Le ultime
notizie del Fondo monetario internazionale riguardanti la Grecia segnalano la
prima, sostanziale crescita economica del Paese ellenico dal 2007 a oggi: lo
scorso anno, il Pil è cresciuto dell’1,4% e per il 2018 gli economisti
prevedono un ulteriore incremento del 2%.
Una luce in
fondo al tunnel per la Grecia? Sì, stando a quanto riportato da Nektaria
Stamouli e Marcus Walker su Milano Finanza del 25 aprile scorso, i quali hanno
fatto riferimento alla rinnovata vitalità di numerosi attori economici greci,
tra cui Aegean Airlines, che in marzo si è sentita in grado di inoltrare a
Airbus un ordine da 4 miliardi di euro per 42 nuovi velivoli, il più grande
investimento di una società greca dall’ inizio della crisi, e segnalato il
rilancio dell’interesse degli investitori internazionali per il martoriato
Paese balcanico.
Tuttavia, a
meglio guardare tra le righe ci si accorge che la realtà è, purtroppo, molto
meno positiva. E a segnalarlo sono gli stessi autori, citando le dichiarazioni
di Fivos Karakitsos, dirigente di Spar Hellas, secondo il quale a guidare il
ritorno della crescita del Pil e dello stock di investimenti sono stati il
tracollo del prezzo degli “asset”, ovverosia dei beni immobili, la riduzione
del costo del lavoro e il mantenimento di una stabilità costante nel pur
polarizzato panorama politico.
In altre parole:
la Grecia attira investimenti perché è in ginocchio e la macelleria sociale
iniziata dopo la deflagrazione della crisi del debito sovrano tra il 2010 e il
2011 e continuata dopo la rapida ritirata del governo Tsipras dai suoi
propositi battaglieri è giunta a compimento. I numeri del disastro economico e
sociale della Grecia rendono irrisori dati contingenti di una crescita
economica che giunge dopo un lungo, drammatico tracollo: la luce in fondo al
tunnel illumina gli occhi di un Paese che non ha più neanche la forza di
piangere.
Il calvario
della Grecia
In un post
sul suo blog Il cuore del mondo, Marcello Foa ha sintetizzato con estrema
chiarezza i numeri che parlano di una vera e propria “macelleria messicana” ai
danni di un Paese e del suo popolo: riduzione del Pil del 27% dal 2010 in
avanti, 30% di disoccupazione, sanità
pubblica quasi azzerata e 500mila bambini vivono al di sotto della soglia di
povertà, 1,1 milioni di pensionati che ricevono meno di 500 euro al mese, un
milione di dipendenti del settore privato che non incassa lo stipendio con
regolarità e 500mila di loro con una retribuzione media è di 350 euro al mese.
Questo il
frutto avvelenato dell’austerità: Foa ha segnalato l’egregio lavoro del blogger
greco Panagiotis Grigoriou, che da sette anni si batte contro la narrazione
punitiva di cui è oggetto il suo Paese, e nella nuova edizione de Gli stregoni
della notizia ha dedicato un’analisi apposita all’uscita della Grecia dai radar
dell’informazione europea negli ultimi anni, sulla scia di una tacita conferma
della narrazione favorevole a un’Europa salvatrice dei “greci ladri, corrotti e
incapaci di gestirsi”, costretti a subire le riforme rifiutate a larga
maggioranza nel referendum del luglio 2015.
Tutto questo
mentre ulteriore caos veniva portato al Paese dalla deflagrazione della crisi
migratoria. Come ha scritto evocativamente Martina Castigliani sul Fatto
Quotidiano: “In Grecia c’è la guerra. Ce l’hanno portata i siriani, gli
afghani, gli iraniani, ce l’ha portata la troika, Bruxelles, Alexis Tsipras. Ce
l’hanno portata gli uomini. Le città sono fortini di resistenza: centri di
normalità fanno ombra a strade di periferie abbandonate dove si lotta per
l’aria e per il pane”.
Privatizzazioni
a raffica: così la Grecia vende la sua sovranità
Bisogna
infine considerare come Atene sia stata costretta dai memorandum d’intesa
firmati con i partner europei e i creditori internazionali ad avviare, dal 2015
ad oggi, un ampio pacchetto di privatizzazioni attraverso cui numerosi asset
strategici e infrastrutturali sono stati svenduti a prezzo di favore in
ossequio al principio della riduzione del debito.
Silvia Amaro
ha riportato per la CNBC come nel 2017, a fronte di un debito pubblico di 330
miliardi di euro, la Grecia sia riuscita a incamerare solo 1,4 miliardi dalle
privatizzazioni e ha citato alcuni dei futuri “gioielli di famiglia” di cui
Atene è destinata a privarsi per ottemperare all’ultimo memorandum siglato con
i creditori, in scadenza a luglio del 2018: tra questi si segnalano l’annunciata
cessione del 67% delle quote del porto di Tessalonica, del 66% di quelle della
holding del gas Defsa, del 51% dell’impresa petrolifera Helpe e del controllo
delle imprese aeroportuali Aia e Hellenikon.
La Grecia
svende il suo presente senza alcuna garanzia di un futuro: oltre i dati c’è la
tragedia di una nazione la cui sofferenza è stata completamente dimenticata
dopo esser stata trasformata nella quotidianità con cui la sua popolazione si
trova a dover far fronte da quasi un decennio.
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