Vai in vacanza
in Italia? E la scritta “yogurt greco” campeggia prepotente fuori da gelaterie,
pasticcerie e negozi vari.
Vai in
Francia? Stesso film. In Germania? Idem.
Lo yogurt
greco ha varcato i confini della Grecia stessa per diventare bene comune. Ma il
fatto che una pietanza di fiera estrazione contadina sia diventata la ricetta
greca più famosa del mondo ma pure la più snaturata, ridotta a cibo globale,
pizzificata si potrebbe dire, intristisce i greci, anzi li fa arrabbiare.
Perché
ritengono che quelli polacchi, danesi, italiani e via elencando siano spesso
dei veri attentati all’incolumità della ricetta originale.
Per questo
il ministero dell’Agricoltura locale è in procinto di chiedere all’Unione
europea la tutela della DOP, per fare in modo che nessuno possa produrre
impunemente yogurt grego pappa e fuggi al di fuori del territorio ellenico.
E parliamo
allora del dogma legato alla ricetta originale: è tutta una questione di
consistenza.
Lo yogurt
greco è molto più denso di quello italiano, assomiglia infatti a un formaggio
spalmabile. Ciò è dovuto al fatto che viene filtrato il siero acido durante la
produzione, un lungo gocciolamento che fa perdere quasi il 70% dell’acqua e del
siero del latte.
Per produrre
1 litro di yogurt greco serve molto più latte (4 litri, al posto di 1 litro
usato per lo yogurt normale). Di conseguenza è più povero di carboidrati e più
ricco di proteine, ed è perciò molto amato dagli atleti.
Ma non tutti
fanno così, prendendo scorciatoie che permettono di risparmiare tempo come
l’aggiunta di specifici addensanti. Lo scorso anno, proprio su istanza del
governo di Atene, l’Unione europea ha ammonito la Repubblica Ceca per l’impiego
del termine “yogurt alla greca”:
“l’utilizzo
dell’espressione yogurt greco per prodotti ottenuti al di fuori della Grecia
trae in inganno il consumatore, e rappresenta concorrenza sleale all’interno
dell’Unione europea”, ha stabilito l’UE.
Negli Usa,
invece, non vige alcuna restrizione, e tutti sono liberi di etichettare il
proprio yogurt come “greco”. Lo testimonia il fiorire di “yogurt greci” ovunque
e la diffusione di marchi popolari come Chobani, Yoplait, Dannon e Fage
(quest’ultimo, l’unico davvero greco).
Qui il boom
risale a una decina di anni fa, quando i consumatori hanno iniziato a
orientarsi verso prodotti più sani, con proteine, probiotici e grassi “buoni”.
Da quel
momento, l’ascesa dello yogurt greco è stata fulminea: Chobani ha visto
aumentare le vendite da 3 milioni di dollari a oltre un miliardo negli ultimi
cinque anni, sorpassando anche Yoplait, di General Mills, e diventando il
marchio più diffuso in un settore, quello dello yogurt, che vale circa 84
miliardi di dollari.
Negli ultimi
tempi però anche il mercato USA ha subito una flessione: il gusto si è spostato
dal tradizionale yogurt al cucchiaio verso prodotti “a base di yogurt” come lo
yogurt islandese (praticamente un formaggio), o anche lo yogurt francese in
vasetto di vetro, ad esempio lo yogurt “Sì” di Yoplait, fatto fermentare già
nel suo bicchierino di vetro invece che in grandi contenitori da cui poi deve
essere travasato.
I greci
seguono da vicino le evoluzioni di un mercato che li riguarda da vicino ma
sembrano interessati soprattutto ad affermare un punto: la yogurt greco si fa
in Grecia, e basta.
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