Prima indagine sul lungo Grand Tour dello scopritore di
Troia
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(di Margherita Nanetti) (ANSA) - ROMA, 16 SET - MASSIMO
CULTRARO, L'ULTIMO SOGNO DELLO SCOPRITORE DI TROIA (EDIZ. STORIA E STUDI
SOCIALI, 220 PP, 16 EURO) Piu' di trenta anni - dal 1958 al 1890 - e' durato il
vivace rapporto senza tregua di passione e 'repulsione' dell'archeologo tedesco
Heinrich Schliemann con l'Italia.
Dal suo primo arrivo nella Roma papalina lercia e decadente, fino alla morte del finanziere cosmopolita e commerciante di successo su vasta scale e vari generi, dall'indaco alle armi, avvenuta a Napoli nel pomeriggio del 26 dicembre di 32 anni dopo, mentre era convalescente per l'asportazione di un tumore all'orecchio e attendeva di imbarcarsi per la Grecia dalla sua seconda e amatissima moglie, Sofia Engastromenos. Sara' lei a diffondere la biografia del marito facendone un best seller mondiale, tradotto in molte lingue, e ristampato ancora oggi, affidandone la stesura a Emil Cohn, rodato scrittore di vite altrui.
Questo lungo
periodo di alti e bassi tra il nostro Paese e l'uomo che scoprì il sito di
Troia e divenne una leggenda, e' indagato, per la prima volta con ampiezza e
occhio critico da Massimo Cultraro, professore di Paletnologia e Preistoria
Egea all'Universita' di Palermo, primo ricercatore del Cnr a Catania che in
tanti viaggi, da Atene al Giappone, ha arricchito il bagaglio di tasselli
preziosi. 'L'ultimo sogno dello scopritore di Troia' e' il volume nato da
questa ricerca, appena pubblicato dalle 'Edizioni di storia e studi sociali' di
Ragusa e presentato a Roma nella libreria 'Fahrenheit'.
Dall'Emilia,
alla Sicilia con i tanti scavi a Mozia, Taormina e Segesta, per ricordarne solo
alcuni, fino alla etrusca Populonia, e alle vulcaniche pendici laziali, alla
ricerca nelle vigne di Albano della mitica Alba Longa narrata da Virgilio, e'
senza sosta la caccia di Schliemann all' approdo italico degli esuli micenei,
'fantasmi' scampati al crollo delle mura iliache e dispersi nella diaspora
attraverso il Mediterraneo.
"Il suo
viaggio si intreccia con la storia l'Italia - scrive Cultraro - passando dagli
stati pre-unitari alla nuova realtà istituzionale unificata; da acuto
osservatore, Schliemann fotografa ed esamina un paese in forte trasformazione,
dominato da profonde contraddizioni e da alcuni malesseri che, agli occhi del viaggiatore
tedesco, apparivano endemici e, pertanto, incurabili". Notevole la mole di
materiali e documenti esaminati: ogni giorno Schliemann scriveva almeno venti
lettere di cui teneva copia con una speciale carta da ricalco.
Nell'archivio
ateniese che porta il suo nome, e che fu regalato allo stato greco da Ifigenia
e Agamennone, i figli avuti da Sofia, l'ultimo censimento del 2015 conta 60mila
lettere da lui inviate e 34mila ricevute dai suoi mittenti. Lo studioso, ci
ricorda Cultraro, scriveva nelle lingue dei paesi nei quali soggiornava per
affari e scavi. I 18 diari di viaggio di Schliemann, scritti dal 1846 al 1890,
mutano lingua di continuo e parlano francese, italiano, greco moderno, inglese,
tedesco, spagnolo, russo, arabo, turco e persino olandese. Le lingue antiche le
aveva già studiate adolescente, sotto la severa guida del padre pastore
protestante. Un corredo di fotografie di Schliemann e della sua epoca, e delle
antichità sommerse che riportò alla luce, arricchiscono questo libro snello e agile
anche grazie a un indice dei luoghi e delle fonti.(ANSA).
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