La notizia
che la Germania dall’inizio del 2010 avrebbe guadagnato alcuni miliardi sulle
quote che dovevano salvare l’economia greca è trapelata su tutte le prime
pagine dei giornali tedeschi. Sputnik ha intervistato tre economisti e ha
appurato se Berlino si sia davvero arricchita grazie ad Atene.
Grecia:
l’operazione è riuscita, il paziente è morto
Non penso
che la Germania abbia avuto benefici diretti dalla crisi greca. I tassi di
interessi erano più bassi e l'euro più debole di quanto dovesse in base anche
ai fondamentali della Germania. I tedeschi, però, non avrebbero scelto di avere
bassi tassi di interesse e un euro debole.
Tuttavia,
penso che la Grecia sia stata trattata meno generosamente e abbia perso più produzione
e posti di lavoro rispetto a qualsiasi altra crisi del debito nella storia.
— Nel 2015
l'Halle Institut for Economic Research ha osservato che la Germania dal 2010 ha
approfittato di versamenti inferiori degli interessi nel debito del settore
pubblico e ha stimato che questi benefici ammontassero a più di 100 miliardi di
euro in interessi passivi. Sebbene questa situazione vada contro ai
fondamentali della Germania, come ha osservato poc'anzi, perché la Germania non
avrebbe dovuto scegliere questa via se i benefici erano davvero così grandi?
— Non
concordo con l'analisi riportata nella ricerca. Se si considera la Germania
come nazione, allora il loro risparmio netto è positivo. Dunque mentre è vero
che il governo tedesco paga interessi minori sul proprio debito, il settore
privato tedesco ha ricevuto meno interessi sui propri risparmi.
Penso che
se si voglia parlare dei benefici sfruttati dalla Germania sarebbe opportuno
concentrarsi su due punti:
— L'euro:
la crisi dell'Europa meridionale ha reso l'euro debole, il che, a sua volta, ha
reso le imprese tedesche molto competitive.
— Le
differenze di oneri fiscali nel tempo. La Germania ha un debito inferiore e
tassi di interesse inferiori rispetto alla Grecia e all'Italia, il che
significa che in Grecia e in Italia si pagano più tasse. Questo fa sì che le
aziende siano più propense a scegliere la Germania.
Vladimiro
Giacché
Presidente
di Centro Europa Ricerche S.r.l., membro del CdA della quotata Banca Profilo
S.p.A. e responsabile dell'Unità di controllo interno presso Arepo BP S.p.A.
La
Germania ha tratto beneficio dalla crisi greca in svariati modi. Tra il 2010 e
il 2017 i benefici prodotti dai tassi di interesse sul denaro prestato alla
Grecia nell'ambito del cosiddetto Securities Market Program della BCE hanno
fruttato al bilancio federale, attraverso la Bundesbank, l'ingente somma di 2,9
miliardi di euro. Ma questa non è stata la modalità preferita per arricchirsi
con la crisi greca. Già nel 2015 un istituto di ricerca tedesco, l'Halle
Institute for Economic Research (IWH), ha osservato che la Germania dal 2010
aveva approfittato del disordine finanziario greco in un modo decisamente più
significativo: grazie ai bassi pagamenti degli interessi al debito del settore
pubblico. Questo è dovuto a due ragioni. In primo luogo, in tempi di crisi gli
investitori cercano investimenti sicuri (la cosiddetta flight to safety o
flight to quality) rinegoziando al ribasso gli asset di rifugio: dunque
"le cattive notizie per la Grecia erano buone notizie per la Germania".
I ricercatori dell'IWH hanno dimostrato che i bund tedeschi hanno beneficiato
in maniera importante da questo fenomeno durante la crisi del debito greco. In
secondo luogo, mentre la politica monetaria della BCE era quasi
"ottimale" per la Germania tra il 1999 e il 2007, durante la crisi
monetaria la politica era addirittura troppo accomodante dal punto di vista
tedesco a causa delle nuove disparità nell'eurozona: in altre parole, la
politica dei tassi di interesse era diventata troppo libera per la Germania e
ciò aveva portato a tassi di interesse molto bassi e a meno interessi da pagare
per il debito pubblico tedesco. Stando alle stime dell'IWH questi due fenomeni
hanno permesso alla Germania sovrana di risparmiare più di 100 miliardi di euro
di interessi passivi tra il 2010 e la metà del 2015. Dunque la Germania ha
tratto così tanto beneficio dalla crisi greca che persino nel caso in cui la
Grecia fosse risultata inadempiente sull'intero suo debito (per un totale di 90
miliardi) dovuto al governo tedesco sotto varie forme (Meccanismo europeo di
stabilità, Fondo monetario internazionale, ecc.), l'intera storia sarebbe stata
comunque profittevole per le finanze pubbliche tedesche.
Ma la
nostra storia non finisce qui. Vale la pena di menzionare il quantitative
easing (QE) di Mario Draghi lanciato nel 2015 per tenere in vita l'euro. Il QE
della BCE portò all'acquisto massiccio di titoli, segnatamente di titoli di
stato tedeschi. La presenza di un compratore ultimo con una potenza infinita
ridusse significativamente per l'ennesima volta gli interessi pagati dagli
stati sui loro debiti pubblici. Stando alle stime effettuate dall'istituto di
ricerca che dirigo, il Centro Europa Ricerche (Rom), il profitto complessivo
della Germania (in termini di tassi di interesse inferiori pagati sul proprio
debito pubblico) generato dal fenomeno flight to quality, da tassi di interesse
ufficiali più bassi e dalla politica del QE è enorme: 280 miliardi di euro.
Questa è una somma senza precedenti a livello europeo, seguita solo dalla
Francia con 240 miliardi. Il quotidiano tedesco Handelsblatt specializzato in
finanza ha pubblicato in data 23 aprile stime simili secondo le quali il
profitto della Germania sarebbe dovuto essere persino maggiore: 294 miliardi di
euro.
Qualcuno
potrebbe aggiungere almeno un altro importante beneficio che la Germania ha
tratto da questa crisi: le banche tedesche (come anche quelle francesi) erano
sottoposte a gravi rischi legati al debito greco, ma riuscirono a evitare
ingenti perdite grazie alla comparsa improvvisa di un altro grande compratore
di titoli di stato greci, il Meccanismo europeo di stabilità, finanziato dalle
finanze pubbliche di tutti gli Stati membri (e non solo da Francia e Germania).
Ora
possiamo trarre le conclusioni in base a queste considerazioni. La crisi greca,
le cui radici vanno rintracciate nei gravi squilibri commerciali causati
dall'adozione dell'euro e da una cattiva gestione del debito pubblico, è
scoppiata in seguito all'improvvisa interruzione dei finanziamenti al debito
greco da parte dei principali Paesi europei. Poi la situazione è peggiorata in
seguito al netto rifiuto (portato avanti segnatamente dal governo tedesco) di
salvare il Paese quando era ancora possibile farlo a prezzi ragionevoli. Invece
di accettare questa soluzione al problema, fu fatta una scelta un po' diversa:
prima lasciare che la preghiera greca ai mercati finanziari fosse d'esempio per
tutti e solo poi prestare alla Grecia l'ormai molto maggiore somma di denaro
necessaria e a un prezzo molto elevato in termini di condizioni e requisiti da
soddisfare (importanti tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, ecc.).
Come
sappiamo, questo atteggiamento ebbe conseguenze catastrofiche per la Grecia ma
sorprendentemente a beneficiarne in vari modi è stato proprio il governo che
per primo ha spinto per fare quella scelta.
Questa non
è comunque tutta la storia. Questa cattiva gestione della crisi greca ha
provocato un effetto domino che ha scosso diverse economie europee e ha
minacciato in modo significativo il pilastro più importante dell'Unione
europea: la fiducia nella possibilità di un ordine economico equo in Europa.
Questo può, a lungo termine, danneggiare la Germania molto più
significativamente rispetto ai profitti a breve termine che ha ottenuto.
Panagiotis
E. Petrakis
Professore
del Dipartimento di Economia presso l'Università Nazionale capodistriana di
Atene
È un
argomento molto complesso. Innanzitutto, stando alle analisi, è difficile
isolare le cause e gli effetti.
Costi e
benefici per l'economia tedesca sono variabili in diverse aree:
—
Situazione economica interna e, segnatamente, costi e benefici del settore
pubblico e del settore privato (famiglie e imprese).
—
Situazione economica esterna e relazione tra commercio internazionale e
movimenti di capitale.
—
Relazioni geostrategiche e futuro del ruolo della Germania nel mondo
multipolare in cui viviamo, ma non discuteremo di questo ora.
Per quanto
riguarda la Germania i benefici sono derivati principalmente dalla differenza
operata sui tassi debitori e di conseguenza sul debito del settore pubblico
prima e dopo la crisi. In particolare, questi benefici sono legati a due fonti.
La prima sono i benefici fiscali complessivi dovuti alla riduzione dei tassi di
interesse internazionali rispetto agli interessi normalmente applicati (es. gli
interessi del 2007). La seconda "fonte" è legata al fatto che la
Germania era per i capitali una destinazione più sicura rispetto all'Europa
meridionale e, di conseguenza, questa "migrazione" ha ridotto i
costi.
Sommando
queste due fonti si arriverebbe a una somma stimata di 47 miliardi di euro per
il 2016 (Deutsche Bundesbank, Rapporto mensile, Luglio 2017).
D'altro
canto vi sono i costi che la Germania ha dovuto sostenere per salvare il
sistema bancario tedesco dopo lo scoppio della crisi.
E dovremmo
anche aggiungere il denaro speso dalla Germania per la sua partecipazione ai
programmi di salvataggio dei Paesi colpiti considerando che rimborsi prolungati
nel tempo riducono il valore iniziale di questi capitali oppure che ritornano
disponibili a un costo inferiore rispetto a quello della loro acquisizione.
Non da
ultimo dal punto di vista del settore privato tedesco bisogna osservare che il
risparmio interno e le eccedenze di saldo esterno hanno rendimenti inferiori.
Tuttavia a
questo punto va detto che la diminuzione dei rendimenti di capitali è
strutturale e va interpretata in modo più profondo fissando un orizzonte
temporale che non si limita alla crisi del 2008 (teoria della stagnazione
secolare).
Nel
commercio internazionale è certo che la crisi europea sia stata legata alla
diminuzione del tasso di cambio euro/dollaro soprattutto tra il 2010 e il 2014.
Da questo hanno tratto beneficio soprattutto i Paesi esportatori come la
Germania. Inoltre, questo evento è stato parzialmente responsabile della
"collera" americana contro l'UE sulla questione del tasso di cambio
euro/dollaro. In realtà il tasso di cambio non riflette i fondamentali
economici quanto piuttosto la situazione dell'Europa come "area monetaria
non ottimale".
Dall'altro
lato sappiamo bene che l'elevata produttività tedesca si basa in gran parte
sulle grandi riforme degli anni 2000 e sulla costante introduzione di
innovazioni. Di conseguenza, l'economia tedesca non attira solamente capitali
ma anche centinaia di migliaia di unità di personale altamente formato. I
benefici ora appaiono molto più evidenti.
Tuttavia,
è difficile quantificare precisamente tutti questi costi e benefici sebbene vi
siano rapporti come lo studio della IWH (luglio 2015) che stimano i benefici
totali fino a 100 miliardi di euro (2010-2015) senza considerare tutti i
fattori sopra elencati.
Gabriel Sterne, Capo delle ricerche macroeconomiche ad Oxford Economics
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