L'archeologa del Parco archeologico Maria Concetta Parello durante la trasmissione Rai "Linea Verde"
La città in
età Teroniana aveva una popolazione di 200, 300 mila abitanti e non aveva
carenze idriche. L'archeologa Parello: "Terone è stato geniale. Ha fatto
realizzare dall'architetto Feace un sistema di raccolta e conservazione delle
acque".
30 aprile 2018
Rischio desertificazione?
"Linea Verde", la trasmissione di Rai Uno, non soltanto ha illustrato
le strategie agricole per combatterla, ma s'è anche occupata - in quello che è
stato un viaggio affascinante - di come Akragas riuscisse a gestire e
distribuire, attraverso una complessa rete di acquedotti, le risorse idriche. E
Patrizio Roversi, accompagnato dall'archeologa del Parco archeologico Valle dei
Templi, è entrato nell'ipogeo Giacatello. "Le acque venivano conservate
considerandole un bene preziosissimo. Ecco perché troviamo - ha spiegato, ai
microfoni di 'Linea Verde', l'archeologa del Parco archeologico Maria Concetta
Parello - un sistema attentissimo che recupera anche l'ambiente in tutti i suoi
aspetti e che mette al centro il valore dell'acqua".
Ma "i
greci la facevano pagare l'acqua? Era privatizzata?" - ha chiesto,
ironicamente, Roversi - . "Assolutamente no!" - ha risposto, con un
sorriso, l'archeologa del Parco archeologico - .
La complessa
rete di acquedotti di Akragas, secondo la tradizione, fu progettata
dall’architetto Feace e fu realizzata con la mano d’opera dei prigionieri
Cartaginesi sconfitti a Himera nel 480 avanti Cristo. Un sistema che seppur
antichissimo risulta essere ancora moderno.
All'ipogeo
Giacatello veniva raccolta l'acqua smistata dagli altri ipogei cittadini.
"L'ipogeo Giacatello è uno dei cuori del sistema idrico degli antichi
greci, sicuramente quello che è connesso con la parte pubblica della città.
Perché l'ipogeo Giacatello è vicinissimo all'agorà - ha spiegato, ai microfoni
di 'Linea Verde', l'archeologa Maria Concetta Parello - . E' sicuramente messo
in relazione con l'uso pubblico dell'acqua nell'agorà. E' una grande vasca
nella quale sboccano alcuni ipogei. Vi veniva raccolta dell'acqua che, attraverso
un sistema di cadute, alimentava sia una parte della città e in sovrappieno
alimentava altri ipogei. Rappresenta, per quello che conosciamo, - ha
sottolineato - uno dei fulcri. Gli ipogei non formavano una rete unica, formano
sicuramente un sistema che si sviluppa in varie parti della città in maniera
diversa".
L’ipogeo si
presenta come un vasto ambiente a pianta quadrangolare scavato nella roccia con
sette file di sette pilastri realizzati per sorreggere il soffitto, sul quale
si aprono diversi pozzi-lucernari. "La ricerca fatta da Gianluca Furcas ha
permesso di percorre 2 chilometri e mezzo di ipogei. Però ce ne sono alcuni che
in questo momento non sono più percorribili - ha spiegato l'archeologa Parello
- perché sono crollati in parte. Attualmente, c'è ispezionabile, visitabile un
percorso di due chilometri e mezzo.
L'antica
Akragas aveva tantissimi abitanti. "Stime abbastanza recenti dicono che la
città in età Teroniana ha raggiunto una popolazione di 200, 300 mila
abitanti" - ha confermato l'archeologa Parello - . Adesso gli agrigentini
sono meno, molto meno: circa 60 mila e l'acqua fa fatica ad arrivare in tutti i
quartieri. La città greca invece l'acqua ce l'aveva. "Terone è stato
geniale da questo punto di vista, ha dotato la città di una serie di
infrastrutture importantissime. Ha fatto realizzare dall'architetto Feace un
sistema di raccolta e conservazione delle acque" - ha confermato Maria
Concetta Parello - .
"Linea
Verde" è stata anche in un campo biologico irrigato con l'acqua del lago
Arancio: i fratelli agronomi Filippo e Calogero coltivano, a Menfi, 10 ettari a
carciofo spinoso che ha meno bisogno di acqua. Ma anche a San Biagio Platani
dove gli agricoltori per contrastare il rischio di desertificazione hanno
adottato le antiche colture di greci e arabi come pistacchi, ulivi, mandorli.
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