I liberali in
Germania starebbero per tornare al governo, ma per Francia, Italia e Grecia non
significano buone notizie. Il prossimo probabile alleato della cancelliera
Merkel (e ministro delle Finanze?) ha posizioni rigide sui conti pubblici.
In un’intervista
rilasciata a Bloomberg, il 38-enne Christian Lindner, segretario della FDP, il
partito liberale tedesco, traccia le linee di quelli che sarebbero i punti
programmatici da negoziare in un probabilissimo governo di coalizione con i
conservatori della cancelliera Angela Merkel, dopo le elezioni federali in
Germania del 24 settembre prossimo. Lindner sta cercando di riportare la FDP al
Bundestag dopo 4 anni di assenza, visto che nel 2013 per la prima volta dal
1949, i liberali non sono riusciti a conquistare almeno il 5% dei consensi
utili per sedere nella Camera bassa tedesca. E le parole del giovane leader
suonano come un messaggio abbastanza chiaro per il presidente Emmanuel Macron,
così come per la Grecia.
Egli spiega di
ritenere che la cancelliera si sarebbe già accordata con Parigi per un
trasferimento di risorse verso il resto d’Europa, ma ammonisce che con i
liberali al governo non sarebbe possibile, che gli Eurobond “non avrebbero
senso” e che non si può sostenere l’aumento del debito come ricetta di politica
economica per crescere, in quanto si tramuterebbe in un qualcosa che va aldilà
della solidarietà (tra stati). La cancelliera si è detta favorevole ad
accogliere la proposta di Macron di istituire un ministro delle Finanze e un
bilancio unici nell’Eurozona, ma il tema è scottante in Germania, dove gli
elettori temono che la mutualizzazione di parte delle risorse nazionali si
traduca in maggiori oneri a loro carico per salvare i conti di banche e stati
del Sud Europa.
Grecia fuori
dall’euro con debito alleggerito
E ce n’è anche per
Atene, perché Lindner vorrebbe che fosse da un lato tagliato il debito pubblico
ellenico, dall’altro che fosse consentito ai greci di lasciare l’euro e tornare
alla dracma, in modo da tornare competitivi con una moneta nazionale propria ed
evidentemente svalutata rispetto a quella odierna.
Le proposte di
Lindner appaiono del tutto simili a quelle dell’AfD, il partito degli
euro-scettici tedeschi dato all’11% nei sondaggi, ma la reale differenza può
essere colta nello slogan utilizzato dal segretario liberale in questa campagna
elettorale: “Il nostro futuro in due sillabe: UE”. La FDP è europeista, ma non
solidale con gli stati “spendaccioni”. Già nel corso dei primi anni dallo
scoppio della crisi finanziaria, il partito alleato dei conservatori aveva
rivendicato una posizione autonoma sull’Europa, contrastando i bailouts di
banche e stati stranieri e proponendo l’uscita della Grecia dall’euro. (Leggi
anche: Ecco come Frau Merkel rafforzerà la leadership in Europa)
Fine della
flessibilità fiscale in Europa?
La scarsa capacità
con cui seppe incidere sull’agenda economica ed europea del governo lo punì
pesantemente alle elezioni di 4 anni fa, quando i liberali crollarono dal loro
massimo storico del 2009 (14,6%) al loro minimo (4,7%). Propugnano un taglio
delle tasse di 30 miliardi di euro, il doppio di quelli proposti dai
conservatori, ma negano che sia necessario aumentare gli investimenti pubblici,
sostenendo che ci sarebbero già risorse a sufficienza allo scopo.
E Lindner o uno
dei suoi uomini potrebbe prendere il posto di Wolfgang Schaeuble al Ministero
delle Finanze. Una frase sibillina supporterebbe questa ipotesi, nel caso di
alleanza con la CDU-CSU. Sempre a Bloomberg, l’uomo definisce un errore l’avere
rinunciato a quella posizione nel 2009. Con ogni evidenza, i liberali vogliono
rimarcare il loro ritorno sulla scena politica nazionale e meno di prima
saranno disposti a cedere sui punti fondamentali del loro programma. Lo stesso
ammette che negli ultimi anni sarebbero cresciute le divergenze con i
cristiano-democratici, riferimento esplicito alla politica tedesca sull’Europa,
specie negli ultimi anni di Grosse Koaltion tra conservatori e
socialdemocratici.
Dunque, se i
sondaggi hanno ragione, tra alcune settimane o qualche mese al massimo, a
Berlino ci sarà un governo meno flessibile con i partner europei su temi come
il risanamento dei conti pubblici, salvataggi bancari a carico degli stati e
condono del debito ellenico. Paradossalmente, il partito più europeista della
Germania sarà anche quello che alimenterebbe le maggiori frizioni nella UE, di fatto
facendosi carico di istanza non troppo dissimili da quelle propugnate dagli
euro-scettici. Macron non speri di cavarsela con una mezza riforma del lavoro e
il prossimo governo italiano trovi una parola meno disdicevole (per i tedeschi)
di “flessibilità”. (Leggi anche: Macron vuole francesizzare l’Europa, sarà
scontro con la Germania)
Giuseppe Timpone
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