Domenica 30 settembre Referendum in Macedonia per il
cambio del nome: in ballo l’ingresso nella NATO e nell’UE, ma la Grecia rischia
una crisi politica.
Dopo aver detto addio alla Troika al termine di otto anni
“lacrime e sangue”, la tenuta politica della Grecia è paradossalmente messa a
rischio ora da un Referendum: domenica 30 settembre la Repubblica di Macedonia
si dovrà esprimere sul cambiare o meno il proprio nome.
La vicenda è molto più complessa rispetto a quello che
può sembrare a primo acchito. Dietro c’è una lunga storia: la Grecia non ha mai
accettato il nome preso dalla Repubblica ex jugoslava, mettendo così finora il
veto sull’ingresso di Skopje sia all’interno dell’Unione Europea che della
NATO.
Di recente, i primi ministri Alexi Tsipras e Zoran Zaev
hanno raggiunto un accordo con la Repubblica di Macedonia che cambierà il proprio
nome in Macedonia del Nord. Se dovesse vincere il Sì, la Grecia toglierebbe
ogni veto nei confronti del paese confinante.
Il problema è che i greci non sono molto favorevoli a
questa svolta. Tsipras al momento governa grazie al sostegno del partito nazionalista
ANEL, contrario a questo Referendum. Atene però ha promesso alla comunità
internazionale di riconoscere l’esito del voto e questo potrebbe portare a una
crisi di governo con annesse elezioni anticipate.
Il Referendum in Macedonia
Dopo 27 anni di litigi, sulla sponda greca del lago di
Prespa che segna il confine oltre che tra i due paesi anche con l’Albania, è
stato raggiunto uno storico accordo tra la Grecia e la Repubblica di Macedonia.
Con un Referendum che si terrà domenica 30 settembre, i macedoni
saranno chiamati a scegliere se accettare il cambio di nome in Macedonia del
Nord e a rinunciare come simbolo al Sole della Virginia, stemma della dinastia
reale macedone.
In pratica si tratterà di rinunciare a ogni forma di
irredentismo, togliendo anche qualsiasi possibile riferimento di una
discendenza della Repubblica a tutto quello che è legato all’antico Regno della
Macedonia.
In cambio di questo, la Grecia è pronta a far cadere il
veto che negli ultimi anni ha impedito alla Repubblica di Macedonia di entrare
a far parte non solo dell’Unione Europea, ma anche della NATO.
I macedoni così saranno chiamati a scegliere se rinunciare
o meno al loro nome e al loro simbolo, per poter così entrare a far parte della
NATO e dell’Unione Europea, con Bruxelles che ha anche lasciato alcuni posti
liberi nel prossimo Parlamento Europeo in vista proprio di un arrivo della a
questo punto Macedonia del Nord.
I sondaggi dicono che ci dovrebbe essere una netta
vittoria del Sì. Per passare basterà la maggioranza assoluta e la
partecipazione al voto di almeno il 50% degli aventi diritto. L’esito del
Referendum dovrà poi essere approvato dai due terzi del Parlamento.
I rischi per la Grecia
In Grecia al momento sono alla guida del paese Syriza,
partito di sinistra e del primo ministro Alexis Tsipras, assieme ad ANEL, forza
politica di destra e nazionalista. Una unione in pratica tra due poli agli
antipodi.
Al momento del siglare l’accordo di Prespa con la
Macedonia, Tsipras ha garantito che la Grecia avrebbe rispettato il patto in
caso di un esito favorevole del Referendum. Stati Uniti e Unione Europea sono
infatti molto interessati a questo voto, che potrebbe portare a una ulteriore
stabilizzazione della regione balcanica.
Chi invece è fermamente contrario a questa risoluzione è
ANEL, che è pronto a opporsi. In generale, i sondaggi parlano di un 68% di
greci che esprime più di un dubbio sull’accordo siglato da Tsipras.
Il pericolo quindi è che, proprio mentre il paese si
appresta a tornare alla normalità economica dopo anni di sacrifici, una crisi
politica possa investire il governo Tsipras: se dovesse esserci uno strappo da
parte di ANEL, le elezioni anticipate sarebbero inevitabili.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου