«Una
sciocchezza la richiesta di impeachment per Mattarella». «Il mio partito sarà
alle elezioni con De Magistris». «Una crisi finanziaria è quel che Salvini
vuole veramente».
Aldo
Cazzullo, 30 maggio 2018
Varoufakis,
dove eravamo rimasti?
«Sono sempre
stato qui».
Perché si
dimise dopo la vittoria del No al referendum greco?
«Perché
proprio quella notte, quando gli parlai, Tsipras disse che era pronto a
rovesciare il sontuoso 62% di No in un Sì. Rimanere ministro delle Finanze
avrebbe significato approvare un paradosso: un governo che rovescia il popolo,
e non viceversa».
Sta dicendo
che Tsipras già aveva deciso di accettare un piano ancora più duro di quello
respinto dai greci?
«Certo. La
trojka non voleva politiche per la Grecia e per l’Europa. Voleva spezzare la
primavera greca e umiliare Tsipras per dare un segnale agli irlandesi, ai
portoghesi, agli spagnoli, agli italiani, financo ai francesi: ecco cosa vi
succede se non obbedite a Berlino e a Francoforte».
Come sono
ora i suoi rapporti con Tsipras?
«Inesistenti.
Non abbiamo nulla da dirci. Per continuare a fare quel che fa, ha bisogno di
raccontarsi una storia. E lui sa che io so che lui sa che è falsa».
Oggi la
Grecia è bloccata dallo sciopero generale. Come andranno le prossime elezioni?
«Tsipras e
la destra lottano per convincere il popolo che saranno i migliori nel
realizzare misure che ognuno è certo siano destinate a fallire. Per uscire
dalla grande depressione abbiamo messo in campo un nuovo partito, nel silenzio
di piombo dei media ufficiali».
Qual è il
suo progetto politico, Varoufakis?
«Trasformare
le Europee del maggio 2019 in una campagna transnazionale sia contro il tirare
a campare dell’establishment, sia contro le false promesse dei nazionalisti.
Per questo il nostro movimento Democrazia in Europa, DiEM25, con altre forze di
ogni Paese, presenterà una lista progressista internazionale,#European Spring».
La Primavera
europea. La lista Tsipras in Italia prese il 4%. Quanto può valere la lista
Varoufakis?
«Non ci sarà
una lista Varoufakis. I partiti personali hanno fatto il loro tempo. Io sono
soltanto il cofondatore del primo partito transnazionale, per uscire dal falso
dilemma tra Trojka ed Exit, pro Europa e anti Europa».
Chi sono i
suoi riferimenti in Italia? Cosa pensa di Liberi e uguali, il partito di
D’Alema e Vendola?
«Mettere il
vino vecchio in bottiglie nuove non farà rinascere gli spiriti del
progressismo. I militanti di DiEM25 Italia hanno tenuto assemblee in ogni
regione, abbiamo già 10 mila membri. A Napoli lavoriamo con de Magistris,
seguiamo con interesse quel che fa Pizzarotti a Parma. Lo sforzo è guidato da
Lorenzo Marsili».
E chi è?
«Un
trentenne romano, laureato in Filosofia a Londra, ben noto in Europa,
cofondatore di DiEM25».
Ci sarete
già alle elezioni anticipate italiane?
«Lo
annunceremo il 13 giugno a Milano».
Ci sarete o
no?
«Ci saremo».
Le dispiace
che — per ora — non sia nato il governo Lega-5 Stelle?
«Mi dispiace
che Mattarella avesse accettato come ministro degli Interni un misantropo come
Salvini. Mi dispiace che Renzi abbia rinunciato a ottenere da Berlino una
politica che rendesse i nostri Paesi compatibili con l’eurozona, lasciando così
il campo a Salvini e a Di Maio. E mi dispiace che l’unica preoccupazione di
Mattarella fosse bloccare un ministro dell’Economia che aveva espresso
ragionevoli preoccupazioni sull’architettura dell’euro».
Savona aveva
un piano per uscirci, dall’euro.
«Anche la
Bce ha un piano che prevede l’uscita dell’Italia dall’euro, si chiama Plan Z.
Anche la Germania ce l’ha. Anche Padoan. È normale avere un piano per la
gestione delle crisi. Anche i ministri della Difesa hanno un piano in caso di
invasione nemica; questo non significa che auspichino l’invasione. Quand’ero
ministro, ho sentito Macron dire le stesse cose di Savona».
Quali cose?
«Che l’euro
è insostenibile senza riforme».
Draghi ha
detto che l’euro è irreversibile.
«Di
irreversibile c’è solo la morte».
Cosa pensa
di lui?
«Dovrei
avercela con Draghi, visto che soffocò il mio governo. Ma riconosco che a
Francoforte ha avuto successo. Dopo la catastrofe Trichet, Mario Draghi è stato
il primo vero governatore della Banca centrale europea».
Perché
definisce Salvini misantropo? Lo conosce?
«Mai
incontrato. Ma come altro definire uno che vuole ingabbiare e deportare mezzo
milione di esseri umani? Si rende conto quale disastro sarebbe per l’immagine
dell’Italia nel mondo intero?».
Di Maio
aveva chiesto l’impeachment per Mattarella.
«Una
sciocchezza. Il presidente secondo me ha commesso un errore, ma ha esercitato
le sue prerogative. In una crisi istituzionale come quella che vive l’Italia,
l’ultima cosa da fare è sfiduciare il capo dello Stato».
Come giudica
i 5 Stelle?
«Non sono di
sinistra, ma nascono dal fallimento della sinistra. Mescolano idee che
gioverebbero alla gente comune con inaccettabili visioni xenofobe».
I due
populismi possono stare insieme, in un’ottica sovranista e ostile ai burocrati
di Bruxelles e Berlino?
«Considero
il populismo una grave minaccia per la democrazia. C’è una profonda differenza
tra essere popolare ed essere populista. I populisti usano la rabbia e la paura
per prendere il potere e usarlo contro la maggioranza. Se Bruxelles e Berlino
saranno sconfitte dai populisti, tutti noi saremo sconfitti. DiEM25 nasce per
creare un’alternativa democratica ed europeista sia all’incompetenza
autoritaria di Bruxelles e Berlino, sia alla xenofobia autoritaria dei
populisti».
La
distinzione destra-sinistra ha ancora senso? O la nuova frattura è tra élite e
popolo, tra chi sta sopra e chi sta sotto, tra globalisti e sovranisti?
«Finché
vivremo sotto il capitalismo, la divisione destra-sinistra sarà sempre
pertinente e inevitabile. Ma ci sono momenti nella storia, come gli anni 30 e
come questo, in cui la crisi del capitalismo è così profonda, la democrazia è
tanto minacciata, da richiedere un programma comune tra liberali antisistema,
marxisti, ecologisti e anche moderati. Io sono un uomo di sinistra; ma DiEM25 è
più che un movimento di sinistra».
Savona è
considerato anti tedesco. Da parte della Germania c’è l’arroganza di voler
comandare a casa degli altri, come lasciano credere le parole di Oettinger?
«Il problema
con le élite tedesche è che rifiutano di essere egemoniche, e finiscono così
per essere autoritarie. Celebrano il proprio surplus e rimproverano agli altri
il loro deficit. Non si rendono conto delle conseguenze macroeconomiche sui
partner europei. E il nuovo ministro socialdemocratico delle Finanze è ancora
più austero e meno creativo di Schäuble».
La «Bild»
per spiegare chi è Savona ha scritto che è il nuovo Varoufakis.
«Esagera. Io
chiedevo condizioni — compresa la ristrutturazione del debito — per tenere la
Grecia nell’euro. Savona è stato indicato da un partito, la Lega, il cui sogno
non troppo segreto è uscire dall’euro».
La Merkel è
finita? Chi verrà dopo di lei?
«Sì. La
Merkel ora è totalmente alla mercé di coloro che nel suo partito stanno già
tramando per sostituirla. Ha avuto un potere enorme, e l’ha usato per dividere
l’Europa anziché unirla, attraverso un orribile mix tra austerity universale per
i molti e socialismo per i banchieri. Purtroppo il successore, chiunque sia, ce
la farà rimpiangere».
E Renzi?
«Ha
rinunciato a chiedere un cambio di sistema, limitandosi a pretendere di non
rispettare le regole vigenti. Così è finito per apparire agli occhi dei
tedeschi come un bambino viziato. Diceva: “Finalmente ci siamo liberati di
Varoufakis”. Ora gli italiani si sono liberati di lui».
Macron che
impressione le fa?
«Nel 2015 mi
diede la sua solidarietà. Ma da presidente sta facendo una politica socialmente
regressiva. Le sue proposte di riforma dell’Europa sono giuste, ma tiepide; e
non sono accompagnate da nessuna seria minaccia a Berlino. Che infatti le
ignora».
E Podemos in
Spagna, che litiga sulla villa di Pablo Iglesias?
«Il problema
non è la villa: per parlare in nome degli indigenti non devi essere per forza
indigente. Il problema è che Podemos non ha un piano per l’Europa. Cosa farebbe
nell’Eurogruppo? Come affronterebbe i fallimenti bancari? Se non risponde a
queste domande, non può vincere le elezioni».
Ora potrebbe
toccare a Cottarelli. Che ne pensa?
«Conosco
Cottarelli da quando era al Fondo monetario. Ho lavorato con lui nel 2015. Lo
stimo. Ma il suo governo, a differenza di quello di Monti, non avrebbe uno
straccio di maggioranza. Sarebbe un governo di ripiego. Una guarnigione per
tenere la fortezza fino alle nuove elezioni, che rischiano di rafforzare
l’ultradestra; con grave danno dei migranti, dei progressisti italiani e di
tutti noi che sogniamo di fare dell’Europa il regno della prosperità
condivisa».
L’Italia del
2018 rischia di diventare la Grecia del 2015?
«No!
L’Italia è troppo grande per poterla minacciare con l’espulsione dall’euro. Se
questa minaccia venisse da Berlino, Francoforte o Bruxelles porterebbe al
collasso dell’euro. Potrebbero provare gli stessi maneggi del 2015, ad esempio
provocando una crisi di liquidità, per mettere pressione su Roma, ma non
funzionerebbe neanche questo; poiché una crisi finanziaria è quel che Salvini
vuole veramente».
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