In queste
ore stiamo vivendo alcune crisi, più o meno annunciate, di diversi paesi per lo
più emergenti. Venezuela, Turchia e Argentina. Alcuni di questi paesi sono
ormai in crisi cronica (Venezuela), altri hanno dato l’impressione di essere
usciti dalla crisi senza mai averlo fatto realmente (Argentina), altri invece
ci sono finiti dentro grazie anche ad una gestione economica quantomeno fantasiosa
(Turchia).
Poi a questi
paesi io ne ho aggiunto uno, molto vicino a noi. Ovvero la Grecia. Si, proprio
lei, quel paese che ormai gli organismi internazionali hanno dichiarato “fuori
dalla crisi”. E allora COME MAI io insisto e dico che in Grecia le cose
continuano ad andare male?
Beh, cari
amici, mettetevi nei panni di certi organismi internazionali che da anni
sostengono Atene. Ormai hanno fatto tutto quello che dovevano fare, hanno
creato la vera austerity, hanno inaridito l’economia e prosciugato i conti e
adesso…che cosa è necessario? Far ripartire gli investimenti. In che modo?
Cercando di far ridare fiducia al paese. E a livello internazionale, la voce
del FMI e della BCE, ad esempio, rappresenta una fonte autorevole per ridare
fiducia. Perché se adesso non si torna ad investire in Grecia, il motore
economico non riparte e non ci saranno i soldi per rimborsare le tranche di
debito. E quindi (notate quanto sono politicizzate le compagnie di rating) ecco
che i rating vengono alzati a livelli improponibili ed irrealistici per la
condizioni del paese. Ma poco importa, tanto lo abbiamo imparato no? Il mondo
della finanza di carta si basa sulla fiducia.
Un flash di
oggi ha iniziato a confermare questa situazione, un rallentamento che era
inatteso, visto il gap dalle previsioni.
Vabbè dai…ci
può stare, sono ormai diversi trimestri che il PIL è in crescita (facile quando
si parte da” quasi” zero). Poi però ho cercato un po’ di dati ed ho trovato un
articolo su l’Internazionale che vi ripropongo perché è semplicemente
“perfetto” e va a riprendere tutti i miei discorsi con tanto di grafici. E
dimostra che prima o poi assisteremo ad una nuova tragedia greca.
Attenzione,
quanto è avvenuto in Grecia deve anche suonarci come un monito nel caso in cui
ci ritrovassimo la Troika in casa. Certo, noi siamo l’Italia con una ben
diversa forza economica, ma state pur certi che il loro operato non sarebbe di
certo di tipo “umanitario”.
Eccovi
quindi i dati estratti dal sopracitato articolo.
Crisi GRECIA
spiegata con 10 grafici
Il 20 agosto
la Grecia è uscita dalla tutela della troika, composta da Commissione europea,
Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale. La penisola ellenica
aveva un’amministrazione statale particolarmente inefficiente e un bisogno
innegabile di riforme strutturali ma, sotto l’effetto delle politiche imposte
dalla troika fin dal 2010, quasi tutti gli indicatori economici e sociali sono
profondamente peggiorati. Compreso il debito pubblico, anche se l’obiettivo di
quelle politiche era riuscire a gestirlo. Questo intervento passerà alla storia
come un esempio di ciò che non bisogna assolutamente fare se si vuole aiutare
un paese a risollevarsi.
Il declino
della Grecia non si nota solo nelle statistiche economico-finanziarie, ma salta
all’occhio anche quando guardiamo gli indicatori demografici. È un declino
strutturale, non è legato solo a una fase. Dal 2008 la Grecia ha perso più di
un milione di abitanti, che sono andati a vivere e a lavorare in altri paesi,
mentre la zona euro ne ha guadagnati più di otto milioni.
Sono
soprattutto i giovani ad aver lasciato il paese, e tra questi soprattutto i più
qualificati. Su dieci milioni di abitanti, la Grecia registra un calo di circa
500mila giovani tra i venti e i trent’anni rispetto al 2008. È un fatto
preoccupante per la possibilità del paese di risollevarsi, poiché manca la
manodopera giovane qualificata. In compenso, le persone anziane sono rimaste, e
questo peggiora uno stato sociale già in difficoltà.
La cura a
base di austerità imposta alla Grecia ha provocato la perdita di circa 860mila
posti di lavoro tra il 2008 e il 2013, cioè quasi uno su cinque. Da allora ne
sono stati recuperati solo 240mila.
Nel momento
peggiore della crisi, la disoccupazione era arrivata alle stelle, raggiungendo
il 28 per cento nel 2013. Da allora è diminuita lentamente. Secondo la
Commissione europea dovrebbe restare, per quest’anno, ancora al di sopra del 20
per cento. Una parte significativa di questo calo è legata all’esodo dei
giovani invece che a un miglioramento della situazione del mercato del lavoro.
A causa
dell’austerità, la domanda interna in Grecia è diminuita di più del 30 per
cento e sta riprendendo lentamente solo in questi ultimi anni. È una
diminuzione quasi paragonabile a quella subita recentemente dall’economia in
Venezuela.
La spesa
pubblica è diminuita di più di un quarto. Si sta risollevando piano piano,
pagando le conseguenze di un arresto brutale nella manutenzione delle
infrastrutture, enormi problemi nel sistema sanitario e scolastico, e un
impoverimento considerevole dei (tanti) pensionati, rimasti nel paese in
mancanza di alternative.
Non si
capisce come potrà ripartire l’economia della Grecia viste tutte queste
difficoltà. La cosa peggiore è che questa pesante austerità, e in particolare
la diminuzione drastica della spesa pubblica, non è servita affatto a limitare
l’indebitamento del paese, nonostante l’annullamento parziale del debito nel
2012. Da allora, il debito pubblico è aumentato di 20 punti rispetto al
prodotto interno lordo (pil) e non è praticamente diminuito in questi anni.
Quando si
continua a tenere un paese intrappolato tra deflazione e recessione, quel paese
non può certo liberarsi dai debiti. E riguardo al futuro, nessuno crede davvero
che Atene riuscirà a rimborsare il suo debito. Si va di male in peggio.
Inoltre, i
redditi dei greci sono crollati, perdendo in media più del 10 per cento del
potere d’acquisto, nonostante contemporaneamente siano calati anche i prezzi.
Al
contrario, nonostante la crisi, gli altri europei hanno guadagnato più del 10
per cento in termini di potere d’acquisto medio, il che ha creato nuovi divari
all’interno della zona euro.
I salari
reali dei greci sono diminuiti in media di più di 15 punti percentuali e
continuano, al momento, a diminuire.
La politica
di austerità imposta dalla troika aveva aumentato le disuguaglianze, già
evidenti tra il 2010 e il 2012. Dall’arrivo al potere di Syriza nel 2015 queste
disuguaglianze sono state lievemente limitate, grazie alle misure di equità
fiscale ottenute dal governo greco dopo lunghi negoziati con la troika.
Detto
questo, però, non possiamo negare che la situazione continua ad essere molto
complessa. Interessante anche quanto ha detto recentemente Dijsselbloem:
La Grecia
avrebbe dovuto baciarsi i gomiti per gli aiuti concessi dalle autorità europee
e tenere la bocca chiusa anziché ribellarsi per il trattamento riservatole. È
quanto dichiarato dall’ex capo dell’Eurogruppo. Dopo anni di spese allegre,
violazione delle regole, evasione fiscale e corruzione il debito pubblico ha
raggiunto livelli insostenibili e – complice l’aggravarsi della crisi subprime
prima e quella del debito sovrano dopo – Atene è stata costretta a chiedere tre
pacchetti di salvataggio dalla troika.
In cambio
Commissione Ue, Bce e FMI hanno chiesto l’adozione di misure di rigore e
austerity volte a fare tornare i conti pubblici in carreggiata. Le manovre di
lacrime e sangue così imposte hanno però come prevedibile provocato una fuga di
aziende e cervelli, una disoccupazione giovanile da terzo mondo,
l’impoverimento di milioni di cittadini e la svendita dei gioielli nazionali.
(Source)
Avete letto
bene: “baciarsi i gomiti”. Hanno raso al suolo il paese che dovevano ancora
essere riveriti. Bene, cari amici, ci serva da lezione. In questi otto anni di
austerità ad Atene, abbiamo assistito alla morte della “classe media”, o se
preferite la media borghesia greca, che ha dovuto fare i conti con stipendi e
pensioni dimezzati, welfare ridotto e prezzi che comunque sono saliti. Le
famiglie che vivono in estrema povertà sono il 21% (dati Eurostat), ovvero il
doppio del 2010. L’importo delle pensioni – tagliate 13 volte – è calato in
media del 14% e a inizio 2019 è prevista un’altra sforbiciata. Il settore
pubblico ha perso 200mila posti di lavoro in otto anni. Nel 2017 ben 133mila
persone (+333%) hanno rinunciato all’eredità perché non avevano i soldi per
pagare le tasse. “Le tasse hanno raggiunto un livello assolutamente
insostenibile, per questo moltissimi chiudono qui e riaprono in Bulgaria, dove
la tassazione e al 15%.
Fare l’
imprenditore in Grecia adesso è diventato troppo difficoltoso”. (Source) Ve lo ripeto, tutto questo ci serva da monito
proprio per fare il possibile che la Troika non venga ad insediarsi a Roma. E
con il nostro comportamento, oggi, non stiamo facendo altro che preparargli la
strada.
Crisi GRECIA spiegata con 10 grafici:
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου