Πέμπτη 5 Ιουλίου 2018

Perché ExxonMobil perfora il blocco 10 a Cipro con bandiera inglese?

Perché ExxonMobil perfora il blocco 10 a Cipro con bandiera inglese?

Firmati i contratti per utilizzare uno dei più moderni impianti di perforazione del mondo, anche in condizioni ambientali particolarmente sensibili. La bandiera britannica dell'impianto è di un gigante delle spedizioni, ma a preoccupare è ancora la reazione turca.

Francesco De Palo, 03 07 2018

Mentre in Indonesia ExxonMobil annuncia l’acquisizione di PT Federal Karyatama (FKT), uno dei maggiori produttori e distributori di lubrificanti per moto, nel Mediterraneo orientale prosegue la sua strategia in vista del dossier idrocarburi.

Inizierà il prossimo novembre la perforazione da parte del colosso Usa del blocco 10 nella zona economica esclusiva di Cipro, ma con la novità rappresentata dalla bandiera inglese e in attesa delle mosse di Israele, Egitto e Giordania.

UK

Sono stati firmati i contratti per utilizzare uno dei più moderni impianti di perforazione del mondo, anche in condizioni ambientali particolarmente sensibili e ad una profondità fino a 35mila  piedi sotto la superficie marina. La bandiera britannica dell’impianto di perforazione “appartiene” a un gigante delle spedizioni, che da tempo fa la spola tra Londra e Nicosia e che farà team con Exxon.

Al contempo si muove l’organizzazione parallela alla ricerca di idrocarburi. MedServ, consorzio di interessi commerciali di Malta e Cipro, ha annunciato di aver firmato un contratto con una multinazionale per fornire servizi di base di approvvigionamento a terra e sostenere attività di esplorazione offshore in Zee di Cipro. Medserv aveva in passato anche collaborato con l’italiana Eni nella Zee.

Si tratta di un fazzoletto di acque importantissimo dove sono state compiute due importanti scoperte di gas: il giacimento Afrodite nel 2011 e Calypso nel 2018, con valutazioni stratosferiche circa i volumi presenti. Dal 2008 al 2016 il governo cipriota ha dato vita a tre turni di aste per dodici blocchi offshore. Le aziende vincitrici, come noto, sono Eni in partnership con Total, la partnership realizzata da Noble, Delek Energy, Shell e quella di ExxonMobil con Qatar Petroleum.

Ecco, quindi, che si va componendo il puzzle che dovrà affrontare uno dei dossier più importanti di questo decennio, con, da un lato, le mire legittime di soggetti privati e Stati, e, dall’altro, le intemperanze della Turchia interessata a condizionare gli eventi, con sullo sfondo i riverberi del caso iraniano.

Meno di un mese fa il numero 2 di Exxon ha incontrato a Nicosia il ministro dell’energia cipriota per definire gli ultimi dettagli operativi circa i pozzi Antheias e Glauco, e per fare il punto sulle azioni della Turchia che mirano a congestionare la Zee cipriota.

L’ultima provocazione da Ankara è stata lanciata poche ore prima delle elezioni che hanno visto vincere Erdogan, dal partito nazionalista turco MHP, con un video che raffigurava l’isola di Cipro come territorio turco con tanto di bandiera unitaria.

SCENARI

L’obiettivo di Exxon (ma non solo) è sì quello di rafforzare la cosiddetta “operazione Cipro”, ma non perdere il treno delle interconnessioni future che riguardano anche Israele ed Egitto. È dal 2009 che Tel Aviv ha annunciato una grande scoperta di cui il prologo decisivo circa la fase di sfruttamento si svolgerà il prossimo mese di ottobre, quando addirittura altri 50 blocchi saranno messi all’asta. Segno che è lì che andranno costruite strategie ed alleanze: il problema, però, è che la prima asta svoltasi sei mesi fa non ha sortito gli effetti desiderati, con solo due offerte ricevute da Israele.

In silenzio si dice che il timore maggiore sia rappresentato dalla reazione di quei Paesi arabi del golfo che non guardano di buon grado l’intera mossa israeliana e dalla partita iraniana che influenza due quadranti come quello mediorientale e quello mediterraneo.

Ragion per cui è al Cairo che si guarda nella speranza che il quadro complessivo registri delle nuove influenze: da quando l’Egitto ha scelto di acquistare da Israele 15 miliardi di dollari in gas ecco che la percezione complessiva della strategia di Netanyahu sta mutando. Lo dimostra la “replica” alla mossa egiziana compiuta anche dalla Giordania.


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