Eforo di Cuma, Teopompo di Chio e Anassimene di Lampsaco
Re della Macedonia, Tetradramma, Pella, Filippo II, 359-336 ed emissioni postume
La
storiografia retorica è una delle più importanti correnti storiografiche in età
ellenistica: i suoi rappresentanti si sono concentrati in modo particolare
sulla forma stilistica delle loro opere. Vanno considerati come padri di questo
genere storiografico Gorgia e Isocrate, mentre ne sono esponenti principali
Eforo di Cuma, Teopompo di Chio (discepoli di Isocrate) e Anassimene di Lampsaco.
Da Maria Francesca Cadeddu - 19 aprile 2018
Gli
esponenti principali della corrente storiografica retorica: Eforo di Cuma,
Teopompo di Chio e Anassimene di Lampsaco
Eforo di
Cuma
Eforo è
originario di Cuma, in Asia Minore ma l’epoca in cui lo storico visse non è
certa. Le notizie che lo riguardano riferiscono di Eforo che fu scolaro di
Isocrate e contemporaneo di Teopompo, suo collega storico; inoltre, si dice
l’inizio della spedizione di Alessandro nel 334, dato che, secondo una antica
testimonianza che Plutarco riferisce (Mor., 1043 d = T 6) egli rifiutò l’invito
del re Macedone a partecipare come storico alla sua spedizione. Potremo dire
che Eforo sia vissuto tra il 400 al 330 circa.
Storico
universale
Lo storico
di Cuma è stato il fondatore e il rappresentante principale delle cosiddetta
storiografia retorica, ma – a detta di Polibio (V, 33, 2)- va considerato il
primo e fino alla sua epoca unico storico universale. A ciò possiamo aggiungere
che Eforo, per il tramite di Diodoro, che ha attinto largamente alla sua opera,
è la nostra unica fonte continuativa per la storia Greca del 480 al 340 a.C.
Le opere
minori
Eforo ha
scritto una Storia Locale (Epichórichos logos), raccolta encomiastica delle
tradizioni della sua patria Cuma, città della quale andava fiero e che amava
ricordare. Qui, tra le altre cose, affermò e motivò con dovizia di particolari
che Omero era originario di Cuma (Fr. 1).
Scrisse,
poi, Sulle Invenzioni (Perí heuremáton, Fr. 2-5), uno scritto di chiara
impronta sofista nell’ottica del tema, e Sullo stile (Perí léxeos), un titolo
che dimostra quanto le questioni stilistiche stessero a cuore allo storico di
Cuma.
Le Historíai
Le Historíai
sono la grande opera storica di Eforo. Si tratta di una storia universale
redatta in 29 libri in cui lo storico di Cuma, tralasciando l’età mitica,
inizia il racconto dal primo evento ritenuto storico, il ritorno degli Eraclidi
(Diod., IV, 1, 2 = T 8) fino alla propria epoca, sino all’inizio della
cosiddetta guerra sacra del 356 (Diod., XVI 14, 3 + T 9a).
Il XXX libro
che contiene il resoconto degli anni dal 356 al 340, fino all’assedio di
Perinto da parte di Filippo II, è stato scritto da Demofilo il figlio di Eforo
(Diod., XVI 14, 3 + t 9 a).
L’opera di
Eforo fu suddivisa in 29 libri dall’autore stesso in persona che aveva,
inoltre, premesso a ciascun libro un proemio introduttivo (Diod., XVI 76 = T 10). Della sua opera ci sono rimasti
circa 225 frammenti.
Spazio alla
storia contemporanea
Eforo
sceglie nella sua opera di dare molto spazio alla storia contemporanea, che
occupa rispetto alle epoche precedenti uno spazio insolitamente ampio. Questa
scelta viene consapevolmente esplicata dallo storico stesso nel suo proemio (F
9) dove viene da lui detto che:
Per quel che
riguarda gli avvenimenti contemporanei, le fonti più attendibili sono coloro
che ne riferiscono con la massima esattezza; mentre per quelli che concerne i
fatti risalenti a un passato remoto, le fonti meno attendibili sono proprio
coloro che li riportano con dovizia di particolari, perché’ riteniamo che sia
difficile poter tramandare con assoluta completezza ogni evento e la maggior
parte dei discorsi.
Eforo dava
grande importanza alle questioni stilistiche e al linguaggio della sua opera.
Tuttavia il suo stile era considerato dagli autori antichi “fiacco, pensante e
senza nerbo”, mentre quello di Teopompo è definito “potente, conciso e vivo”.
(cfr. Suda, s.v. Ephoros).
Il pungolo e
le briglie
Un giudizio
che si lega alla scelta di stile che Eforo portò avanti rinunciando alle figure
retoriche gorgiane e eliminando dalla sua narrazione gli elementi
raccapriccianti (F 42) mentre Teopompo ne fece un uso più frequente e cercò più
esplicitamente di mostrare l’orrido. Isocrate affermò -stando alla tradizione-
che Eforo aveva bisogno del pungolo, Teopompo delle briglie (T 28).
Imparzialità
I dettami
stilistici di Eforo erano caratterizzati da una certa tendenza all’imparzialità
e dunque da mancanza di pathos, di un chiaro impegno politico e da una
piattezza morale. Anche qui lo storico di Cuma si trovava in antitesi con lo
storico di Chio, Teopompo, il quale invece decise di manifestare apertamente le
sue prese di posizione in campo politico e etico.
Amore per la
sua patria
Una tenue propensione
filoateniese e un grande amore per la sua patria Cuma, che Eforo non perde mai
occasione di menzionare, attenuano però tale imparzialità. Strabone (XIII 3, 6
= F 236) riferisce che:
Si deride
Eforo anche perché egli, narrando diversi avvenimenti e non potendo menzionarne
alcuno per la sua città, non si trattiene dal farne il nome e dallo scrivere:
“A quell’epoca i Cumani non fecero nulla”.
Morale
Per quanto
riguarda l’aspetto moralistico della storia di Eforo, egli crede che il
racconto delle buone azioni non può non indurre tutti i popoli e tutti gli
uomini, mentre la narrazione delle vicende cattive li trattiene dal farsi
imitatori. Quello di Eforo è un approccio alla morale diverso da quello di
Tucidide e dal suo atteggiamento didascalico e sobrio, piuttosto la sua è stata
definita una “morale casalinga” (Klaus Meister) che pronta per tutti
comportamenti umani la ricetta giusta. Lui da sempre un giudizio etico
complessivo sui personaggi; cosa che ha riscontrato in seguito il favore di
Polibio (XII 28, 16).
Il tono
Il tono che
contraddistingue la sua narrazione è un tono razionalistico. Egli infatti
tralascia il mito e spesso lo critica in modo razionale; lo storico di Cuma
decide, inoltre, di eliminare la sfera del divino dalla storia, per sostituirla
con la tyche, il fato indeterminabile.
Eforo
utilizza con frequenza e per la prima volta tra gli storici il mezzo del
raddoppiamento, in altre parole egli ripete le narrazioni degli eventi a suo
piacere e giudizio. Con questo artificio narrativo poteva colmare lacune e
vuoti, integrando, allungando e variando il racconto delle fonti.
Autori
antichi avevano notato già le ripetizioni di Eforo. Polibio (VI, 46, 10) per
esempio critica lo storico di Cuma, perché descriveva la costituzione cretese e
spartana in termini quasi perfettamente uguali. Molti altri sono gli esempi.
Libri divisi
per temi
Per quanto
riguarda la struttura interna della sua opera di storia universale, Diodoro (V
1, 4 = T 11 e cfr. anche Diod., XV, 1) ci illumina sulla sua articolazione,
riferendoci che “in Eforo, storico universale, merita ammirazione non solo lo
stile, ma anche la struttura dell’opera. Egli ha infatti proceduto in modo tale
che ognuno dei suoi libri include avvenimenti divisi per temi (katà ghénos).
Il flusso
universale
Eforo, dunque,
prende le distanze dal modello della cronaca annalistica, che racconta anno per
anno gli avvenimenti in luoghi diversi; egli sceglie di narrare, invece, di
seguito gli avvenimenti accaduti in uno stesso luogo in un arco cronologico
abbastanza lungo. Un principio che per uno storico universale non è logico. La
contemporaneità degli avvenimenti in scenari diversi implicherebbe più
facilmente una narrazione di tipo annalistica.
In sintesi,
il metodo di Eforo può essere riassunto come un flusso a carattere universale
di eventi storici concepito però non nella sua complessità, ma in una somma di
singole narrazioni che seguono non solo una logica temporale ma spaziale.
Le fonti
La
storiografia retorica di Eforo è una storiografia di materiali di prima mano,
documenti, inscrizioni, epigrammi, ecc., che però non vengono sempre da lui
ricontrollati e verificati di persona. L’esattezza documentaria delle fonti e
dell’opera di Eforo è perciò lontana.
Descrizioni
di battaglie
Anche le
battaglie descritte da Eforo mostrano come lo storico non avesse mai preso
parte di persona ad un combattimento. Polibio lo critica in modo legittimo a
riguardo (XII, 25). Diverse descrizioni
sono rimaste in Diodoro (XV, 55 sgg.,: Leuttra; 85-87; Mantinea) e l’analisi
dimostra che esse contengono molte fioriture retoriche dove poco spazio veniva
dato al vero e proprio svolgimento delle battaglie.
Plutarco nei
Moralia riferisce: sui discorsi e sulle allocuzioni fatti tenere da Eforo,
Teopompo e Anassimene di fronte agli eserciti schierati e disposti a battaglia
si può solo dire: “nessuno prossimo a sguainare le spade dice tali
sciocchezze”.
Indizi che
ci portano a dire che Eforo fosse uno storico da tavolino privo di esperienza
politica e militare.
Teopompo di
Chio
Più giovane
di Eforo di qualche anno fu Teopompo di Chio, un altro esponente della
storiografia retorica della storiografia greca di età ellenistica e allievo
anche egli di Isocrate.
Vita in
esilio e in viaggio
Una breve
Vita contenuta in Fozio (bibl. 176, p. 120 b
19) riferisce come Teopompo fosse
stato bandito insieme al padre Damasistrato con l’accusa di lakonismós, un
“filospartanismo” ritenuto eccessivo. Una lettera di Speusippo a Filippo II
svela che Teopompo visse a lungo presso la corte del re macedone Filippo II. Fu
un grande viaggiatore. Nel 333-32, ormai 45enne, poté ritornare in patria per
iniziativa di Alessandro Magno. Sembra verosimile che la sua data di nascita
possa essere inserita a cavallo degli anni 378-77.
Fomentatore
di disordini
Dopo
l’improvvisa e prematura morte del sovrano macedone lo storico di Chio venne
esiliato di nuovo e scacciato, poi, ovunque, trovò ospitalità presso la corte
di Tolomeo I in Egitto, dove però ben presto ricevette il ben servito e un
tentativo di eliminazione con l’accusa
di essere “fomentatore di disordini”. Si salvò per l’intervento di alcuni suoi
amici.
Per la morte
di Teopompo, il Fr. 330, datato al 324, fornisce una data post quem: lo storico
di Chio sarebbe morto dopo il 320.
Teopompo
oratore
Le fonti
sono concordi nel dire che Teopompo di Chio fu un allievo di Isocrate (T 1 e 5)
e lui stesso in (F 25) asserisce di aver svolto all’inizio l’attività di retore
e di essere stato insieme a Isocrate e Teodette fra i più celebri oratori
greci. Nello stesso passo Teopompo stesso afferma, inoltre, di aver scritto in
totale circa 20.000 righe, e che non c’era nessuna città importante della
Grecia dove non avesse mietuto con i suoi discorsi grandi successi.
La
tradizione ha tramandato alcuni titoli dei suoi discorsi, incentrati per lo più
su temi di attualità politica, ad esempio Ad Evagora, Panathenaikós, Lakonikós,
Olympikós (T 48). Gellio riferisce che Teopompo ottenne nel 351 la vittoria con
il suo Panegyrikós del re Mausolo di Caria. Sono noti anche titoli di epistole
politiche: Lettere da Chio, Elogio di Filippo, Consigli ad Alessandro.
Polemica
contro Platone
Teopompo
scrisse anche Invettiva contro Platone e la sua scuola; qui il retore e storico
di Chio – partecipando, per i suoi interessi retorici, alla polemica degli
isocratei contro Platone – scagliava la sua parola contro gli scritti che
definiva “inutili” del filosofo, definito da lui “plagiatore” (F 259) e
criticava le definizioni categoriche date dal filosofo al “buono”, al “bello“ e
al “giusto” (F 275).
Epitome di
Erodoto
L’opera
storica di Teopompo di Chio fu senza dubbio più grande. Secondo il F 25 egli ha
scritto in totale 150.000 righe. Egli inizio la sua carriera da storico con un
Epitome di Erodoto, un compendio dell’opera storica di Erodoto in due volumi (T
1; F 1- 4). Teopompo è, dunque, a quanto ne sappiamo il primo storico ad aver
fatto excerpta di un opera precedente, dando il via ad una tradizione che
giunge sino alla tarda antichità e nell’età bizantina.
Le opere
principali
Le opere
principali di Teopompo son due: gli Helleniká (Storia Greca) e i Philippiká
(Storia di Filippo). Nella sua Storia Greca, lo storico di Chio si riaggancia a
Tucidide e inizia la sua narrazione dal 411; in 12 libri descrivergli
avvenimenti sino alla battaglia navale di Cnido nel 394 a.C. In esse mostrava
la sua simpatia per la politica di espansione panellenica di Sparta; questo
stesso interesse panellenico, di schietto stampo isocrateo, lo spinse a essere
sostenitore della politica di Filippo di Macedonia.
Helleniká
solo 19 frammenti
Teopompo ha
narrato questo periodo ad una distanza temporale di circa mezzo secolo, non
poteva, dunque, che dipendere in primo luogo da fonti letterarie.
Sfortunatamente ci sono rimasti dei suoi Helleniká solo 19 frammenti, fra cui
alcuni del tutto privi di importanza. Per questo motivo non possiamo aggiungere
molto riguardo la cronologia, la struttura, lo stile e i valore storico
dell’opera di Teopompo.
Storia di
Filippo
Più numerosi
sono, invece, i frammenti rimastici della Storia di Filippo (F24 -396), la
grande opera tarda di Teopompo, capolavoro di storiografia retorica, apparsa
dopo il 324 a.C. (F 330).
Imprese dei
Greci e dei Barbari
Il titolo
potrebbe trarre in inganno. L’opera di Teopompo, infatti, complessiva di 58
libri non narrava solamente la storia di Filippo II di Macedonia come il titolo
potrebbe farci pensare: lo stesso Teopompo afferma, infatti, chiaramente che il
contenuto si incentrava piuttosto sulle imprese dei “Greci e dei Barbari”. I
Philippiká, dunque, sono stati definiti una sorta di storia universale, al cui
centro c’è Filippo II.
I tempi
erano cambiati, la polis non era più al centro del mondo e trampolino per il
mondo. Uomini, sovrani, un semidio (Alessandro Magno), diventano protagonisti e
centro delle storie.
La
storiografia di età ellenistica tutta e, in particolare, la storiografia
retorica, recepisce tutti i cambiamenti e li fa propri dei suoi temi e delle
sue forme.
Sulla scia
di Erodoto
Era un’opera
molto vasta con un enorme quantità di excursus relativi non solo alla storia
politica, ma contenenti anche elementi topografici, geografici,
storico-culturali, memorabilia e thaumasia (le cose prodigiose), e perfino
racconti mitografici. Un concetto di storiografia, quello di Teopompo, che
espressamente mirava a porsi sulla scia di Erodoto.
Storiografia
retorica dallo stile ridondante
E’ proprio
dagli excursus che il carattere retorico dei Philippiká emerge. Numerose figure
retoriche gorgiane popolano i brani dello storico di Chio; lo stile di Teopompo
è uno stile declamatorio e ridondante.
L’excursus
sugli hetairoi, i compagni, di Filippo II di Macedonia, F 225 in Pol. VII 19
sgg. ne da prova.
Dovunque ci
fossero fra Greci o barbari persone lussuriose o impudiche, tutte confluivano
in Macedonia alla corte di Filippo dove ottenevano il titolo di amico del re.
(…) Alcuni, ormai adulti, si lasciavano radere perché la loro pelle apparisse
morbida come quella di un bambino, altri uomini barba fornicavano fra loro. Se
ne andavano in giro con due o tre ragazzini di piacere e lasciavano che altri
abusassero di loro allo stesso modo. Perciò li si deve chiamare a pieno titolo
non amici, ma “amiche”, non soldati, ma prostitute, massacratori della natura,
uomini degenerati in puttane (…)
Indignazione
morale
Questo brano
evidenzia anche l’aspetto moralistico della storiografia retorica di Teopompo.
L’indignazione morale sale di tono per superare alla fine ogni misura, sino ad
arrivare a bollare di depravazione morale numerosi politici.
Sentimenti
filospartani
Per quel che
riguarda il pensiero politico relativo al Teopompo dei Philippiká, l’excursus
Sui demogoghi ateniesi esprime chiaramente i suoi sentimenti filospartani che
sono proprio sicuramente del suo periodo iniziale. Giudizi negativi vengono
attribuiti a Temistocle, Cleone, Iperbolo, Callistrato ed Eubulo, mentre ad
esempio appare in una buona luce Cimone.
Monarchia
patriarcale
Teopompo è,
pero, un uomo del suo tempo e, più tardi, egli vide il sistema conservatore a
lui tanto caro sempre più concretizzarsi in una monarchia patriarcale, il cui
rappresentate ideale era ai suoi occhi Filippo di Macedonia.
Nel suo
proemio ai Philippiká lui stesso afferma
che “l’Europa non ha mai prodotto un uomo come Filippo di Aminta”; anche se
questo giudizio non lo esenta dal giudizio di condanna morale che Teopompo
scalfisce anche contro il suo Filippo (F 27 in Pol., VIII 11).
Le fonti di
Teopompo
Lo storico
di Chio ha utilizzato le proprie indagini personali e i suoi viaggi per le
parti a lui contemporanee. A questo si aggiunge l’utilizzo di ogni tipo di
materiale storiografico e letterario soprattutto nelle parti antiquarie dei
Philippiká. Polibio ne critica le descrizioni di battaglie e i discorsi messi
in bocca ai generali: come per Eforo, lo accusa di mancare di aderenza alla
realtà e di esagerare con l’enfasi retorica.
Anassimene
di Lampsaco
Un altro
rappresentante della storiografia retorica di età ellenistica è Anassimene di
Lampsaco (FGrHist 72) che fu innanzitutto retore, poi storico. Contemporaneo di
Eforo e Teopompo, Anassimene visse tra il 380 al 320 a.C. e fu scolaro del
retore Zoilo e del filosofo Diogene. Fu chiamato da Filippo II alla corte
macedone e fu più tardi, a quanto sembra, anche maestro di Alessandro Magno (T
6), che accompagno in qualità di storico nella sua spedizione in Asia (T 6 e
27).
Opere
Anassimene
scrisse gli Helleniká, Storia Greca. L’opera andava dalla creazione del mondo
alla battaglia di Mantinea e alla morte di Epaminonda nel 362 a.C. e
abbracciava in 12 libri “quasi tutte le imprese dei greci e dei barbari” (T 14
= Diod. XV 89, 3). Scrisse, poi, anche una Storia di Filippo II, Haì perì
Phílippon historíai in almeno 8 libri; forse, un tentativo di porsi in
competizione con la storiografia retorica di Teopompo.
Anassimene
scrisse anche Su Alessandro, Tà perì
Aléxandron, ma un aneddoto tramandato
(in T 27) rivela le tendenze adulatorie di quest’opera nei confronti del
giovane sovrano macedone. O forse semplicemente, anche lui, figlio del suo
tempo aveva ceduto al fascino semi-divino del giovane sovrano macedone e si era
lasciato conquistare dai suoi sogni di conquista.
Maria
Francesca Cadeddu
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