Παρασκευή 2 Ιουνίου 2017

Kalymnos, arrampicata e barca a vela in Grecia

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Una settimana in barca a vela e arrampicata a Kalymnos, la splendida isola nel mar Egeo in Grecia. Di Paolo Falco e Carlo Gabasio.

Carlo e io siamo nati nel 1958 e siamo giunti ad una età in cui cerchiamo di organizzare viaggi che soddisfino la nostra ricerca edonistica più che quella competitiva. Mettendo insieme i nostri purtroppo ampi bagagli di esperienza, è nato senza quasi dovere pensarci il progetto di fare una settimana di barca a vela e arrampicata a Kalymnos. Carlo l’aveva già visitata più volte alla ricerca delle falesie più remote, io mi ero rifugiato una paio di volte per mettermi al riparo da burrasche una volta del Meltemi e una volta di quelle della vita. Entrambi ci siamo innamorati dell’accoglienza schietta e cortese dei "Kalimnioti" e ci siamo ripromessi di tornare ancora ed ancora anche se per la sua attività, Kalymnos resta il Centro della Grecia Arrampicatoria. Così tra una birra ed un hamburger una sera di autunno, mentre a Biella pioveva e i primi freddi ci facevano sentire voglia di fuggire, abbiamo amalgamato le nostre esperienze, corde statiche e corde dinamiche dovevano cominciare a lavorare insieme. Kalymnos sarebbe stata la prima meta, la più facile da realizzare.

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Vathi

Sei mesi dopo Carlo è al timone di una barca a vela affittata a Kos che ripassa le poche elementari regole che governano il veleggiare, accompagnati dagli amici che si sono fidati di noi per scoprire le gioie e i dolori del calcare e del vento contrario. Il nostro piano è di cambiare ancoraggio ogni notte per avvicinarci con la barca alle falesie più interessanti e facilmente accessibili dal mare. Mentre un climber deve solo rendere conto alla severità dei gradi della falesia, un climber-velista deve anche tener conto della direzione e intensità del vento per non ritrovarsi la barca direttamente all’attacco della via. La conformazione dell’isola permette con una certa flessibilità di soddisfare entrambe le esigenze e siamo riusciti a portare il sorriso sul viso dei climbers e dei velisti che in questa particolare occasione erano le stesse persone…

Concordate le due visioni, la giornata prevede una colazione all’alba, alcune ore di vela per raggiungere la baia successiva, spuntino greco a bordo per pranzo, discesa a terra col gommone, breve avvicinamento e pomeriggio in parete, ritorno in barca, mangiata in una taverna selezionata da più di dieci anni di cene incuranti dei rischi collegati al colesterolo. La barca agisce da rifugio alpino ai piedi della via, una casetta che si può spostare giorno dopo giorno dove più conviene col suo carico di confort e fascino di avventura. In alternativa alla Grecia fatta di musica e movida, le nostre serate sono un concentrato di pace e isolamento. Nel leggero sciabordio delle onde che lambiscono la spiaggia, le nostre voci si scambiano informazioni sulle costellazioni e sulle varie qualità di Whiskey da provare, le serate dopo cena sono un graduale allontanamento dal dinamismo della giornata e gradualmente uno per uno ci rintaniamo nella nostra cuccetta già con un piede nell’oblio. Per chi non ha mai avuto occasione di passare la notte alla fonda in una baia isolata, un esperienza difficile da descrivere a parole.

Al mattino occorre farsi violenza per strapparsi dal sonno indotto dal naturale dondolio della barca, l’odore della moka (prioritariamente imbarcata in aereo con i rinvii) può aiutare, e la luce tersa delle mitiche albe greche fa il resto. Le incombenze legate al navigare e all’arrampicata riempiono la giornata totalmente e superato il primo sbigottimento da eccesso di input, la settimana diventa veramente troppo corta.

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Masouri

Carlo è all’inizio del tiro, osserva la parete per valutare la difficoltà della via, prepara un numero di rinvii sufficiente per salirlo e con un movimento automatico delle mani si lega alla corda. Il susseguirsi degli equilibri collega la linea ideale di salita, il ritmico gesto del moschettonaggio scandisce la progressione fino al momento di farsi calare. La concentrazione per la salita finisce e da qui a terra sei nelle mani del tuo compagno di cordata.

Paolo sta per lasciare l’ormeggio, uno sguardo alla bandiera che indica il vento e uno alla rotta che dovrà seguire, per valutare quanta vela sarà necessaria e lascia la cima di ormeggio. Le operazioni di routine per issare le vele e prendere il vento sono quasi automatiche. Una volta che la barca comincia a muoversi, quasi inconsciamente asseconda il movimento delle onde unendo un’infinità di punti che formano la rotta. Un amico in perfetta sintonia regola le vele per sfruttare al massimo il vento.

Non sappiamo se i nostri compagni d’avventura hanno veramente afferrato cosa separa una corda statica da una corda dinamica, ma si sono tutti proposti di tornare con la scusa delle corde per godere appieno dell’esperienza imperdibile di navigare e arrampicare nello stesso tempo.

Info: www.mountainsailing.com

Il video qui:

Le foto qui:


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