napoli di Malvasia» (Monemvasia). Ma le umiliazioni
subite dagli Ottomani negli assedi del 1822-1823 avevano accresciuto il loro
desiderio di impadronirsene, fino a farne una questione d'onore. Il Sultano
aveva inviato il suo miglior generale, Rashid Pasha, detto Kioutagi, al quale
avrebbe detto: "O Missolungi, o la tua testa!". Disponeva di
20.000 uomini, tra cui 3.000 zappatori (genieri incaricati di intaccare le
fortificazioni nemiche). Il 23 aprile (11 aprile giuliano) fu imposto l'assedio
ad Anatolikon, mentre il 27 aprile (15 aprile giuliano) fu la volta di
Missolungi. Gli artiglieri turchi furono lenti nel dispiegare le loro batterie.
Il 17 maggio erano stati posti in opera solo tre cannoni e due obici. I
difensori greci ne ostacolavano il compito, dal momento che i Turchi si
trovavano a dover operare sotto il fuoco avverso. Missolungi era difesa da
3.000 greci, tra cui un gran numero di Soulioti. Durante il mese di giugno,
1.500 volontari discesero dalle montagne per rafforzare Missolungi. La piazzaforte
era comandata principalmente da Notis Botzaris e Tsonga. Il filelleno svizzero
Johann Jacob Mayer pubblicava nella città un gazzettino per mantenere alto il
morale degli abitanti. Quella pubblicazione è considerata come il primo
giornale della Grecia. Gli assedianti ricevevano rifornimenti da Naupatto e
Patrasso.
Durante due
mesi, l'assedio procurò poche vittime ad entrambe le parti. Le brecce aperte
dai genieri zappatori ottomani venivano riparate ogni notte dai civili greci a
cui era affidato questo compito, donne, vecchi e bambini. In giugno, gli
assediati furono approvvigionati da una flotta comandata da Giorgos Negkas. Il
20 giugno, inoltre, poterono anche tentare una sortita. I genieri zappatori
greci fecero detonare una mina nel muro di circonvallazione costruito da
ingegneri austriaci al servizio degli Ottomani. L'attacco permise ai greci di
uccidere un centinaio di soldati nemici.
Finché
furono possibili comunicazioni marittime, gli assediati poterono ricevere
approvvigionamenti e munizioni dal Peloponneso e dalle Isole ionie. Ma il 29
giugno 1825, l'ammiraglio turco Topal Pasha entrò in laguna con circa ottanta
navi turche, egiziane e algerine, perlopiù cariche di munizioni e forniture, ma
anche di nuovi pezzi d'artiglieria. Ora Missolungi era tagliata fuori dal resto
della Grecia e questa volta toccava agli Ottomani di essere riforniti. Rachid
Pacha chiese la resa della assediati, ma la loro risposta suonò così: «Le
chiavi della città sono appese alla bocca dei nostri cannoni». Il 2
luglio, una mina distrusse il bastione «Botsaris» e i Turchi tentarono di
penetrare nella città. Furono respinti. Rachid Pasha propose di nuovo la resa
ma i difensori si limitarono ad inviare agli Ottomani dell'alcool, precisando
che era per dar loro un po' di coraggio in vista di una presa della città che
non sarebbe stata cosa facile. Il 18 luglio, il bastione "Franklin"
fu preso e gli Ottomani poterono farvi sventolare i loro colori. Il morale
della città ne rimase scosso e solo il contrattacco dei greci impedì che gli
assedianti entrassero in città. Sul finire del giorno il bastione era già
riconquistato. I combattimenti avevano mietuto 500 morti.
Il 23 luglio,
l'ammiraglio greco Andreas Miaoulis riusciti a forzare il blocco navale e a
portare rifornimenti alla città. Attaccò con 40 imbarcazioni e un brulotto
incendiario, la cui apparizione mise in fuga le navi turche. La notte del 25
luglio, Yeóryios Karaïskákis, comandante militare della Grecia occidentale,
entrò nel campo di Rashid Pasha infliggendovi ingenti danni e 300 perdite.Poi inviò delle truppe per rafforzare la guarnigione che presidiava Missolungi,
alleviando l'assedio della città. Il 28 settembre, ad Amfilochia (Karvassaras
sotto il dominio ottomano), Karaïskákis s'impadronì dei rifornimenti destinati
agli Ottomani.
Avendogli il
Sultano ordinato di portare a termine la missione prima del beïram (festa
nazionale. Per i turcofoni l'equivalente dell'Aïd), Rachid Pacha tentò un
ultimo disperato assalto che si risolse nuovamente in un nulla di fatto. Le sue
truppe soffrivano sempre più la fame e le malattie, mentre alcuni elementi
cominciavano a disertare. Inoltre, le sortite degli assediati nocevano
moltissimo al morale degli assedianti. Il 18 ottobre 1825, Rachid Pacha si
ritirò a Salonicco.
Il quarto
assedio
L'assedio
Il Sultano
aveva chiamato in aiuto Mehemet Ali, suo vassallo egiziano. Questi aveva
inviato suo figlio, Ibrahim Pasha, che era sbarcato nel Peloponneso il 26
febbraio 1825 e l'aveva riconquistato. La sconfitta di Rashid Pasha
nell'assedio di Missolungi rendeva ancora più eclatanti le vittorie di Ibrahim,
ma egli volle accrescere ancora la reputazione propria, e il prestigio delle
truppe egiziane, desiderando riuscire laddove l'esercito turco aveva fallito.
Così, nel novembre 1825, inviò una parte della sua flotta a bloccare Missolungi
per poi partire da Patrasso e attraversare, con le truppe, il Golfo di Corinto
arrivando, il 5 gennaio 1826 (26 dicembre 1825 del calendario giuliano), a
cingere d'assedio la città. A Missolungi, non si era ancora potuto completare
il lavoro di riparazione delle fortificazioni danneggiate durante l'ultimo
assedio. Intanto, partiti gli Ottomani, molti abitanti, altrettante bocche da
sfamare, avevano fatto ritorno in città. Ibrahim Pasha schernì Rachid Pasha per
l'incapacità dimostrata nel superare la cinta durante quegli otto mesi di
assedio. Indicando i bastioni della città, proclamò che in quindici giorni ne
sarebbe venuto a capo.
Questa
volta, però, l'operazione fu più ardua che nelle precedenti occasioni. Le
disponibilità finanziarie dei Greci erano agli sgoccioli e questo imponeva loro
di scegliere: pagare i marinai per il trasporto delle forniture da Idra o
acquistarle. Finì che i marinai rinunciarono al loro compenso mentre i
Filelleni inviarono nuovi sussidi. Giunto di fronte a Missolungi, Miaoulis
incontrò una forte opposizione da parte della flotta egiziana. Riuscì a passare
solo con difficoltà, e a prezzo della perdita di alcune imbarcazioni.
Il 18
febbraio, le opere d'assedio erano completate e Ibrahim Pasha diede inizio al
bombardamento. Tra il 25 e il 28 febbraio, la sua artiglieria – 40 pezzi tra
cannoni e obici - scaraventò 8.000 proiettili o bombe sulla città. I danni
furono notevoli. L'Ellinika Chronika di Mayer, pur favorevole agli
assediati, riferì che i colpi di mortaio avevano fatto morti a decine. Tuttavia gli uomini di Ibrahim Pasha non furono in grado di prendere le mura
della città, nonostante un triplo assalto notturno a fine febbraio. Ibrahim
Pasha dovette riconoscere di non essere in grado a farcela da solo e fu
costretto a chiedere l'aiuto di Rachid Pasha. Il ricongiungimento dei due
eserciti segnò il destino di Missolungi.
La flotta di
Ibrahim riuscì a porre un blocco totale del porto, impedendo l'arrivo di ogni
nuova fornitura. Gli isolotti che proteggevano la città dal lato della laguna
caddero uno dopo l'altro. Vasilidi, difeso da un centinaio di combattenti fu
conquistato da Hussein Bey, figlio di Ibrahim Pasha, il 9 marzo (25 febbraio
giuliano), dopo che una bomba era caduta su un magazzino di polvere da sparo.
Vi furono solo tre superstiti. Dalmâ capitolò il 14 marzo (28 febbraio
giuliano) con la morte dei suoi duecento difensori. Anatolikon si arrese il 15
marzo (1º marzo giuliano). Ibrahim Pasha ne risparmiò i difensori, sperando che
il loro esempio potesse essere seguito da quelli di Missolungi. I due
pascià offrirono agli assediati una nuova possibilità di resa ricevendone in
risposta: «Morire, piuttosto che arrendersi. Ottomila armi insanguinate non si
arrendono.». Per intimidire gli Ottomani, gli assediati avevano esagerato
il proprio numero. Il 15 aprile (3 aprile giuliano) L'ammiraglio Miaoulis si
avvicinò con trenta navi per forzare il blocco navale, ma ne risultò sconfitto
e non fu più in grado di aiutare la città. I bombardamenti proseguivano mentre
il morale della popolazione continuava a scemare.
Si legge nell'Ellinika
Chronika di Mayer:
« Soffriamo
la fame, la sete, e molte malattie. Già 1.740 dei nostri fratelli sono morti.
Più di 100.000 bombe lanciate dal nemico hanno distrutto muri e case. Ci manca
la legna e soffriamo i rigori del freddo. Se si pensa a tutto ciò che ci manca,
è incredibile vedere il coraggio e il morale dei nostri difensori. In pochi
giorni, tutti questi coraggiosi non saranno altro che ombre angeliche, martiri
davanti al trono di Dio, ad accusare l'indifferenza del mondo cristiano. A nome
di tutti i nostri coraggiosi, io annuncio che abbiamo giurato di fronte a Dio
che avremmo difeso ogni pollice di terra di Missolungi. Preferiamo seppellirci
sotto le rovine della nostra città, piuttosto che sentire parlare di rinuncia.
Viviamo i nostri ultimi attimi di vita. La Storia giudicherà e le generazioni
future piangeranno il nostro destino. Quanto a me, il solo pensiero che il
sangue di uno Svizzero, un discendente di Guglielmo Tell, si mescolerà a quello
degli eroi della Grecia, mi riempie di orgoglio. »
(Ellinika
Chronika)
L'Alto
Commissario della Repubblica delle Sette Isole, Sir Frederick Adam, tentò di
promuovere la stipula di un trattato di pace, ma invano.
La sortita
(Exodos)
Per i
difensori la situazione era disperata. Se fossero rimasti in città, sarebbero
morti di fame. A tentare una sortita, si rischiava la morte, ma rimaneva almeno
una chance di salvezza. Dopo circa un anno passato a difendere la città, i
leader greci, Notis Botzaris, Kitsos Tzavelas e Makris elaborarono un piano di
fuga. Georgios Karaiskáki avrebbe attaccato i Turchi da dietro creando un
diversivo per consentire agli assediati la fuga dalla città. Dei 9.000
abitanti, circa 7.000 erano abbastanza forti da prendere parte a questo
progetto. Coloro che rimanevano indietro, feriti troppo gravi per potersi
muovere e qualche estremo difensore pronto a sacrificarsi, conoscevano già il
loro destino. Il vescovo di Preveza, Giuseppe, stilò una dichiarazione che fu
sottoscritta dall'intera popolazione:
« In nome
della Santa Trinità.
Vedendo noi
stessi, esercito e cittadini, giovani e vecchi, vuoti di ogni speranza, privi
anche del minimo vitale per quaranta giorni; avendo adempiuto ai nostri doveri
di soldati fedeli alla patria durante l'assedio; vedendo che il restare un
giorno di più ci porterebbe a morire sul posto, in mezzo alla strada;
considerando che non vi è più alcuna speranza di ricevere, né per mare né per
terra, aiuto o provviste, da poter rimanere fino alla vittoria sul nemico, noi
abbiamo deciso all'unanimità: faremo la nostra sortita alle due del mattino,
nella notte di sabato 10 aprile, al levare del sole della Domenica delle Palme,
che giunga o meno l'aiuto»
Nella notte
tra il 22 e 23 aprile (10 aprile giuliano), furono organizzate tre colonne,
comandate rispettivamente da Botzaris, Tzavella e Makris. Circa 2 000 uomini in
armi erano alla testa e in retroguardia. In mezzo, 5.000 tra
anziani, donne e bambini, anch'essi armati. Alcune donne, in abiti maschili,
avevano impugnato le armi unendosi ai combattenti. Gli assedianti,
tuttavia, sarebbero stati avvertiti da un disertore bulgaro. Ibrahim Pasha
aveva deciso di lasciare passare i Greci: preferiva che abbandonassero la
città, lasciandola indifesa; inoltre, sarebbe stato più facile affrontarli in
campo aperto.
Gli
assediati caricarono fuori dalle mura della città, sotto il fuoco dei Turchi in
posizione difensiva, imbattendosi nei vari ostacoli costruiti dagli Ottomani
per impedire ogni sortita. Sotto la carica della cavalleria egiziana, la
maggior parte dei Greci fu colta dal panico e si ritirò verso la città,
inseguita dai mercenari albanesi al servizio dei pascià. Benché i Greci
riuscissero a riprendere il controllo, non poterono far nulla per impedire il
massacro. Delle 7.000 persone che tentarono la fuga, solo 1.800, tra uomini e
donne, ne uscirono incolumi.
L'indomani
mattina, domenica delle Palme, Turchi ed Egiziani entrarono nella città. I
Greci, guidati da Kapsalis, piuttosto che arrendersi, si fecero esplodere con
le loro munizioni e i sopravvissuti furono massacrati o venduti come schiavi. I
Turchi esposero 3.000 teste mozzate sui bastioni della città.
Conseguenze
Dopo questo
episodio eroico e mortale, si amplificò in Europa occidentale la corrente di
simpatia per la causa greca. La morte di Byron, le suggestioni del suo
martirio, avevano già nutrito il filellenismo. La sorte di Missolungi,
soccombente dopo il disperato "exodos" avevano accentuato il fenomeno.
I più celebri partigiani greci, artisti riconosciuti, misero la loro arte al
servizio della causa nazionale. La loro propaganda, per qualità e quantità,
mantenne vivo l'interesse occidentale per l'insurrezione, ma anche la cattiva
coscienza dei governi.
Così scriveva Chateaubriand, nella sua «Note sur la
Grèce», che precedette nel 1826 il suo Itinéraire de Paris à Jérusalem,
incitando a soccorrere la Grecia insorta, dopo aver saputo che Ibrahim Pacha
sarebbe accorso in aiuto di Rachid Pacha:
«Missolungi,
quasi senza fortificazioni, si oppone ai barbari entrati due volte fin dentro
le sue mura.»
«Si vorrebbe
ancora sperare che Missolungi non avrà a soccombere, che i suoi abitanti, con
un nuovo prodigio del loro coraggio, avranno dato tempo alla cristianità,
infine illuminata, di giungere in loro soccorso. Ma se così non fosse, eroici
cristiani, se fosse vero che, prossimi a morire, voi ci aveste incaricato della
responsabilità sulla vostra memoria, se il nostro nome avesse ricevuto l'onore
di essere nel novero delle ultime parole da voi pronunciate, cosa potremmo fare
per mostrarci degni di adempiere al testamento della vostra gloria? A che tante
nobili azioni, tante avversità, tanti inutili discorsi, quando una sol colpo di
spada, tirato in una causa così santa, sarebbe valso meglio che tutte le
arringhe della terra.»
Così
scriveva Victor Hugo, nell'ode «Les Têtes du Sérail» (in Les Orientales) del
1826, sull'onda della falsa notizia, rimbalzata sulla stampa europea, che
annunciava la morte di Kanaris nell'esplosione del suo brulotto:
[...] Alla
vela! Ai remi!
Fratelli,
Missolungi fumante ci reclama,
I Turchi
hanno accerchiato i suoi bastioni generosi.
Rimandiamo i
vascelli alle loro remote città
[...]
Missolungi!
- I Turchi! - Ricacciamo o compagni,
I loro
cannoni dai suoi forti, la loro flotta dalle sue rade.
Alla notizia
della caduta di Missolungi, alcuni studenti parigini avrebbero organizzato una
manifestazione. Si sarebbero recati alle Tuileries e avrebbero ottenuto da
Carlo X, affacciatosi al balcone, la promessa di aiutare i Greci.
Uno studente
tedesco, Sprewitz, fondò l'Associazione della gioventù che tenne sei congressi
allo scopo di organizzare un corpo di spedizione per la Grecia. Auguste Blanqui
intraprese un viaggio verso la Morea, nell'ottobre 1828, per aiutare la Grecia
insorta. La sua spedizione, in compagnia di Alexandre Plocque, suo amico e
compagno di studi, si arrestò a Puget-Théniers, per colpa del passaporto.
Eugène
Delacroix, con la sua Grecia morente sulle rovine di Missolungi (1826), conobbe
lo stesso trionfo che con Il massacro di Scio (1824). Chateaubriand et
Palmerston pronunciarono discorsi in favore della Grecia davanti ai loro
rispettivi parlamenti. L'archeologo e antichista tedesco Niebuhr tenne dei
discorsi che permisero una raccolta di fondi per i comitati filelleni tedeschi.
Il finanziere svizzero Jean-Gabriel Eynard e il re Luigi I di Baviera diedero
parte delle loro fortune per riscattare le donne e i bambini di Missolungi che,
catturati e ridotti in schiavitù, erano stati venduti sui mercati d'Egitto.Aleksandr Puškin, quanto a lui, perorò in Russa la causa dell'insurrezione
greca. Émile Souvestre si fece conoscere grazie alla sua pièce teatrale Le
Siège de Missolonghi del 1828.
Il 6 luglio
1827 fu stipulato il trattato di Londra: Francia, Russia e Regno Unito,
riconoscevano l'autonomia della Grecia come stato vassallo del suzerain
ottomano. Le tre potenze si accordarono per un intervento limitato, mirato a
convincere la Sublime Porta ad accettare i termini del trattato. A tal fine fu
suggerita, e adottata, l'idea di una spedizione navale dimostrativa. Una flotta
congiunta – russa, francese e britannica – fu inviata per esercitare una
pressione diplomatica su Costantinopoli. La battaglia di Navarino, per nulla
preventivata, ma dovuta piuttosto a una combinazione di casualità, provocò la
distruzione della flotta turco-egiziana. In seguito, la Francia inviò una
missione militare per terra, la Campagna di Morea.
In quresto
modo, la presa di Missolungi da parte dei Turchi aveva sollecitato
l'interventismo delle potenze europee nella questione nazionale ellenica,
permettendo la liberazione finale della Grecia nella guerra d'indipendenza.
Epilogo: la
riconquista
Ci vollero
due anni perché Missolungi fosse ripresa dai Greci. Il 27 dicembre 1827 (15
dicembre del calendario giuliano), la Karteria, nave da guerra a vapore,
comandata dal capitano Frank Abney Hastings, sbarcò sull'isola di Vasilidi dei
soldati che s'impadronirono della fortezza. Hastings fu poi ferito a morte
durante lo sbarco ad Anatolikon il 23 maggio 1828 (11 maggio del calendario
giuliano). Il 15 maggio 1829 (3 maggio giuliano), 4.000 soldati greci
comandati da Augustinos Kapodistrias misero la città sotto assedio. I difensori
ottomani si arresero senza combattere.
Oggi la
città è ancora circondata da mura. L'ingresso principale è la «Porta della
Sortita» del 1826. Proprio accanto a questa porta, in un piccolo giardino, si
trova l'heroön dedicato ai difensori della città caduti durante l'assedio. Un
tumulo centrale accoglie i caduti ignoti. Alla sua destra, la tomba di Markos
Botzaris dello scultore francese David d'Angers, e il monumento a Byron, che
contiene il cuore del poeta filelleno. Il museo cittadino commemora gli assedi
grazie con la presenza di numerose opere, tra cui la Grecia morente sulle
rovine di Missolungi di Eugène Delacroix. La Società Byron, inoltre, organizza
regolarmente dei colloqui a Missolungi.
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