Un bambino alla sfilata per l'anniversario dell'indipendenza delle Grecia. Aris Messinis/AFP/Getty Images
A sette anni
dalla grande paura nessuno parla più della situazione greca. I conti economici
sono effettivamente migliorati ma quale prezzo ha dovuto pagare la popolazione?
Dal 2011,
anno spartiacque della storia economica moderna greca, i conti economici del
Paese non sono mai stati così incoraggianti e permettono alla Grecia di
guardare al prossimo 20 agosto – data di interruzione del piano di aiuti
europeo – con occhio ottimista.
L’avanzo nei
primi nove mesi del 2017 è stato del 2,2% superiore all’1.75% imposto dall’Ue.
Il Pil, cresciuto dell’1,9% nel 2017, si prevede toccherà il 2,5% nel 2018.
La realtà
pratica, da distinguere da quella fredda dei soli numeri, vede un’economia in
espansione rispetto agli ultimi anni. Aumentate le esportazioni, in particolar
modo la produzione e la vendita estera di liquori, si nota anche una crescita
della produzione industriale interna, con vendita al dettaglio e di automobili
a trainare la crescita economica del paese. Senza dimenticare un caposaldo
degli ultimi anni (anche in momenti di forte contrazione economica): il
turismo, che nel 2017 ha fatto registrare un ulteriore incremento del 17% rispetto
all’anno precedente.
Ma dietro
alla visione economica incoraggiante, anche in prospettiva del termine europeo,
si cela una realtà tragica.
Rispetto
all’anno precedente alla grande crisi, il potere d’acquisto della popolazione
greca è calato di circa il 29%, una concausa dovuta a differenti fattori,
riconducibili ad una maggiore tassazione sui redditi medi, tagli alle pensioni
superiori ai 3.000 euro e una disoccupazione che ha toccato livelli più elevati
di quelli raggiunti nel 2011, che variano dal 23% dei lavoratori adulti al 40%
dei giovani.
Il 22,2%
della popolazione greca ha vere e proprie difficoltà a soddisfare i bisogni di
prima necessità: pagamento delle bollette, del riscaldamento o del mutuo si
sono trasformati in vere e proprie sfide. Questa situazione ha condotto
moltissime famiglie ad aggrapparsi ad un reddito monoparentale, per esempio la
pensione di un prossimo.
Per i greci
dunque da qui fino ad agosto la situazione molto probabilmente non migliorerà.
Sono stati già impostati ulteriori tagli alle pensioni e ingenti aumenti alle
tasse che colpiranno, ancora, il ceto medio.
È innegabile
che Tsipras abbia rispettato perfettamente quanto impostato all’inizio del
percorso di risanamento economico del paese, “sgarrando” solo a fine 2016
quando ha distribuito un “premio” ai pensionati. Anche la sinistra radicale ha
dovuto cedere a queste misure di austerity, nonostante all’inizio si sia
opposta, affermando la volontà di mettere in atto pratiche più graduali di
rientro dal deficit economico.
Per
riassumere, è un periodo cruciale per la crescita economica greca. Questa passa
da alcuni punti estremamente confortanti come il rendimento dei titoli di
Stato, tornato nella media europea, e la prossima raccolta di fondi attraverso
il mercato (l’emissione di nuovi titoli di Stato che sembra possano andare a
buon fine) ad altri più preoccupanti, come la stagnazione del sistema
borsistico nazionale, che potrebbe essere soggetto a speculazioni e le prossime
elezioni del 2019.
È chiaro che
la grande sconfitta di tutta questa situazione sia la popolazione. Difficile
immaginare quali saranno i risultati elettorali nel 2019. Scenari sociali di
questo genere creano facilmente forme di imprevedibilità difficili gestire. La
nascita e l’appeal elettorale di partiti populisti ed estremisti è sempre molto
probabile in situazioni paragonabili, e la storia recente di gran parte
dell’Europa ne ha dato dimostrazione.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου