Una settimana in
barca a vela e arrampicata a Kalymnos, la splendida isola nel mar Egeo in
Grecia. Di Paolo Falco e Carlo Gabasio.
Carlo e io siamo
nati nel 1958 e siamo giunti ad una età in cui cerchiamo di organizzare viaggi
che soddisfino la nostra ricerca edonistica più che quella competitiva.
Mettendo insieme i nostri purtroppo ampi bagagli di esperienza, è nato senza
quasi dovere pensarci il progetto di fare una settimana di barca a vela e
arrampicata a Kalymnos. Carlo l’aveva già visitata più volte alla ricerca delle
falesie più remote, io mi ero rifugiato una paio di volte per mettermi al
riparo da burrasche una volta del Meltemi e una volta di quelle della vita.
Entrambi ci siamo innamorati dell’accoglienza schietta e cortese dei
"Kalimnioti" e ci siamo ripromessi di tornare ancora ed ancora anche
se per la sua attività, Kalymnos resta il Centro della Grecia Arrampicatoria.
Così tra una birra ed un hamburger una sera di autunno, mentre a Biella pioveva
e i primi freddi ci facevano sentire voglia di fuggire, abbiamo amalgamato le
nostre esperienze, corde statiche e corde dinamiche dovevano cominciare a
lavorare insieme. Kalymnos sarebbe stata la prima meta, la più facile da
realizzare.
Vathi
Sei mesi dopo
Carlo è al timone di una barca a vela affittata a Kos che ripassa le poche
elementari regole che governano il veleggiare, accompagnati dagli amici che si
sono fidati di noi per scoprire le gioie e i dolori del calcare e del vento
contrario. Il nostro piano è di cambiare ancoraggio ogni notte per avvicinarci
con la barca alle falesie più interessanti e facilmente accessibili dal mare.
Mentre un climber deve solo rendere conto alla severità dei gradi della
falesia, un climber-velista deve anche tener conto della direzione e intensità
del vento per non ritrovarsi la barca direttamente all’attacco della via. La
conformazione dell’isola permette con una certa flessibilità di soddisfare
entrambe le esigenze e siamo riusciti a portare il sorriso sul viso dei
climbers e dei velisti che in questa particolare occasione erano le stesse
persone…
Concordate le due
visioni, la giornata prevede una colazione all’alba, alcune ore di vela per
raggiungere la baia successiva, spuntino greco a bordo per pranzo, discesa a
terra col gommone, breve avvicinamento e pomeriggio in parete, ritorno in
barca, mangiata in una taverna selezionata da più di dieci anni di cene
incuranti dei rischi collegati al colesterolo. La barca agisce da rifugio
alpino ai piedi della via, una casetta che si può spostare giorno dopo giorno
dove più conviene col suo carico di confort e fascino di avventura. In
alternativa alla Grecia fatta di musica e movida, le nostre serate sono un
concentrato di pace e isolamento. Nel leggero sciabordio delle onde che
lambiscono la spiaggia, le nostre voci si scambiano informazioni sulle
costellazioni e sulle varie qualità di Whiskey da provare, le serate dopo cena
sono un graduale allontanamento dal dinamismo della giornata e gradualmente uno
per uno ci rintaniamo nella nostra cuccetta già con un piede nell’oblio. Per chi
non ha mai avuto occasione di passare la notte alla fonda in una baia isolata,
un esperienza difficile da descrivere a parole.
Al mattino
occorre farsi violenza per strapparsi dal sonno indotto dal naturale dondolio
della barca, l’odore della moka (prioritariamente imbarcata in aereo con i
rinvii) può aiutare, e la luce tersa delle mitiche albe greche fa il resto. Le
incombenze legate al navigare e all’arrampicata riempiono la giornata
totalmente e superato il primo sbigottimento da eccesso di input, la settimana
diventa veramente troppo corta.
Masouri
Carlo è
all’inizio del tiro, osserva la parete per valutare la difficoltà della via,
prepara un numero di rinvii sufficiente per salirlo e con un movimento
automatico delle mani si lega alla corda. Il susseguirsi degli equilibri
collega la linea ideale di salita, il ritmico gesto del moschettonaggio
scandisce la progressione fino al momento di farsi calare. La concentrazione
per la salita finisce e da qui a terra sei nelle mani del tuo compagno di
cordata.
Paolo sta per
lasciare l’ormeggio, uno sguardo alla bandiera che indica il vento e uno alla
rotta che dovrà seguire, per valutare quanta vela sarà necessaria e lascia la
cima di ormeggio. Le operazioni di routine per issare le vele e prendere il
vento sono quasi automatiche. Una volta che la barca comincia a muoversi, quasi
inconsciamente asseconda il movimento delle onde unendo un’infinità di punti
che formano la rotta. Un amico in perfetta sintonia regola le vele per
sfruttare al massimo il vento.
Non sappiamo se i
nostri compagni d’avventura hanno veramente afferrato cosa separa una corda
statica da una corda dinamica, ma si sono tutti proposti di tornare con la
scusa delle corde per godere appieno dell’esperienza imperdibile di navigare e
arrampicare nello stesso tempo.
Info:
www.mountainsailing.com
Il video qui:
Le foto qui:
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