Il neopremier macedone Zoran Zaev
mette l'integrazione euro-atlantica in cima alle sue priorità. Per rianimarla,
rilancia il dialogo con la Grecia sull'annosa e irrisolta questione del nome.
Francesco Martino
Dopo aver chiuso una lunga e violenta
fase di instabilità politica con l'entrata in carica del nuovo governo, guidato
dal socialdemocratico Zoran Zaev, la Macedonia tenta di rilanciare il proprio
percorso di integrazione euro-atlantica.
Ieri, nella sua prima visita
all'estero, il nuovo ministro degli esteri Nikola Dimitrov si è recato ad Atene
per discutere col suo omologo greco Nikos Kotsias possibili soluzioni
all'annosa questione del nome, che ha portato al boicottaggio greco delle
ambizioni di Skopje di entrare a far parte di Unione europea e Nato.
Fin dalla dissoluzione della
Jugoslavia, la Grecia rifiuta il nome “Macedonia” ritenuto una potenziale
rivendicazione territoriale verso la sua regione settentrionale che porta lo
stesso nome, ed accusa Skopje di appropriazione indebita di simboli ed eredità
storica che considera suo appannaggio esclusivo. Su queste basi, negli anni
scorsi Atene ha bloccato l'ingresso della Macedonia nell'Ue, nonostante Skopje
abbia ottenuto lo status di candidato ufficiale fin dal 2005, per poi
boicottare il suo ingresso nella Nato nel 2008.
Dialogo Skopje-Atene
L'incontro di ieri tra Dimitrov e
Kotsias, segnato da toni estremamente amichevoli, sembra però delineare un
clima nuovo, che potrebbe facilitare un compromesso tra le parti.
Il vertice era stato preceduto
dall'annuncio di Zaev di voler mettere fine alla controversa politica di
“antichizzazione” della Macedonia voluta da Gruevski, incentrata sul progetto
“Skopje 2014”, e segnata dall'erezione di statue a personaggi storici come
Alessandro Magno (a cui sono stati “dedicati” anche l'aeroporto di Skopje e la
principale autostrada del paese), tutte iniziative che hanno sollevato reazioni
furibonde da parte greca.
Nella conferenza stampa seguita
all'incontro, Dimitrov ha dichiarato che “è nell'interesse greco che [la
Macedonia] sia una democrazia di stampo europeo, che entri nell'Alleanza
atlantica e dia inizio ai negoziati per l'adesione all'Ue”.
Kotsias ha replicato: “Vogliamo
che la FYROM (Ex-repubblica jugoslava di Macedonia) [il nome provvisorio con cui
la Macedonia è stata ammessa alle Nazioni unite nel 1991, ndr] diventi parte di
Nato e Unione europea, ma questo non può accadere senza un compromesso sulla
questione del nome.”
Secondo voci di corridoio, la
Grecia potrebbe consentire a Skopje di iniziare le trattative per l'ingresso
nella Nato sotto il nome provvisorio di FYROM. Prima che l'adesione venga
formalizzata, i due paesi si impegnerebbero però a trovare una soluzione
definitiva, che potrebbe significare un cambiamento del nome costituzionale
della Macedonia.
Nuova atmosfera
Nel rilanciare le proprie
ambizioni euro-atlantiche, il nuovo premier Zaev può contare su un'atmosfera
nuova. Sia l'Ue che gli Stati Uniti non hanno nascosto il proprio sostegno al
leader socialdemocratico nella lunga e difficile fase di scontro frontale con
l'ex premier di centro-destra Nikola Gruevski, partita con lo “scandalo
intercettazioni” e terminata da poche settimane con la formazione del nuovo
governo.
Un percorso estremamente difficile
e segnato dallo scontro violento tra (ex)maggioranza e opposizione, passato
attraverso la firma degli “accordi di Pržino”, la creazione di una procura
speciale incaricata di indagare i presunti abusi del governo Gruevski, elezioni
anticipate annunciate e rimandate due volte.
La tensione ha raggiunto l'apice
dopo le consultazioni dello scorso 11 dicembre, segnate da un risultato
interlocutorio, e sfociate infine nella creazione di un governo Zaev, non prima
che il nuovo premier venisse aggredito e picchiato nel parlamento di Skopje.
La partita geopolitica
L'appoggio di UE e USA non è privo
di considerazioni squisitamente geopolitiche. La nuova fase di instabilità
generale nei Balcani, di cui la Macedonia ha costituito negli ultimi anni il
focolaio più pericoloso – con uno scontro politico che ha rischiato più volte di
riaprire le tensioni etniche tra maggioranza macedone e minoranza albanese – ha
creato le condizioni per un nuovo attivismo della Russia di Putin nella
regione.
Nella partita macedone, Mosca ha
preso le parti di Gruevski, accusando Unione Europea e Stati Uniti di ingerenza
indebita negli affari della piccola repubblica ex-jugoslava.
La parola d'ordine della
“stabilità” ripetuta come un mantra dalle cancellerie occidentali, in Macedonia
passa attraverso l'integrazione euro-atlantica di Skopje: non sono quindi da
escludere rinnovate pressioni su Macedonia e Grecia per sbloccare la partita.
L'attivismo di Zaev
Non è quindi un caso che Zaev,
entrato in carica ad inizio giugno, abbia posto la riapertura dei capitoli Nato
e Unione europea in cima alla propria lista delle priorità. Lunedì 12 giugno,
il nuovo premier macedone si è recato in visita a Bruxelles, per incontrare i
vertici di Unione europea ed Alleanza atlantica.
“Sotto il nome FYROM possiamo
diventare membri della Nato”, ha affermato Zaev in una conferenza stampa tenuta
insieme al segretario generale dell'alleanza, il norvegese Jens Stoltenberg.
Lo stesso Stoltenberg ha ribadito
che la soluzione della questione del nome deve arrivare attraverso un negoziato
bilaterale, salutando però “i chiari segnali del nuovo governo [macedone] di
voler intensificare il dialogo con la Grecia”. Parole incoraggianti sono
arrivate anche da Johannes Hahn, Commissario Ue per i negoziati
all'Allargamento.
Nei giorni scorsi, Zaev ha
annunciato anche una sua prossima visita nella vicina Bulgaria, che dovrebbe
avvenire entro la fine del mese. Seppur meno visibili a livello internazionale
di quelli con la Grecia, anche i rapporti di Skopje e Sofia sono infatti
segnati da problemi ancora irrisolti, che hanno ancora a che fare con l'eredità
storica, condivisa e combattuta tra i due paesi vicini.
Sofia ha a lungo considerato la
Macedonia e i macedoni come parte della nazione bulgara, e pur avendo
riconosciuto il paese nel 1991, non riconosce l'esistenza di un popolo e di una
lingua macedone.
Poco prima del suo ingresso
nell'UE nel 2007 Sofia, per bocca dell'allora ministro degli Esteri Ivaylo
Kalfin, aveva sottolineato di non essere pronta ad appoggiare
incondizionatamente l'adesione macedone vista "l'aggressione contro la nazione
e la storia bulgara da parte di Skopje". Una posizione mai ufficialmente
rivista e che sarà con tutta probabilità al centro dei colloqui tra Zaev e il
premier bulgaro Boyko Borisov.
Foto: Zoran Zaev e Johannes Hahn
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