L'interno
del tempio E (noto come Tempio di Hera) di Selinunte (in greco Σελινοῦς)
La storia
della Sicilia greca (in greco antico: Σικελία) si fa risalire convenzionalmente
alla fondazione delle prime colonie, intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Il
tentativo di una Sicilia dominata interamente da stirpi greche tramonterà
definitivamente intorno al 276 a.C., con la cacciata dall'isola di Pirro, re
dell'Epiro, che era riuscito a conquistare tutta l'isola tranne la cartaginese
Lilibeo. Di lì a poco l'isola cadrà in mano dei Romani.
I Greci di
Sicilia erano detti Sicelioti.
Città
Le poleis
della Sicilia si configurano come apoikìai (città di nuova fondazione che si
distaccano dalla propria città di origine, con a capo un ecista), frutto della
seconda colonizzazione greca.
Le prime
colonie sorsero nella Sicilia orientale: nell'VIII secolo a.C. i greci
calcidesi fondarono Zancle, Naxos, Leontinoi e Katane; nella parte
sud-orientale i corinzi e i megaresi fondarono, rispettivamente, Syrakousai e
Megara Hyblaea, mentre nella costa meridionale, nel 688 a.C., cretesi e rodii
fondarono Ghelas, con cui si concluse la prima fase della colonizzazione greca
in Sicilia.
Popolazioni
I rapporti e
le relazioni con i popoli indigeni
Mappa delle
colonie e delle subcolonie greche in Sicilia
L'acropoli
di Selinunte
I rapporti
con le popolazioni non greche, Sicani, Siculi ed Elimi e soprattutto con i
Cartaginesi furono molto conflittuali ma a volte, soprattutto all'inizio, improntati
a strategie mutevoli. Di regola solo il capo della spedizione recava con sé la
propria donna;[senza fonte] tutti gli altri negoziavano con i locali o
ricorrevano al rapimento delle donne necessarie. Questo determinava rapporti
amichevoli o viceversa conflittuali. Dal punto di vista commerciale la
strategia era in genere quella di inserire nelle città sicule un nucleo di
greci che si occupava delle acquisizioni o delle transazioni di merci e
prodotti. Ciò deve essere avvenuto in qualche modo anche con le città fenicie.
Proprio la loro capitale, Mozia, risulta infatti indifesa per quasi due secoli:
le sue mura infatti non sono state costruite che nel VI secolo a.C. e coprono
in parte la necropoli arcaica nelle cui tombe si è rinvenuta della ceramica
greca di VII secolo a.C.
Tutto ciò
significa che i rapporti tra Fenici e Greci erano agli inizi pacifici,
improntati soprattutto sul commercio. Sicuramente una comunità di Greci dovette
vivere stabilmente nella stessa città, come ci viene attestato dagli storici
antichi che, parlando della distruzione di Mozia da parte di Dionisio di
Siracusa, ci dicono che il tiranno, prima di ritirarsi dall'isola devastata e
saccheggiata, non mancò di giustiziare i cittadini Greci di Mozia che durante
l'assedio, nell'ultima strenua difesa della città, si erano schierati invece
dalla parte dei Fenici.
Anche presso
Grammichele (nel sito dell'antica Occhiolà abbandonato dopo il terremoto del
1693), e a Morgantina sembra esservi insediato un nucleo greco, probabilmente
calcidese, sin dalla metà del VI secolo a.C. Dalle attuali conoscenze sembra
che entro il 500 a.C. fosse già stata ellenizzata l'area sicula fino ad Enna.
Tuttavia ben presto i Siculi si trovarono in una posizione di schiavitù simile
a quella degli Iloti a Sparta: erano legati al loro territorio senza essere
proprietà vera e propria di qualcuno. Secondo Erodoto erano definiti
killichirioi.
La pressione
delle nuove popolazioni greche determinò lo spostamento delle preesistenti
popolazioni dei Siculi e dei Sicani, sempre più all'interno; costrette ad
abbandonare la costa, divennero spesso un problema per le nuove colonie. Non di
rado infatti avvennero scontri per la contesa dei territori e, in seguito, vere
e proprie rivolte.
Storia
Le
motivazioni della colonizzazione
Secondo lo
storico greco Tucidide, le prime fondazioni coloniali furono opera di aristoi,
aristocratici esclusi dalle città dopo le lotte intestine seguite al ritorno
dalla guerra di Troia; era infatti difficile armare una nave anche piccola
senza capitali. Tuttavia la scelta dei primi siti evidenzia soprattutto una
strategia di tipo commerciale: Messina, Naxos, Reggio, Catania, Siracusa sono
tutti porti che si trovano lungo una delle rotte commerciali più importanti del
tempo ed assumono una funzione sia di base che di controllo.
Tempio dei
Dioscuri ad Agrigento.
Che
un'antica rotta marina attraversasse lo Stretto di Messina non è attestato solo
dal fatto che le più antiche colonie greche in Sicilia si situino tutte lungo
la costa orientale dell'isola, ma anche dal fatto che esse furono precedute in
Magna Grecia dalla prima colonia, la più antica, quella di Cuma (circa 750
a.C.), sulla costa tirrenica della Campania. Cuma era stata preceduta a sua
volta, qualche decennio prima, dall’emporion di Pithecusae (Lacco Ameno,
Ischia). A Ischia (Casamicciola-Castiglione) sono stati trovati frammenti
ceramici micenei riferibili al Miceneo III A (1425-1300 a.C.) che forniscono
una testimonianza di insediamenti dell'epoca. E nella vicina isola di Procida,
a Vivara, sono stati rinvenuti insediamenti dell'età del bronzo caratterizzati
da ceramica d'impasto locale associata a frammenti di ceramica micenea
risalente al Miceneo I (1580-1400 a.C. circa) e scorie ferrose; queste sono
risultate, alle analisi, provenienti dall'isola d'Elba. Tutto ciò testimonia
che la rotta marina attraverso lo Stretto esisteva fin dall'epoca micenea ed
era dovuta alla necessità che avevano le genti greche di approvvigionarsi di
metalli - ferro in primo luogo - che esse andavano a procurarsi in Toscana.
Le città
greche da cui i coloni provenivano, le metropoleis in genere erano anche
origine del nome delle città fondate, le poleis. Queste, una volta consolidate,
creavano delle sottocolonie a scopo militare o commerciale. Akrai e Casmene
furono infatti probabili avamposti militari di Siracusa.
Il periodo
dei primi tiranni
Il VI secolo
a.C. fu per la Sicilia un periodo di prosperità e di incremento demografico, ma
con essi anche di conflitti sociali nelle città e tra popolazioni locali e i
Sicelioti. Alcuni individui approfittarono di ciò e presero il potere attuando
politiche espansionistiche con metodi dispotici e anche brutali. Nel 570 a.C.
Falaride divenne tiranno di Akragas; nel 505 a.C. Cleandro assunse la tirannia
a Gela; a lui seguì il fratello Ippocrate. Questi, assicuratosi il potere, si
imbarcò in una campagna di conquista della Sicilia orientale: assoggettò
Zancle, Naxos e Leontini, ponendovi dei tiranni suoi fedeli. Il suo tentativo
di conquista di Siracusa non riuscì. Ippocrate concentrò poi le sue truppe
contro Ibla (sito non identificato), ma vi trovò la morte. Gli succedette
Gelone nel 491 o nel 490 a.C.: dopo sei anni, questi trasferì la sua sede a
Siracusa, conquistata senza opporre resistenza (485 o 484 a.C.); lì assunse la
tirannia, lasciando il fratello Ierone a capo di Gela.
L'ascesa al
potere di Gelone a Siracusa determinò un rafforzamento della presenza grecofona
in Sicilia. Egli infatti condusse una serie di battaglie atte ad allontanare le
crescenti pressioni delle popolazioni dei Siculi e dei Sicani. Inoltre
trasformò Siracusa in una città potente, con una marina e un esercito
agguerriti, ripopolandola con il trasferimento della popolazione di Gela ed
incorporando una parte dei megaresi sconfitti. In soli dieci anni Gelone
divenne l'uomo più ricco e potente del mondo greco e con la sua alleanza con
Terone ebbe il controllo della maggior parte della Sicilia Siceliota, eccetto
Selinunte e Messina (che era sotto il controllo di Anassila di Reggio).
Ricostruzione
del Tempio della Vittoria, eretto dai Greci in ricordo del successo militare di
Imera
Quando
Terillo di Himera e Anassila chiesero l'aiuto di Cartagine, questa non si fece
pregare e intervenne. Ma egli radunò tutte le forze siceliote dell'isola: lo
scontro decisivo si ebbe a Imera, in una famosa battaglia avvenuta nel 480 a.C.
dove Gelone grazie all'alleanza con Terone di Agrigento riuscì a riportare una
storica vittoria; Amilcare venne ucciso, le sue navi bruciate e i Cartaginesi
catturati venduti come schiavi. Inoltre Cartagine dovette pagare un pesante
indennizzo e - scrive Erodoto[senza fonte] - nel trattato stipulato, Gelone
inserì che essi dovevano rinunciare ai sacrifici umani (soprattutto
l'immolazione dei figli primogeniti; vedi Tofet).
Nel 476 a.C.
alla sua morte gli successe il fratello Ierone; nello stesso anno, vinte
Catania e Naxos, ne deportò gli abitanti a Leontini e rifondò Catania con il
nome di Aitna, affidandola al figlio Dinomene e ripopolandola con coloni del
Peloponneso. Nel 474 a.C. in risposta ad un appello della città greca di Cuma,
o forse per contrastare le mire espansionistiche degli Etruschi, egli armò una
potente flotta e li sconfisse nella battaglia al largo della città campana.
Il periodo
democratico (466-405 a.C.)
I resoconti
di Diodoro Siculo presentano un quadro fosco degli ultimi tiranni: sia
Trasibulo di Siracusa, succeduto a Ierone a Siracusa, che Trasideo ad Akragas
vengono definiti "violenti e assassini". Sarà infatti la loro
dispotica crudeltà a spingere alle rivolte che metteranno fine al primo periodo
della tirannia in Sicilia. Secondo Aristotele tuttavia, furono soprattutto le
lotte all'interno delle famiglie a determinare la caduta delle tirannidi.
Il primo ad
essere rovesciato fu Trasideo di Akragas, che dopo una pesante sconfitta da
parte di Ierone di Siracusa fu cacciato e sostituito da un governo democratico.
Toccò poi a
Trasibulo sconfitto da una coalizione di insorti siracusani e truppe sicule e
di Akragas, Gela, Selinunte e Imera.
Rimarrà al
potere solo Dinomene ad Aitna (Catania), fino a quando una coalizione
siculo-siracusana costringerà la popolazione a fuggire, rifugiandosi sui monti
ad est di Centuripe ad Inessa ribattezzata Etna. Di conseguenza Catania riprese
il suo antico nome e venne ripopolata dagli esuli cacciati ai tempi di Ierone e
con coloni siracusani e siculi. Nello stesso periodo Messina si liberò dalla
tirannide dei figli di Anassila.
Nel 452 a.C.
un siculo ellenizzato, di nome Ducezio, che aveva partecipato all'assedio di
Etna a fianco dei Siracusani, sollevò un vasto movimento di rivolta
nazionalistica, una vera e propria lega sicula. Partendo dalla nativa Mineo
attaccò e distrusse Inessa-Etna e Morgantina e fondò alcune colonie in punti strategici
per controllare il territorio; tra queste Palikè nei pressi dell'antico
santuario dei Palici. Verso il 450 a.C. però, attaccato dai Siracusani, venne
pesantemente sconfitto e costretto ad andare in esilio a Corinto. Non vi rimase
molto tempo: con un piccolo gruppo di Greci del Peloponneso sbarcò in Sicilia e
vi fondò una città, Kale Akte ove rimase fino alla morte nel 440 a.C. Negli
anni che seguirono Siracusa tornò a sottomettere quasi tutti i territori da lui
"liberati".
Intanto in
Grecia (nel 431 a.C.) era scoppiata la guerra del Peloponneso che coinvolse
pesantemente le colonie di Sicilia. Nel 427 a.C., nella guerra tra Leontini e
Siracusa, erano di nuovo coinvolti anche gruppi di Siculi, oltre Catania,
Naxos, Camarina (dalla parte di Leontini), e Imera e Gela dalla parte di
Siracusa. Dopo tre anni, nel 424 a.C. venne siglato un accordo di pace con il
patrocinio del siracusano Ermocrate, preoccupato per la presenza delle truppe
ateniesi. Queste, a seguito di ciò, ritornarono in patria. Nel 422 a.C. scoppiò
la guerra civile a Leontini e questo fornì il pretesto per un nuovo intervento
di Siracusa; la città venne rasa al suolo e il partito oligarchico vincente si
trasferì a Siracusa.
Il conflitto
intanto si spostava nella zona occidentale; nel 416 a.C. erano Selinunte
(appoggiata da Siracusa) e Segesta (che dopo il rifiuto di aiuto da parte di
Cartagine si era rivolta ad Atene) a lottare tra loro. Atene nel 415 a.C. inviò
Alcibiade con una flotta di 250 navi e 25.000 uomini in aiuto, ma la spedizione
ateniese in Sicilia finì in un disastro. Ulteriori aiuti nel 414 a.C. e nel 413
a.C., con un esercito guidato da Demostene, non riuscirono a piegare la
coalizione che intanto si era raccolta attorno a Siracusa. Alla fine del 413 a.C.
gli Ateniesi erano in rotta; 7000 di loro fatti prigionieri furono rinchiusi
nelle cave di pietra dove la maggior parte di essi morì; i sopravvissuti,
marchiati come cavalli, vennero venduti come schiavi, mentre i comandanti
Demostene e Nicia furono giustiziati. Siracusa festeggiò la vittoria, ma la
vittoria non assicurò la pace interna. Il governo guidato da uno dei generali,
Diocle, attuò una serie di riforme sul modello ateniese ed un codice di leggi,
favorito in ciò dall'assenza di Ermocrate, impegnato al comando di una flotta
in aiuto di Sparta.
Ricostruzione
dell'acropoli di Selinunte e dei suoi templi
Nel 410 a.C.
si riaccese il conflitto e Selinunte attaccò Segesta. In aiuto di questa giunse
un piccolo esercito di mercenari cartaginesi. L'anno successivo sbarcò anche
Annibale Magone con un ulteriore esercito e in sette giorni espugnò Selinunte,
distruggendola e massacrandone gli abitanti. Annibale marciò poi verso Imera,
ma qui trovò Diocle con l'esercito siracusano. Dopo pesanti scontri i Siracusani
si ritirarono, gli Imeresi fuggirono via ma la metà di loro venne uccisa.
Annibale fece quindi ritorno in patria e sciolse il suo esercito. Intanto
Ermocrate, che era stato destituito dal comando della flotta dell'Egeo, con un
piccolo esercito di profughi e mercenari e una flotta di cinque navi si insediò
a capo di quel che rimaneva di Selinunte e attaccò le città tributarie di
Cartagine. Siracusa in quel periodo era in pieno caos, Diocle venne mandato in
esilio ed Ermocrate rientrato con la speranza di reinsediarsi venne invece
ucciso.
Nella
primavera del 406 a.C. i Cartaginesi tornarono con un potentissimo esercito,
espugnarono Akragas che venne saccheggiata e depredata delle sue opere d'arte;
per sette mesi i Siracusani si difesero valorosamente, al comando del giovane
Dionisio, nominato comandante supremo. Intanto cadeva Gela e poi anche
Kamarina. A questo punto delle ostilità Dionisio riuscì a stipulare un trattato
che metteva fine alla guerra, delimitando le rispettive zone di influenza. Gli
insediamenti punici, elimi e sicani sarebbero appartenuti a Cartagine. Le
popolazioni di Selinunte, Akragas, Imera, Gela e Camarina sarebbero ritornate
alle loro città pagando un tributo a Cartagine con la condizione di non erigere
mura. Leontini, Messina e i Siculi sarebbero stati liberi e Dionisio avrebbe
governato Siracusa. Era così finita di fatto la parentesi democratica.
Il periodo
storico dal 405 a.C. fino alla conquista romana sarà dominato dalle figure dei
sovrani siracusani.
Dionisio il
Vecchio
Dionisio
prese il potere per gradi e regnò su tutto il territorio della Sicilia fino a
Solunto estendendo la sua potente influenza fino al golfo di Taranto ed
arrivando a penetrare anche in territorio etrusco; attaccò e distrusse infatti
il porto di Pyrgi (oggi Santa Severa) e saccheggiò Cerveteri nella campagna del
384 a.C. Già nel 404 a.C. aveva denunciato il trattato con Cartagine iniziando
col sottomettere diverse colonie sicule e spingendosi fino ad Enna. Attaccò e
distrusse poi Naxos e sottomise Catania deportandone gli abitanti. Nel contempo
si dedicò a potenziare l'esercito adottando anche armi di nuova concezione come
le catapulte. Costruì inoltre una potentissima flotta disboscando allo scopo
ampie zone forestate dell'Etna.
Nel 398 a.C.
iniziò le ostilità contro Cartagine. Erice si arrese, mentre Motia dopo un anno
di assedio fu distrutta e gli abitanti trucidati. L'anno dopo, il 396 a.C., i
Cartaginesi ritornarono in forze, invasero quasi tutta la Sicilia e distrussero
Messina, minacciando anche Siracusa. Tuttavia, sembra a causa della peste,
dovettero fare la pace con Dionisio e tornarsene dopo aver pagato un grosso
indennizzo. Messina venne ripopolata. Vi furono ancora guerre con Cartagine con
alterne fortune e spargimenti di sangue fino alla sua morte avvenuta nel 367
a.C.
Colonie
greche in Adriatico (in rosso quelle siracusane
Intorno al
387 a.C. Dionisio intraprese un programma di colonizzazione dell'Adriatico per
approvvigionarsi del grano padano senza passare attraverso la mediazione
etrusca. Inoltre stabilì di popolare le nuove colonie con i suoi avversari
politici, sostenitori della democrazia, che poteva essere ripristinata nelle
nuove città. Sorsero così Adria, Ancona, Issa, Dimos, Pharos, Tragyrion (vedi
cartina).
A Dionisio
il vecchio successe il figlio Dionisio detto il giovane; questi non fu
all'altezza del padre e così il partito avverso capeggiato da Dione (il
fratello della moglie siracusana del padre), gli fu ostile. Nel 357 a.C. Dione
che era stato esiliato un decennio prima, con un migliaio di mercenari si recò
ad Minoa dalla quale ottenne aiuto e marciò su Siracusa che gli aprì subito le
porte e lo accolse. A seguito di ciò si scatenò un decennio di lotte nelle
quali venne coinvolta Leontini ed altre città che finirono con l'indebolire
l'impero siracusano in Sicilia.
Seguirono
tutta una serie di assassinii che sconvolsero la vita di Siracusa. Callippo
divenne tiranno di Catania e Iceta di Leontini. In questo periodo sembra si sia
trovato coinvolto Platone (almeno secondo le notizie di Plutarco).
Timoleonte
Nel 346 a.C.
Dionisio II ritornò a Siracusa, ma del periodo si hanno notizie frammentarie.
Intanto ad Apollonia e ad Eugione, forse Troina aveva preso il potere Leptine,
a Catania si era insediato Mamerco, a Centuripe Nicodemo, Apolloniade ad
Agirio, Ippone a Zancle e Andromaco a Taormina.
Il disordine
politico però rendeva precario ogni equilibrio. Iceta esiliato a Leontini
richiese aiuto a Corinto, la quale inviò un piccolo esercito agli ordini di
Timoleonte. Questi, sbarcato a Taormina nel 344 a.C., avviò una campagna
militare vittoriosa: in sei anni si impossessò di tutta l'isola; vennero
destituiti tutti i tiranni e quasi tutti vennero uccisi, tranne Andromaco di
Taormina che gli era amico. Nel 339 a.C. sbaragliò i Cartaginesi al fiume
Crimiso (forse il fiume Caldo, affluente del S.Bartolomeo, nei pressi di
Segesta) e si procurò un immenso bottino. Nello stesso anno, già avanti in età
e forse cieco, si ritirò. Aveva ottenuto tuttavia il grande risultato di
rendere più sicuro il futuro della Sicilia restaurando la democrazia a Siracusa
(secondo Diodoro e Plutarco) anche se il potere reale era nelle mani del
Consiglio dei 600. Siracusa e la Sicilia conobbero una nuova era di sviluppo e
prosperità. Rifiorirono Akragas e Gela, l'entroterra e Kamarina, Megara Iblea,
Segesta e Morgantina.
L'età
ellenistica
Agatocle
Il ritiro di
Timoleonte dalla scena politica condusse ben presto ad un altro periodo di
instabilità. Erano soprattutto conflitti di classe interni tra l'oligarchia al
potere e il popolo di Siracusa. Scoppiarono anche guerre tra le città e ciò
spianò la strada nel 317 a.C. al lungo regno di Agatocle che in queste guerre
ebbe una parte rilevante. Era finita, sia in Grecia che in Sicilia, la lunga
stagione di autonomia ed autogoverno delle città ed erano nate le monarchie
ellenistiche.
La sua presa
del potere a Siracusa avvenne con l'aiuto di veterani di Morgantina e di altre
città dell'interno, durante due giorni di insurrezione popolare. Vennero uccise
4.000 persone di rango elevato ed esiliate altre 6.000 (secondo Diodoro); al
termine, Agatocle venne eletto comandante unico e con pieni poteri. Come tutti
i demagoghi promise la cancellazione dei debiti e la divisione delle terre.
Nonostante le scarse notizie a disposizione, sembra che Agatocle abbia
mantenuto le promesse. Le crudeltà a lui attribuite sembrano dirette infatti
solo verso la classe degli oligarchi e mai verso il popolo e comunque
sembrerebbero limitate ai primi tempi (secondo Polibio).
La Sicilia
prosperò di nuovo; tuttavia il suo primo decennio fu segnato da conflitti con
le oligarchie di Akragas, Gela e Messina appoggiate da Cartagine che nel 311 a.C.
invase nuovamente la Sicilia. Agatocle assediato a Siracusa, a metà agosto del
310 a.C., affidata la difesa della città al fratello Antandro, salpò con 14.000
uomini e 60 navi per invadere il Nordafrica. Bruciate le navi all'arrivo,
stabilì la sua base a Tunisi, minacciando direttamente Cartagine. Amilcare,
costretto a rimandare una parte degli uomini indietro, subì una pesante
sconfitta, venne catturato e torturato a morte, poi la sua testa fu inviata ad
Agatocle in Africa. Per attaccare, tuttavia, Agatocle aveva bisogno di altre
truppe; alleatosi con Ofella, vecchio ufficiale di Alessandro Magno che
governava la Cirenaica, ebbe disponibili ulteriori 10.000 fanti e cavalieri, di
cui prese il comando dopo aver fatto assassinare, per motivi non noti, lo stesso
Ofella. Con queste forze espugnò Utica e Hippon Akra, catturando una grande
forza navale con i suoi cantieri e le sue basi; ma non gli riuscì di espugnare
Cartagine. Notizie di insurrezioni in Sicilia nel 307 a.C. lo costrinsero a
ritornare per domarle; ritornato in Africa, a causa dell'esaurimento delle
risorse e del deterioramento del morale delle truppe, nel 306 a.C. trattò la
pace. Cartagine manteneva Eraclea Minoa, Termini, Solunto, Selinunte e Segesta,
ma rinunciava ai programmi di espansione.
Fu a questo
punto che assunse per sé il titolo di re di Sicilia adeguandosi al nuovo uso
ellenistico; nulla mutava di fatto, ma cambiavava la sua immagine nei rapporti
di "politica estera". Si dedicò a questo punto ad estendere il suo
regno in Italia, conquistò Leucade e Corcira, dandola poi in dote alla figlia
quando questa sposò Pirro, il re dell'Epiro. Prese poi per terza moglie una
figlia di Tolomeo d'Egitto. Sotto il suo lungo regno la Sicilia prosperò e le
tracce archeologiche lo confermano. A settantadue anni, nel 289 a.C. venne
assassinato per rivalità familiari di successione, ma dopo la sua morte tutto
si dissolse rapidamente a causa dell'anarchia e delle lotte che seguirono.
Tra le tante
lotte, è da ricordare quella tra i cittadini di Siracusa e un gruppo di
mercenari italici chiamati Mamertini. Per convincerli ad andarsene, venne loro
offerto il porto di Messina, di cui si impadronirono massacrandone la
popolazione maschile e spartendosi donne e bambini. Si resero subito
protagonisti di razzie anche nel territorio e divennero un pericolo costante.
Attaccarono anche Camarina e Gela. Nel 282 a.C., approfittando di ciò, Finzia
tiranno di Akragas distrusse definitivamente Gela e ne deportò la popolazione a
Licata, che ricostruì in puro stile greco con mura, agorà e templi. Due anni
dopo Siracusa attaccò e sconfisse Akragas, facendo scorrerie nel territorio ma
questo provocò una nuova invasione cartaginese. È a questo punto che si
inserisce nella storia di Sicilia Pirro il re dei Molossi dell'Epiro. Intervenuto
nel 280 su richiesta di Taranto minacciata dai Romani, dopo averli sconfitti
(con molte perdite però), rispose agli appelli che provenivano dalle città
siciliane. Nel 278 a.C. sbarcò a Taormina, accolto dal tiranno Tindarione:
armate 200 navi e un grosso esercito in due anni cacciò i Mamertini e ripulì
l'isola dai Cartaginesi. Non riuscì nell'assedio di Lilibeo, la piazzaforte
marittima dei punici, ma presto dovette ritornarsene in Italia.
Ierone
II
Nel 269 a.C.
Ierone II prese il potere a Siracusa e, fatto un accordo con i Cartaginesi,
sferrò un nuovo attacco ai Mamertini; non poté tuttavia prendere Messina perché
Cartagine, attenta a non far troppo crescere la potenza siracusana, non glielo
consentì.
Il passo
successivo di Ierone fu quello di proclamarsi re e lo fu per 54 anni fino alla
morte avvenuta nel 215 a.C. Stabilì la sua residenza nel palazzo fortificato di
Ortigia e governò in maniera differente dai precedenti sovrani. Non proseguì
nelle mire espansionistiche, né nelle avventure militari, ma curò specialmente
le relazioni commerciali con i mercati mediterranei e l'Egitto. La massima
estensione del suo regno abbracciava la Sicilia orientale da Taormina a Noto.
La sua politica estera previde prima un'alleanza con Cartagine; ma presto si
accorse che l'astro emergente era Roma così nel 263 a.C. firmò un trattato con
quest'ultima e vi rimase fedele fino all'ultimo, risparmiando ai sudditi ed
agli alleati il coinvolgimento nelle terribili conseguenze della Prima Guerra
Punica. Infatti già da alcuni anni le truppe romane avevano inferto duri colpi
alle città della Sicilia occidentale.
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Sicilia_greca
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