Accadde
Oggi, 2 Settembre: 31 a. C., la Battaglia di Azio, che segnala fine delle
guerre civili e l’istaurarsi dell’Impero di Ottaviano Augusto – 1666, Londra
brucia!
Al largo
della costa occidentale greca, la flotta di Ottaviano sconfigge quella di Marco
Antonio e Cleopatra. E’ la fine delle guerre civili che hanno annientato la
classe senatoriale romana. Inizia l’Impero.
2 Settembre
31 a.C. Azio – Guerra civile romana: Battaglia di Azio – Al largo della costa
occidentale greca, la flotta di Ottaviano sconfigge quella di Marco Antonio e
Cleopatra.
Nel 509 a.C.
con una precocità impressionante, rispetto agli altri popoli, i Romani erano
già passati dalla forma regale alla repubblica!
Le smisurate
conquiste che li dovevano portare ad essere padroni del mondo, però, non
dettero a Roma, la tranquillità sperata.
Finchè fuori
ci fu il nemico, il pericolo che poteva sopraffarli, ci fu coesione interna. Ma
una volta sconfitti e annientati anche i Cartaginesi, gli ultimi che potevano
impensierirli, cominciarono a prendere corpo lotte interne, conflitti di
classe, animati soprattutto dal fato che le conquiste cominciavano ad essere di
vantaggio a pochi: senatori, latifondisti e capitalisti che ammassavano sempre
più e avevano sempre più schiavi, mentre i piccoli proprietari, i piccoli
coltivatori, si sentivano sempre più emarginati e qualche volta lo erano,
perché le guerre imponevano di pagarsi armi e vettovaglie e gli affari o il
campo lasciati soli languivano e così il soldato-contadino o il
soldato-artigiano o commerciante si impoverivano e non di rado cadevano in mano
degli usurai, costretti poi a vendere tutto quanto di proprietà a basso prezzo
ed a d ingrossare una plebe tumultuosa e scontenta.
I primi grossi
tumulti si ebbero con Tiberio Gracco che nel 133 avanzò riforme rivoluzionarie
e per questo fu ucciso con altri 300 e gettato nel Tevere! E poi fu tutto un
susseguirsi di lotte civili: l’assassinio dell’altro Gracco, Gaio. E poi Mario
e Silla, i triumvirati, Cesare e Pompeo..ci si avviava e ci si avvitava
(l’esercito da tempo era diventato a busta-paga con strapotere dei generali,
detti imperatori) verso l’impero!
Adesso era
la volta dei Cesaricidi: Cassio, Bruto, Enobarbo, Varo…
Tutti rei di
avere ucciso chi non aveva osato farsi dittatore, ma di averlo ucciso con 18
coltellate delle quali (già a Roma si facevano autopsie sui cadaveri!) solo la
seconda mortale!
Primi fra
tutti: Bruto, il “figlio” di Cesare e Cassio, sconfitti nella battaglia di
Filippi, in Macedonia, dove Marco Antonio e Ottaviano (con il terzo triumviro
Lepido) sconfiggono i due cospiratori e assassini che si suicidano. Romani, i
migliori eserciti (e civiltà! del mondo) contro Romani!
Ma, subito
dopo: Marco Antonio contro Ottaviano! Con il primo, già luogotenente di Cesare,
che favoleggia un regno orientale a Roma e si con l’Egitto e Cleopatra, che da
Cesare aveva avuto il figlio Cesarione…
E si arriva
alla resa dei conti: ancora Romani contro Romani. Questa volta ad Azio, nel
mare ionio-greco. Marco Antonio e Cleopatra non portano neanche a termine la
battaglia e fuggono in Egitto, dove oggi alcuni archeologi pensano di aver
individuato le tombe. E poco dopo su ordine di Ottaviano anche Cesarione sarà
strandgolato.
La battaglia
navale sarà contraddistinta dalla novità dell’arpagone (nome che sarà reso
celebre dalla commedia di Moliere per indicare l’avaro che attira a sé tutto
quello che può!). Questa era una recente invenzione romana: si lanciavano degli
uncini con una balista, una grande balestra. Questi uncini erano collegati con
un anello ad un trave, rivestito di ferro perché non fosse tagliato di circa
tre metri, legato, con un altro anello, a molte corde, con le quali si attirava
la nave arpionata, per poi abbordarla.
Grande
incendio di Londra, quello del numero della Grande Bestia, il 666!
In molti
alberghi o negozi di Londra, si trovano ancora quadretti o cornicette che
iniziano con: “London burns, London burns!…”
I visitatori
più attenti, ricordando la Luftwaffe e le V1 e V2, non tardano a capire il
rapporto dei Londinesi con il fuoco, ma, solo chiedendo, sappiamo che le loro
case antiche fatte di legni di nave e paglia, avevano già affrontato altri
incendi spaventosi!
Data 2 settembre – 5 settembre 1666
Danni:
distruzione dell’80% della City di Londra, distrutte più di 13.000 case e 87
chiese
Responsabili:
incendio partito dal forno di Thomas Farrinor
Il grande
incendio di Londra fu un incendio che si propagò nella City di Londra dal 2 al
5 settembre 1666, distruggendola in gran parte.
Prima di
allora la stessa definizione di “grande incendio” fu utilizzata per un altro grande incendio che, nel 1212 (anche
qui la cabala dei numeri…) aveva distrutto una gran parte della città.
In seguito,
il raid incendiario del 29 dicembre 1940, condotto dalla Luftwaffe sulla città,
divenne noto come il secondo grande incendio di Londra.
L’incendio
del 1666 fu una delle più grandi calamità nella storia di Londra. Distrusse
13.200 abitazioni, 87 chiese parrocchiali, 6 cappelle, 44 Company Hall, la
Royal Exchange, la dogana, la cattedrale di Saint Paul, la Guildhall, il
Bridewell Palace e altre prigioni cittadine, la Session House, quattro ponti
sul Tamigi e sul Fleet, e tre porte della città.
Il numero di
vite perse nell’incendio non è conosciuto, ed è incalcolabile in una città
senza censimenti precisi e riscontri moderni, anche se la tradizione storica lo
ritiene ridotto.
L’incendio
ebbe profonde conseguenze sulla storia di Londra, anche dal punto di vista
architettonico e topografico, poiché per effetto della morte dei ratti che ne
propagavano l’epidemia determinò la fine della grande peste di Londra.
Enormi
furono le conseguenze anche sull’urbanistica della città che fu ridisegnata per
intero a opera di Christopher Wren, Robert Hooke, e Samuel Pepys per volere di
Carlo II d’Inghilterra.
Le cause
L’incendio
scoppiò nel mattino di una domenica, nel settembre 1666, nella casa di Thomas
Farrinor a Pudding Lane, un fornaio del re Carlo II e probabilmente l’incendio
scoppiò, perché Farrinor non spense il forno prima di ritirarsi la sera.
Poco dopo la
mezzanotte sarebbero stati alcuni tizzoni ardenti a dar fuoco alla legna posta
nelle vicinanze.
Farrinor
riuscì a scappare dall’edificio in fiamme uscendo da una finestra del piano
superiore insieme alla famiglia. La sua domestica invece non riuscì a fuggire e
fu la prima vittima a morire tra le fiamme.
Nel giro di
un’ora dall’inizio dell’incendio, il lord sindaco della City di Londra, sir
Thomas Bloodworth, venne svegliato dalla notizia. Non ne fu comunque
impressionato, tanto da dichiarare che “una donna potrebbe estinguerlo con una
pisciata”.
Molti degli
edifici di Londra all’epoca erano costruiti con materiali combustibili, ma ben
resistenti al fuoco, come il legno strutturale, a cui però venivano accostati
altri materiali altamente infiammabili, come la paglia.
Le scintille
che partirono dal negozio del fornaio ricaddero sulle costruzioni adiacenti.
Una volta innescato, l’incendio cominciò a diffondersi sotto la spinta di un
fortissimo vento.
Ma la
diffusione del fuoco fu aiutata anche dal fatto che gli edifici erano costruiti
troppo vicini l’uno all’altro, con solo stretti vicoli tra loro.
C’è da
considerare anche il numero davvero immenso dei ratti che scappavano da fogne e
case incendiate, e attinti dal fuoco, propagandolo dappertutto!
« Poi, la
città si scosse, e gli abitanti tremarono e fuggirono via con grande stupore
dalle loro case, per paura che le fiamme li potessero divorare: rattle, rattle,
rattle, era il rumore del fuoco che colpiva l’orecchio tutto intorno, come se
ci fossero stati mille carri di ferro a battere sulle pietre. Sarebbe stato
possibile vedere le case cadere, cadere, cadere, da un lato all’altro della
strada, con enorme rumore, lasciando le fondamenta aperte alla vista del cielo.
»
L’azione
delle autorità
Nel 1666,
Londra andava appena riprendendosi dalla peggiore pestilenza della sua storia
(dopo quella del 1349-1350 e denominata Peste nera) ed anche questo influì in
maniera negativa sul propagarsi dell’incendio, poiché per causa della morte o
paura della peste, molte case erano disabitate.
Inoltre
pochi furono coloro che si apprestarono a spegnere le fiamme in quanto ridotto
era il numero degli abitanti e ridotto si era il numero di possibili volontari
in grado di accorrere verso lo spegnimento delle fiamme.
La procedura
standard all’epoca per fermare la diffusione del fuoco consisteva
nell’abbatterle le case antistanti alle fiamme per creare delle “fasce
tagliafuoco” che privassero l’incendio dal materiale combustibile, ma ciò non
fu possibile per la condotta del Lord Sindaco che, preoccupato dai costi di
ricostruzione, si dimostrò titubante nel dare l’ordine di abbattimento.
Il sindaco
Lord Thomas Bloodworth fece la scelta sbagliata, affidando il compito di
spegnere le fiamme a squadre di emergenza al soldo di alcuni uomini benestanti
di Londra ma questi possedevano molte proprietà nella città ed erano disposti a
chiudere un occhio per far divampare le fiamme verso i magazzini e le proprietà
di altri nobili loro concorrenti, così le squadre furono inviate a demolire le
case, ma spesso le macerie erano troppe per essere sgomberate prima dell’arrivo
del fuoco ed in alcuni casi s’incendiavano prima di essere rimosse
facilitandone la diffusione.
Il fuoco
divampò incontrollato per tre giorni arrestandosi nei pressi di Temple Church
ma proseguendo verso Westminster. Il duca di York (poi re Giacomo I
d’Inghilterra), ebbe la presenza di spirito di ordinare la demolizione della
Biblioteca (Paper House) per bloccare le fiamme.
Solo nella
giornata di mercoledì (il quarto giorno) il sistema di circoscrizione delle
fiamme riuscì a bloccarne la diffusione, quando l’area distrutta andava da
Whitehall ad ovest fino alla Torre di Londra ad est.
Distruzione
Circa 430
ettari, ben l’80% della City, andarono distrutti: 13.200 case e 87 chiese, tra
cui la cattedrale di San Paolo[2]. Mentre solo 9–16 persone vennero riportate
come morte nell’incendio, lo scrittore Neil Hanson (The Dreadful Judgement)
crede che il vero numero sia nell’ordine delle centinaia o delle migliaia.
Hanson ritiene che gran parte delle vittime furono persone povere, i cui corpi
vennero cremati dal calore intenso dell’incendio, e quindi i loro resti non
vennero mai ritrovati. Questa ipotesi resta comunque controversa.
All’interno
delle mura esso consumò quasi cinque sesti dell’intera città e fuori dal
perimetro delle mura colpì uno spazio esteso quasi quanto la sesta parte, che
non fu toccata dal fuoco all’interno. Praticamente nessun edificio che venne a
contatto col fuoco rimase in piedi. Edifici pubblici, chiese e abitazioni
vennero accomunate da un unico destino.
Nel
resoconto sommario di questa grande devastazione, dato in una delle iscrizioni
sul monumento, e che venne estratto dai rapporti dei periti nominati dopo
l’incendio, si dichiara che:
« Le rovine
della città sono di 436 acri (1,8 km²), 333 acri (1,3 km²) entro le mura, e 63
acri (255.000 m²) nelle libertà della città; che, di ventisei circoscrizioni,
ne distrusse completamente quindici, e ne lasciò altre otto in frantumi e semi
bruciate; e che consumò 400 strade, 13.200 abitazioni, 89 chiese [oltre le cappelle];
4 delle porte della città, la Guildhall, molte strutture pubbliche, ospedali,
scuole, biblioteche, e un vasto numero di edifici dello Stato. »
Per quanto
distruttive fossero state le conseguenze immediate dell’incendio, dei suoi
effetti remoti beneficiarono le generazioni successive. Intanto debellò
completamente la Grande peste di Londra, che durante il suo imperversare era
costata la vita a non meno di 100.000 persone. Gran parte delle strutture
pubbliche, la regolarità e bellezza delle strade e la grande salubrità ed
estrema pulizia di gran parte della città di Londra, sono dovute a questo
evento.
Profezie e
superstizioni
C’erano
state molte profezie di un disastro che avrebbe colpito Londra nel 1666, poiché
nei numeri arabi comprendeva il Numero della Bestiae in numeri romani era una
lista in ordine declinante (MDCLXVI)!
Walter
Gostelo scrisse nel 1658 «Se il fuoco non fa ceneri della città, e delle tue
ossa anche, ritienimi un bugiardo per sempre! … il decreto è emesso, pentiti, o
brucia, come Sodoma e Gomorra!» Sembrò a molti, che uscivano da una guerra
civile e dalla peste, il terzo cavaliere dell’apocalisse.
Dopo
l’incendio, iniziò a circolare una voce per cui questo faceva parte di un
complotto cattolico. Un orologiaio francese squilibrato, di nome Robert “Lucky”
Hubert, confessò di essere un agente del Papa e di aver appiccato il fuoco a
Westminster. In seguito cambiò la sua storia dicendo di averlo appiccato nel
forno di Pudding Lane. Venne condannato, nonostante le prove evidenti che lo
scagionavano, e venne impiccato a Tyburn il 28 settembre.
A partire
dal 1667 il Parlamento raccolse fondi per la ricostruzione, tassando il carbone
e la città venne riedificata sul piano stradale esistente, ma in mattoni e
pietra e con un migliore sistema fognario e viario. Questa è la ragione
principale per cui Londra oggi è una città moderna che mantiene un disegno
medioevale delle strade.
Christopher
Wren e Robert Hooke ricostruirono anche la Cattedrale di San Paolo 11 anni dopo
l’incendio.
Vennero
apprese lezioni sulla prevenzione degli incendi, e quando l’attuale Globe
Theatre venne inaugurato nel 1997, fu il primo edificio di Londra con un tetto
in paglia dall’epoca dell’incendio.
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