Τετάρτη 12 Ιουλίου 2017

Dimitris Papaioannou e la Grecia. Al Napoli Teatro Festival

Dimitris Papaioannou, The Great Tamer, Napoli Teatro Festival Italia 2017, Julian Mommart

Dieci danzatori, dieci corpi di una bellezza plastica che rievoca proprio la Grecia Attica e la sua mitologia. Dimitris Papaioannou ha portato il suo ultimo lavoro al Napoli Teatro Festival, lasciando un segno indelebile.

Al Napoli Teatro Festival Italia è andato in scena il capolavoro surreale dell’ateniese Dimitris Papaioannou, una creazione di natura dicotomica che partorisce sentimenti opposti, ma complementari. Questi sentimenti, queste emozioni sono suscitati nel pubblico che risulta essere, per una sorta di selezione naturale, diviso in chi si sente irrimediabilmente conquistato e chi invece prova una snervante, incontenibile noia. Una sorta di Dostoevskij del “teatro immagine” o del “teatro danza”, per intenderci. E allora viene da chiedersi come si possa definire capolavoro un prodotto che sia anche in grado di suscitare in qualcuno la noia e la risposta giunge immediata e semplice: non è l’opera d’arte in sé ad averne la responsabilità, ma l’inclinazione o meno dello spettatore a essere ricettivo senza riserve, senza troppi perché, senza preconcetti e ad accogliere l’emozione scaturita da una performance che alterni la pura estetica senza senso all’abissale profondità del significato.

Dimitris Papaioannou, The Great Tamer, Napoli Teatro Festival Italia 2017, Julian Mommart

L’UOMO AL CENTRO

The Great Tamer è uno di quei lavori a tal punto pregni di senso, di originalità e di unicità da portare in trionfo il suo creatore ponendo in secondo piano addirittura i performer, perché assistendo alla sua messa in scena è impossibile non pensare costantemente all’autore. Dieci danzatori, dieci corpi di una bellezza plastica che rievoca proprio la Grecia Attica e la sua mitologia: proporzioni, armonia, muscoli e nervi, falli e vagine in un ciclico fluire del tempo tra morte, fecondità e rigenerazione. Il palcoscenico, ricoperto interamente da tavole sottili di compensato leggero e nero assume la forma di un’onda e nasconde e trattiene nelle sue viscere, proprio come la madre terra, la vita e la morte. In una Grecia che, nel passare dei secoli e poi dei millenni, ha conosciuto e affrontato l’apice della magnificenza e combatte oggi contro l’abisso della recessione, una sola figura resta immutata e domina la sua storia: il tempo, e in mezzo a questo incessante fluire c’è l’uomo. Centro dell’universo in una concezione assolutamente ellenistica della storia è l’essere umano con le sue lotte e le sue conquiste, i suoi traguardi e il suo coraggio.

The Great Tamer indaga la dimensione umana che attraversa i secoli in maniera trasversale e si serve di riferimenti dotti e rimandi all’arte pittorica e cinematografica: si va da una precisa riproduzione delle Lezioni di anatomia del dottor Tulp di Rembrandt alla Nascita di Venere del Botticelli, dal celebre San Sebastiano di Mantegna, al dipinto che infiammò gli animi dei francesi nel 1830 e li spinse a ribellarsi contro l’oppressore, La Libertà che guida il popolo di Delacroix fino all’ingresso di un grande mappamondo che non può che riportare alla memoria un’altra parentesi di oppressione ai danni di tutta l’umanità, denunciata nel celebre film Il grande dittatore di Chaplin.

Dimitris Papaioannou, The Great Tamer, Napoli Teatro Festival Italia 2017, Julian Mommart

TRA VIOLENZA E SALVEZZA

Un lavoro violento che, nel rispetto dei canoni del teatro danza, racchiude in sé il tragico e il comico lasciando che l’animo si senta in bilico tra l’accettazione superficiale e leggera di una condizione pietosa quale quella dell’uomo occidentale di oggi e la struggente presa di coscienza della necessità di ribellarsi alla morte dell’anima. Umanità violentata e sezionata, sviscerata e maltrattata in nome del progresso e del profitto, umanità che non si arrende e che trova la forza, nei corsi e ricorsi storici, di salvarsi da se stessa e dalla sua disumanizzazione. Consapevolezza e speranza caratterizzano una performance che non finisce con la chiusura del sipario, ma che getta un seme nella testa dell’osservatore, un seme che poi germoglia e cresce nella coscienza, mette radici e resta lì per sempre, aprendo nuove vie all’interpretazione di un’umanità che non è ancora perduta.

Boato, standing ovation, applausi eterni: il trionfo di Papaioannou conquista Neapolis, la città che deve la sua esistenza al popolo greco.

Manuela Barbato

Fonte: www.napoliteatrofestival.it


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