È certo che
Tsipras, una volta “il negoziatore di ferro” [hard negotiator, ndt], si sia
trasformato sin dalla capitolazione dell’estate del 2015 nel figlio prediletto
di Bruxelles e Berlino. Ci sono due ragioni di base che provano questa
affermazione.
Kostas Kostopoulos*, 22 marzo 2018
Primo, il
governo di Syriza-Anel è riuscito – o ha deciso – di passare delle leggi che la
destra o i social-democratici, i partiti neoliberisti puri, non avevano nemmeno
sognato. La lista è fin troppo lunga, quindi ci limiteremo a presentare i punti
principali.
In primis ci
sono le privatizzazioni tramite il TAIPED (“Fondo di sviluppo azionario della
Repubblica greca”) dei settori centrali dell’economia greca e delle proprietà
statali, incluse le vendite in corso di EYDAP e EYATH (le aziende idriche
pubbliche di Atene e a Salonicco rispettivamente), l’aeroporto di Atene, la
DEPA (azienda del gas pubblica), la DEH (azienda pubblica di elettricità) e
ELPE (l’azienda pubblica del petrolio). Poi le tasse su svariati prodotti. Ad
esempio, la continuazione dell’ENFIA (la tassa per ogni casa). Il
sottofinanziamento dell’istruzione pubblica e la legge recente che apre la via
al finanziamento privato dell’università pubblica. L’attacco non si limita alla
riduzione del settore pubblico, ma è un vero e proprio attacco alla classe
lavoratrice e alla classe media. Solo negli ultimi mesi, a causa del Terzo
Memorandum firmato da Tsipras, Syriza ha approvato o è in procinto di approvare
svariate leggi fra cui, ad esempio, la legge “thatcheriana” di limitazione del
diritto di sciopero o l’abbassamento della soglia sotto la quale non si pagano
le tasse, fino ad arrivare al punto che migliaia di pensionati perderanno per
ogni anno l’ammontare di una mensilità.
Pertanto
dovrebbe essere ovvio che la retorica governativa secondo la quale la Grecia
uscirà dallo status di paese in bailout in agosto suoni del tutto ironica, e
serva solo gli interessi del governo per posporre le elezioni fino al 2019. Non
solo perche’ il peggioramento delle condizioni del popolo greco è stato
terribile, ma principalmente perche’ tutte le leggi che sono state approvate
non cambieranno e il monitoraggio [delle istituzioni internazionali, ndt]
continuerà. Il fatto che Syriza abbia acconsentito ad avere un surplus fiscale
del 3.5% per i prossimi decenni significa ancora austerità per i prossimi
decenni. La Grecia continuerà ad avere perso la propria sovranità e la propria
indipendenza. Gli ultimi scandali che riguardano la multinazionale Novartis e i
suoi rapporti coi politici di Nuova Democrazia o del Pasok non cambiano
comunque le responsabilità di Syriza.
Secondo, il
governo di Syriza-Anel è riuscito nel suo attacco alla classe lavoratrice e
alle classi medio-basse trovando una resistenza popolare minima. Quando il
“negoziatore di ferro” ha cambiato casacca, quando, dopo aver rassicurato che
avrebbe guidato il paese su una nuova strada, è divenuto il sostenitore della
teoria del TINA (There Is No Alternative – Non c’è alternativa), allora le
dimensioni del problema crescono esponenzialmente. Non è soltanto per le leggi
neoliberali di austerità che ha fatto passare, è per le conseguenze negative
sul morale delle persone, sulla fiducia che le cose possano cambiare.
La crisi
geopolitica e il figlio prediletto di Trump
In aggiunta
alla crisi economica e sociale menzionata in precedenza, negli ultimi 3 mesi si
sta sviluppando una potenziale crisi geopolitica. Sono riemersi rispettivamente
il problema con la Macedonia nel nord della Grecia e ad est il crescente
espansionismo della Turchia, al punto che non si può escludere un conflitto
militare. Le ragioni di questo sono la fretta, specie degli USA ma anche della
Germania, che la Macedonia divenga un membro della NATO e della UE. Dall’altra
parte, il premier turco Erdogan reclama una parte delle risorse energetiche che
(potenzialmente) esistono nel Mediterraneo sud-orientale, specialmente
nell’Egeo e a Cipro.
La strategia
di Syriza è quella di far diventare la Grecia una potenza di “stabilità” nella
regione, il che si traduce nel diventare il figlioccio degli USA e della NATO.
Accordarsi sulla soluzione del problema del nome FYROM/Macedonia, senza
menzionare nulla riguardo ai piani della NATO, serve pertanto i piani degli
Stati Uniti. Sul fronte orientale la Grecia è parte dell’asse, sostenuto dagli
USA, con Israele, Egitto e Cipro e spera
che la UE e la NATO si facciano avanti e “proteggano” la Grecia, una speranza
che non è solo superficiale, ma che provocherà perfino più destabilizzazione
nella regione.
Questa
strategia rafforza le voci nazionalistiche e di estrema destra e sta all’esatto
opposto di una strategia che preservi i confini attuali, a favore della pace e
contro i conflitti armati nella regione, che non prenda cioè parte fra forze
imperialiste ma sia invece contro la guerra e anti-imperialista.
Il problema
principale è che il fattore che potrebbe cambiare il corso degli eventi, ossia
un movimento popolare, è stato sconfitto nell’estate del 2015. Da allora vi
sono state solo poche e parziali lotte, di cui le più recenti sono la
mobilitazione contro la messa all’asta delle case e la mobilitazione degli
insegnati supplenti (a causa della mancanza delle assunzioni a tempo
indeterminato).
Se a questo
si aggiunge la posizione delle forze di sinistra, si può capire perché ci sia
un equilibrio particolare ed instabile. Il popolo greco ha visto scendere
drammaticamente i propri standard lavorativi e di vita senza che si intravedano
miglioramenti e con il recente ingresso del paese in un ciclo di
destabilizzazione geopolitica con possibili conflitti militari, non si vede una
forza politica che possa offrire una via di uscita.
Le
responsabilità del KKE in quanto maggiore forza politica a sinistra sono
enormi. Il KKE soggioga “i bisogni del movimento” agli “interessi del partito”.
Quando la crisi politica del 2013-2015 era al suo punto alto, si è limitato ad
avvertire del pericolo Syriza, senza però prendere un ruolo attivo per
fermarlo. Ora che il movimento è al suo punto basso, è di nuovo contro
qualsiasi iniziativa frontale che possa unire le forze e risollevare il morale
della gente. Allo stesso tempo le altre formazioni di sinistra – principalmente
Iniziativa Popolare e Antarsya – non riescono a porsi come una forza affidabile
per guidare le persone su un nuovo cammino. Unità Popolare continua a chiamare
Antarsya per un’alleanza dei movimenti sociali e ad un livello politico, ma
Antarsya continua a rifiutare un’alleanza con Unità Popolare. Riguadagnare la
fiducia delle persone dopo l’esperimento Syriza è difficile, ma è il compito
più importante e non si può raggiungerlo con operazioni mediatiche come quella
di Varoufakis. Pertanto, non è un’esagerazione dire che la sinistra sia andando
verso una fase di disintegrazione.
Nonostante
le difficoltà, è urgente costruire un movimento contro l’imperialismo e la
guerra che sia al contempo anti-governativo, come l’unico fattore che può
risolvere la tripla crisi a favore della classe lavoratrice della Grecia e dei
suoi paesi vicini.
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2018/03/22/102128-0102128
*membro
dell’organizzazione comunista Paremvasi
(Traduzione
a cura della Rete dei Comunisti)
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