L'incendio di Atene, un cane salvato dalle fiamme
Una piccola comunità indomita che segue lo svolgersi
degli eventi ad Atene.
Mentre Atene brucia, mentre la cronaca di un Paese dolce
e sfortunato rilascia l'eco di corpi anneriti e abbracciati, nel tentativo di
sfuggire al fuoco, anche quaggiù divampa un incendio di paura e di tristezza.
I greci di Palermo, una piccola comunità di indomiti
combattenti della memoria, stamattina hanno acceso il televisore e il cuore gli
è salito in gola. Le fiamme riprese dai telegiornali, il terrore che i propri
cari potessero essere direttamente coinvolti, il sollievo di saperli salvi e,
insieme, il dolore per le vittime: tutto ha composto un mosaico altalenante di
emozioni.
“Una tragedia incommensurabile – dice il professore
Haralabos Tsolakis – e nel momento peggiore”. Tsolakis, che insegna
all'Università, nella facoltà di Agraria, è un capo spirituale per i ragazzi
che vengono dalla Grecia e che sempre tali sono, essendo la nostalgia un elisir
di eterna giovinezza. Il professore è la guida della Comunità Ellenica
Siciliana Trinacria che anima iniziative e incontri. “Siamo molto colpiti e
tristi per le notizie, per i morti, e seguiamo tutto con apprensione – spiega
-. La mia terra è già in ginocchio per i motivi che sappiamo. Si parlava,
quest'anno, di un boom del turismo che avrebbe dato un po' di ossigeno.
Davvero, una cosa atroce”.
Basilio Milatos è un greco di seconda generazione,
palermitano, con il papà di Cefalonia che quaggiù trovò una nuova patria e la
compagna della sua vita. Racconta: “La Grecia è il mio luogo dell'anima, per le
origini e perché ho studiato al classico. Chiunque abbia frequentato quel liceo
si innamora dei suoi miti e della sua storia. Ci sono tanti morti e c'è una
situazione economicamente terribile che verrà aggravata dal disastro. Ho amici
e parenti che, per la crisi, hanno perso il lavoro da un giorno all'altro. Hanno
tagliato le pensioni, gli stipendi e l'assistenza sanitaria. Ci sono uomini in
giacca che, la sera, frugano nei cassonetti. Eppure, quello greco è un popolo
di gente meravigliosa. Hanno il gusto della vita, sono coraggiosi e trovano
sempre la forza per rialzarsi”.
Basilio, che è una penna sensibile, ha scritto sul suo
blog: “Quello d’Africa è più conosciuto. Ma il mio è un altro: soffro del mal
di Grecia. Ogni tanto si sopisce, non si fa sentire per qualche mese, poi,
infingardo, torna a colpirmi all’improvviso, a tradimento (…). E io rimango
bloccato, davanti al pc, al mio pasto veloce in pausa, al bus che passa, al
semaforo che cambia colore. Via tutto. Vedo la sabbia color oro e l’azzurro
abbagliante dello Ionio. Ed è allora che so, che sento, che voglio, che devo
essere là”.
Despoina Karniadaki, pure lei punto di riferimento della
Comunità Trinacria, ha persone che ama nei dintorni della catastrofe: “Sono
riuscita a chiamare dopo vari tentativi, stanno tutti bene. Mi hanno raccontato
di avere vissuto momenti tremendi, con la gente che scappava, disorientata.
Alcuni sono finiti proprio addosso al rogo nel tentativo di salvarsi. I focolai
erano molto estesi, in varie zone. Sono località abitate sempre e molto
affollate nei mesi estivi. Siamo lì con il cuore”.
La storia dell'ingegnere Karniadaki è una fotocopia di
altre: “Sono arrivata qui all'inizio degli anni Novanta e non sono più andata
via. Perché?”. La risposta è un soffio che rinfresca un po', mentre Atene
brucia: “Naturalmente per amore”.
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