L'attore
genovese aveva 84 anni. Con lui scompare uno dei pochi veri attori comici
italiani. Entrato nella cultura popolare con il personaggio del ragioniere Ugo,
aveva recitato con Fellini, Olmi e Monicelli, ottenendo premi prestigiosi.
Camera ardente in Campidoglio e
cerimonia laica alla Casa del cinema mercoledì
di
ROBERTO NEPOTI
È morto a
Roma Paolo Villaggio. L'attore aveva 84 anni. Ad annunciarlo la figlia
Elisabetta su Facebook dove, su una foto del padre giovanissimo, scrive:
"Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare". Elisabetta, insieme al
fratello Pierfrancesco, erano con lui nella clinica Paideia dove era ricoverato
e hanno spiegato che il padre è morto per le complicanze del diabete che lui
"aveva curato poco e male". La camera ardente sarà allestita nella
sala della Protomoteca, dalle ore 9.30 fino alle ore 16.30. Alle 18.30 sarà il
Teatro
all'aperto
- Ettore Scola di Casa del Cinema ad ospitare un saluto al grande attore ed
autore con la partecipazioni dei familiari, degli amici e di tutti quelli che a
Paolo Villaggio devono un sorriso, un pensiero, un ricordo. In serata la Casa
del Cinema modificherà il suo programma estivo per proiettare, alle ore 21.30,
Fantozzi di Luciano Salce (1976), preceduto da una testimonianza filmata di
Paolo Villaggio alla Casa del Cinema. D'altronde per Villaggio un funerale
religioso sarebbe stato possibile solo a San Pietro, come hanno ricordato con
il sorriso sulle labbra i figli.
"Come vorrebbe essere ricordato? Con un funerale a San Pietro.
Diceva spesso scherzando - ha ricordato la figlia Elisabetta -: se devo avere
un funerale in chiesa, lo voglio a San Pietro".
Elisabetta Villaggio: "Ciao papà ora sei di nuovo libero di
volare".
Elisabetta Villaggio
Con Paolo
Villaggio se ne va uno dei pochi attori comici italiani. Se tanti sono gli
attori “da commedia”, i comici si contano sulle dita di una mano: Totò, Franco
Franchi, Villaggio appunto… Molte sono le analogie e le differenze col sommo De
Curtis, in arte Totò. È vero che Villaggio non diede, al contrario di Totò, il
proprio nome ai film, ma in compenso li intitolò al suo "doppio" Ugo
Fantozzi, l’avatar da lui creato e interpretato in ben dieci pellicole. S’è fatto
spesso riferimento a una condivisione dello stesso destino tra i due comici,
che sarebbero stati ignorati a lungo da una critica sdegnosa, per essere poi
“riscoperti” tardivamente.
Addio a
Paolo Villaggio, genio della comicità
Un’opinione
suffragata da alcune iperboli su Fantozzi, da quando si cominciò a parlarne
come l’erede della grande letteratura russa dei Gogol e dei Cechov. Ma non andò
veramente così. Dopo una fortunata carriera nel cabaret e alla televisione
(dove aveva indossato i personaggi del sadico professor Kranz e del sottomesso
impiegato Fracchia, ottenendo subito una grande popolarità), Villaggio entrò
nel cinema dalla porta principale. Nel 1970 fu l’alemanno infanticida in
Brancaleone alle Crociate di Mario Monicelli; poi lo si vide a fianco di
Vittorio Gassman in due film (Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto e
Che c’entriamo noi con la rivoluzione?) e, nel 1974, in Non toccare la donna
bianca di Marco Ferreri. Fu semmai dopo il primo Fantozzi, diretto da Luciano
Salce quando l’omonimo libro di Villaggio diventò un best-seller, che l’attore
si convertì decisamente al cinema nazional-popolare, capitalizzando un successo
destinato a crescere nei decenni seguenti.
Un’altra
diversità rispetto a Totò consisteva nel fatto che questi (pur con “spalle” di
qualità come Peppino o Fabrizi) fu sempre protagonista dei film, mentre
Villaggio poteva alternare il ruolo principale adattandosi al gioco di squadra:
soprattutto negli anni Settanta, allorché nel nostro cinema imperversavano la
commedia corale e quella a episodi: vedi (continuamente riproposti in tv) I
pompieri, Missione eroica i pompieri 2, Scuola di ladri, Scuola di ladri parte
seconda, Rimini Rimini ecc.
E
tuttavia, per continuare nel parallelo con Totò, la carriera comica di
Villaggio fu punteggiata di film d’autore. Dal più grande di tutti, Federico
Fellini, che nel 1989 lo diresse comprimario di Roberto Benigni nella Voce
della luna, all’Ermanno Olmi del Segreto del Bosco Vecchio (1993), fino a Cari
fottutissimi amici (1994), di nuovo con Monicelli.
Se i registi maggiori seppero valorizzare i tratti più amari e malinconici della sua grande “maschera” di perdente, non per questo Villaggio tradì il personaggio che gli aveva dato la fama (e che quei tratti, in fondo, conteneva già), continuando a portare sullo schermo le epiche sventure di Fantozzi. Ebbero meno fortuna, invece, altre varianti del suo repertorio comico, quali Professor Kranz tedesco di Germania (con Salce) e un paio di Fracchia diretti da Neri Parenti.
A Paolo
Villaggio non sono mancate le soddisfazioni in vita, dal David di Donatello
come miglior attore protagonista per il film di
Fellini al Leone d'Oro alla carriera (1992), dal Nastro d’argento per Il
segreto del bosco vecchio al Pardo d'onore a Locarno (2000). Difficile dar
conto in poche righe della sua attività di scrittore satirico o delle
incursioni sulle scene teatrali, tra cui un memorabile Avaro (1996) e
l’autobiografico Delirio di un povero vecchio (2000-2001). Ma sarebbe colpevole
non ricordare la sua amicizia con Fabrizio De André, risalente agli anni in cui
erano ragazzini e che produsse due canzoni memorabili come Il fannullone e
Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (testi di Paolo, musica di
Fabrizio).
Alle
esequie dell’amico Villaggio disse: “era una persona molto sensibile e
ovviamente quando si è molto amici si parla della morte come di un fatto
lontano, del tutto improbabile. Adesso che invece la cosa è accaduta e quando
stava per succedere, non abbiamo mai avuto più il coraggio né di incontrarci,
né di parlare della cosa, perché questa volta non era un gioco, non era
letteratura, era la realtà”. Parole ineccepibili; anche per chi, come noi,
preferirà ricordarlo con un sorriso.
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