Teatro Greco di Siracusa
Da Pompei
a Veleia Romana, dalla Liguria alle Marche, si punta sempre più su spettacoli
classici per valorizzare i siti archeologici anche meno conosciuti. Ed è boom
di pubblico e di visite.
In Italia
sono 102 fra teatri e anfiteatri romani, senza contare le antiche strutture
greche e le centinaia di vestigia come ville, terme e fori. Piano piano molte
di loro stanno tornando in vita grazie al teatro di oltre due millenni fa. Un
fenomeno che negli ultimi anni sta portando a fare sistema le località dove i
resti archeologici fanno da scenario a tragedie classiche o a lavori
contemporanei ispirati ai miti dell’antichità. Il successo di pubblico è
crescente: migliaia di persone tornano a scoprire questi luoghi grazie a una
formula che prevede spesso anche una visita guidata ad hoc. Il segreto? Un
viaggio nel tempo grazie alla magia del teatro. «È l’uovo di Colombo, e mi
domando perché a Pompei non sia stato fatto prima» ci spiega il regista Luca De
Fusco, direttore del Teatro Stabile di Napoli che dall’anno scorso ha lanciato
la rassegna estiva Pompeii Theatrum Mundi riaprendo al pubblico il Teatro
Grande dell’area archeologica di Pompei, risalente alla metà del II secolo
a.C., a opere dal sapore classico, quest’anno la Salomé di Wilde, l’Eracle di
Emma Dante e Oedipus di Bob Wilson (si chiude il 23 luglio). «Tento di far
coincidere contenitore e contenuto. Le difficoltà logistiche sono enormi, i
luoghi archeologici sono visitati dai turisti, c’è poco tempo per provare,
occorre rispettare i monumenti di concerto con la Sovrintendenza, ma la
soddisfazione è tanta». L’esempio è quello del Teatro Greco di Siracusa, che
però conta 8000 posti. «Pompei al massimo contiene 1500 persone e non c’è
spazio per il coro, ma ha un pregio comunicativo, perché è un salotto dal
fascino unico. L’anno prossimo vi debutterò con La Tempesta di Shakespeare».
Come dicevamo, a fare da traino è il Teatro Greco di Siracusa, che chiude
stasera. «Con 56 rappresentazioni in 67 giorni e 140mila spettatori, di cui
40mila studenti, siamo di fatto il festival di prosa più partecipato d’Italia»,
ci spiega il consigliere delegato Francesco Pinelli, già commissario dell’Inda,
l’Istituto nazionale del dramma antico. «Il successo deriva dal fatto che è un
sito archeologico straordinario in cui si svolgono esattamente le opere nate
per quel sito, una qualità di rappresentazioni elevatissima e una tradizione
lunga 105 anni», afferma anticipando il tema dell’anno prossimo, “Donne e
guerra” con le tre nuove produzioni dell’Inda, Le Troiane ed Elena di Euripide
e la commedia di Aristofane Lisistrata.
Questa è
però la punta dell’iceberg di una galassia, invece, di piccole e medie realtà,
dal budget limitato ma che stanno facendo un grandissimo lavoro. È il caso del
Teatro Pubblico Ligure, dell’attivissimo regista Sergio Maifredi che ne è
direttore artistico e che produce una dozzina di titoli l’anno, capofila
nell’idea di fare rete. Suo il progetto Odissea un racconto mediterraneo (che
si affianca a quelli su Iliade e Eneide ) cui si può assistere alla terza
edizione del Portus Lunae Art Festival a Luni (La Spezia). Festival che rientra
nel Circuito Star - Sistema Teatro Antichi Romani della Liguria prodotto da
Teatro Pubblico Ligure. Quest’anno il tema è “Nostos - Il ritorno”, «alla
ricerca di parole antiche per pensieri nuovi», spiega Maifredi, prossimi
appuntamenti il 20 luglio con il canto V su Calipso con Amanda Sandrelli, cui
seguiranno David Riondino con Dario Vergassola e John De Leo. Il sistema dei
teatri antichi della Liguria promuove dal 2014, in collaborazione con il Polo
Museale della Liguria, l’area archeologica di Luni, la villa romana del
Varignano, la necropoli pre-romana di Cafaggio, la villa romana di Ameglia, il
Museo Archeologico di Chiavari, la villa romana di Alba Docilia e il teatro
romano di Ventimiglia e, novità di quest’anno, il teatro romano di Albenga che
per la prima volta ospiterà uno spettacolo teatrale dopo 2000 anni. «La mission
è portare in scena il territorio» spiega Maifredi che racconta come si può fare
rete: «Hanno cominciato a chiamarci il Teatro Romano di Fiesole, il Teatro di
Carsulae (Terni), Segesta, Tindari, il Teatro Antico di Catania e Taormina».
La
risposta del pubblico agli amministratori all’inizio scettici? Una crescita del
100% delle presenze sui siti, secondo la sovrintendenza «un pubblico popolare
che desidera una parola che depura e che per la prima volta frequenta luoghi
antichi». Ci sono regioni in cui si sta lavorando bene, aggiunge Maifredi, come
le Marche grazie alla rete Tau, Teatri antichi uniti del circuito Amat, la
Basilicata coi suoi bellissimi e poco conosciuti siti, l’Umbria coi suoi i
teatri antichi gestiti dagli Stabili. Maifredi lancerà a ottobre, promosso
dalla Regione Liguria, un incontro cui saranno invitati tutti i soggetti
italiani che lavorano nei siti archeologici con teatro dal vivo per scambiarsi
conoscenze sui finanziamenti, informazioni tecniche per costruire strutture
teatrali adatte e realizzare una “borsa del teatro” sugli spettacoli adeguati.
Vent’anni compie la rassegna dei Teatri antichi uniti delle Marche, diretta da
Gilberto Santini, che si conclude il 13 agosto. Quest’anno spettacoli come
l’Omero di Sebastiano Lo Monaco, Medee di Marco Tarasco, Pseudolo di Plauto con
Ettore Bassi, La morte della Pizia con Daniele Pecci, Le Troiane di Seneca con
Paolo Bonacelli che si svolgono in luoghi di estremo fascino come il Teatro
romano di Ascoli Piceno, l’area archeologica di Santa Maria in Portuno a
Corinaldo, il Foro romano di Cupra Marittima, il Teatro romano di Fabriano, il
Teatro romano Helvia Recina a Macerata, l’area archeologica La Cuma a Monte
Rinaldo, le Terme romane del Parco archeologico di Septempeda a San Severino
Marche, l’anfiteatro romano del Parco archeologico di Urbs Salvia di
Urbisaglia.
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