Gli schiavi
nell’antica Grecia. Riassunto di Storia per conoscere e memorizzare rapidamente
La schiavitù
è stato un istituto pressoché onnipresente in tutte le società antiche. Si deve
al filosofo greco Aristotele (III secolo a.C.), nella sua opera intitolata
Politica (libro I), la formulazione di uno degli argomenti più riportati per
sostenerne la legittimità: alcuni uomini sono schiavi «per natura», per
connotazioni fisiche o per appartenenza a una determinata etnia. In questo modo
Aristotele forniva la giustificazione della schiavitù su base razziale e il suo
parere sarebbe stato ancora citato fino all’Ottocento.
31/03/2018
Nella
società pre-arcaica descritta dai poemi omerici (Iliade e Odissea) gli schiavi
erano in numero ridotto, vivevano nella casa del re e dei nobili, proprietari
terrieri, dai quali erano adibiti alla cura delle greggi e, specialmente le
donne, ai servizi e ai lavori domestici. Inseriti nella famiglia e vicini al
padrone, avevano condizioni di vita tollerabili.
Nell’età
seguente, fino ai secc. VII-VI a.C., l’impiego degli schiavi in Grecia rimase
entro termini modesti: pochi nelle campagne, più numerosi nei centri abitati e
prevalenti nelle miniere.
Nei secc. V
e IV a.C. col progresso dell’industria e del commercio il numero degli schiavi
crebbe rapidamente, fino a un terzo della popolazione totale. Essi erano
distinti in più categorie: schiavi pubblici, cioè appartenenti allo Stato;
schiavi privati, che stavano in casa col padrone; schiavi dei templi.
Il lavoro
degli schiavi nell’antica Grecia era impiegato in ogni settore dell’attività
economica (possiamo, infatti, parlare di un’economia di schiavitù),
dall’agricoltura allo sfruttamento durissimo nelle miniere (per gli schiavi di
Stato), all’amministrazione delle sostanze e delle attività del padrone,
all’impiego pubblico.
Singolare la
figura dello schiavo artigiano, che viveva in un proprio domicilio e
indipendente dal suo padrone, al quale pagava una percentuale sul reddtio del
suo lavoro (apophorá).
Nell’antica
Grecia si diventava schiavi in seguito a sconfitte militari, in quanto prede di
guerra, perché vittime di razzie piratesche, per l’impossibilità di ripagare un
debito, perché nati da nozze illigittime o non riconosciuti dal padre.
Il loro
prezzo variava da un minimo di 500 dramme per uno schiavo di scarse capacità a
un massimo di alcune migliaia di dramme per chi possedeva buone conoscenze
tecniche.
Il padrone
poteva dare lo schiavo in pegno, a noleggio come servitore, operaio o rematore
nella flotta, riscuotendone il soldo. Gli competeva il minimo di che vestirsi
e, in caso eccezionale, un modestissimo guadagno. Gli schiavi potevano avere
moglie e figli, ma questa famiglia non godeva di nessun riconoscimento
giuridico. Il padrone poteva smembrarla, separare l’uomo dalla donna, i
genitori dai figli, e venderli come desiderava.
Le
condizioni di vita degli schiavi nell’antica Grecia erano molto varie.
Terribile era la sorte che toccava a quelli (sia adulti sia bambini) che
lavoravano nelle miniere: la loro vita sottoposta a ritmi di lavoro
massacranti, in ambienti pericolosi e malsani, veniva consumata rapidamente.
Anche il lavoro nelle campagne, soprattutto in occasione dei grandi impegni
stagionali (semina, mietitura ecc.), poteva assumere ritmi massacranti. Era
forse migliore la situazione degli schiavi addetti ai servizi domestici:
solitamente il loro trattamento (cibo, vestiario, alloggio) era decoroso.
L’affrancamento,
cioè la liberazione dalla condizione schiavile, poteva essere comprata con i
risparmi accumulati oppure ottenuta dal padrone, in vita o alla sua morte,
quale ricompensa per i servizi prestati, ed eccezionalmente, dallo Stato per
aver combattuto nella flotta o nell’esercito.
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