« Per i Greci l'esistenza si rispecchia negli dèi. »
(Bruno Snell, La cultura greca e le origini del pensiero greco, Einaudi, Torino 2002, p. 67)
Apollo Sauroktόnos (Σαυροκτόνος), copia romana dell'originale di Prassitele (IV secolo a.C.) (Museo del Louvre)
Per
religione dell'antica Grecia, si intende l'insieme di credenze, miti, rituali,
culti misterici, teologie e pratiche teurgiche e spirituali professate nella
Grecia antica, sotto forma di religione pubblica, filosofica o iniziatica.
01/03/2018
Le origini della religione greca vanno individuate nella preistoria dei primi popoli abitanti l'Europa, nelle credenze e nelle tradizioni di differenti popoli indoeuropei che, a partire dal XXVI secolo a.C., migrarono in quelle regioni, nelle civiltà minoica e micenea e nelle influenze delle civiltà del Vicino Oriente antico occorse lungo i secoli.
La
"religione greca" cessò di essere con gli editti promulgati
dall'imperatore romano di fede cristiana Teodosio I, il quale proibì tutti i culti
non cristiani, ivi compresi i misteri eleusini, e con le devastazioni operate
dai Goti lungo il IV e il V secolo d.C.
Premessa
Ermes
Ludovisi (Museo Nazionale Romano). Ermes è il messaggero degli dei, dio
dell'eloquenza, nonché psicopompo ovvero guida delle anime dei morti.
L'espressione
"religione greca" è di conio moderno. Gli antichi Greci non
possedevano un termine per ciò che il termine moderno "religione"
intende indicare in modo peraltro problematico.
Il termine
che nella lingua greca moderna indica la "religione" è θρησκεία (threskèia).
Tale termine è collegato a θρησκός (threskòs; "pio", "timoroso
di Dio"). Quindi anche se nella cultura religiosa greco-antica non
esisteva un termine che riassumesse quello che noi intendiamo oggi per
"religione”, threskèia possedeva
tuttavia un ruolo e un significato precisi: indicava la modalità formale con
cui andava celebrato il culto a favore degli dèi.
Scopo del
culto religioso greco era infatti quello di mantenere la concordia con gli dèi:
non celebrare loro il culto significava provocarne l'ira, da qui il
"timore della divinità" (θρησκός) che lo stesso culto provocava in
quanto connesso con la dimensione del sacro.
Mario
Vegetti accosta al termine moderno di "religione" quello greco antico
di eusebeia (εὐσέβεια) ovvero la cura nei confronti degli dèi.
Se quindi il
termine "religione" non appartiene, neppure etimologicamente, alla
lingua greca antica, anche il termine "greco" era del tutto
sconosciuto agli antichi Greci. Il termine "greco" origina infatti
dal latino Graecu(m), a sua volta dall'etnico Graikoi che, originariamente,
indicava solo una popolazione di stirpe eolica, proveniente da Tanagra e
dall'isola di Eubea, che colonizzò il Mediterraneo occidentale fondando, in
particolare, la città di Cuma. Furono i Romani ad estendere il termine Graikoi,
da loro reso come Graecu(m), per menzionare tutti i popoli "Greci"
originariamente appellati per lo più come Elleni (Ἕλληνες, Héllēnes).
Ciò
premesso, è indubitabile in questa civiltà il ruolo fondamentale ricoperto
dall'esperienza religiosa:
« La religione, ha scritto Burckhardt, non era per i greci «al di sopra o
accanto alla pólis, perché culto e vita» erano «una sola cosa». O erano
quantomeno strettissimamente intrecciati. Ogni pasto, ogni simposio, ogni battaglia
cominciava con un sacrificio; ogni assemblea popolare con una preghiera. Gli
argomenti di natura religiosa erano in cima all’ordine del giorno. Le
sottosezioni della cittadinanza si incontravano attorno agli altari,
celebravano i loro culti e poi, per esempio, accoglievano i neonati nelle loro
file, offrivano sacrifici e mangiavano solennemente le carni degli animali
sacrificati. La volontà degli dèi era accuratamente sondata dai veggenti.
Uomini e donne, padri di famiglia e dignitari della comunità non perdevano
d’occhio gli dèi e si adoperavano per renderseli benevoli, sia quando c’era una
ragione particolare per farlo, sia perché così voleva la regola. »
(Christian
Meier. Cultura, libertà e democrazia. Alle origini dell’Europa, l’antica
Grecia. Milano, Garzanti, 2009, p. 144)
Qualsivoglia
aspetto della vita dell'uomo greco aveva sempre e comunque una valenza
religiosa, per questo in quella cultura non esisteva un termine per indicare la
"religione", ovvero una chiara distinzione dell'ambito "sacro"
da quello "profano", nozione, la "religione" che nella sua
accezione comune e "moderna" non esiste prima del XVIII secolo.
La religione greca come mito, culto e rappresentazione
Seppure
nozione dibattuta, la religione, in generale, si esprime per mezzo di racconti,
rappresentazioni artistiche, culti.
La religione
greca è comunemente conosciuta soprattutto per mezzo dei miti che ne compongono
la mitologia. Fin dall'avvio del suo studio nel corso del Rinascimento,
infatti, e per tutto il XIX secolo, la religione greca è stata considerata essenzialmente
come mitologia.
Nel corso
della prima metà del XX secolo questo paradigma è entrato in crisi: autori come
André-Jean Festugière hanno considerato lo studio della mitologia greca come
fuorviante ai fini di una conoscenza della effettiva religione che andava
conosciuta per mezzo dei riti.
Le ragioni
di questa crisi sono molteplici e vanno dalla personale impostazione degli
studiosi al fatto che «il progresso degli studi classici, lo sviluppo in
particolare, dell'archeologia e dell'epigrafia, hanno aperto agli antichisti, a
fianco del campo mitologico, nuovi campi di ricerca che hanno indotto a mettere
in causa, talvolta per modificarlo piuttosto in profondità, il quadro della
religione greca offerto dalla sola tradizione letteraria».
Dalla
seconda metà del XX secolo, vi è una riconsiderazione complessiva dello studio
della religione greca: «Il mito gioca la sua parte in questo insieme allo
stesso titolo delle pratiche rituali e dei fatti di figurazione del divino:
mito, rito, rappresentazione figurata, tali sono i tre momenti di espressione -
verbale, gestuale, figurata - attraverso cui si manifesta l'esperienza
religiosa dei Greci, ciascuno costituendo un linguaggio specifico che, fino
nella sua associazione agli altri due, risponde a bisogni particolari e assume
una funzione autonoma.».
Foto: Apollo
Sauroktόnos (Σαυροκτόνος), copia romana dell'originale di Prassitele (IV secolo
a.C.) (Museo del Louvre). Il dio Apollo è stato indicato come il dio greco per
eccellenza, questo sia per la larga diffusione del suo culto, sia per la
diffusione di nomi teoforici indicanti il dio, sia per la numerosità di città
coloniali a lui dedicate con il nome "Apollonia", sia per l'ideale
del koûros (κόρος, "giovane"), che gli appartiene e dà il "suo
carattere peculiare alla cultura greca nel suo complesso".
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