Daniel Seiter, Diane e il cadavere di Orione
Il 2 Aprile
abbiamo festeggiato le Pleiadi, amate da Orione, celebrato oggi, assieme al suo
cane Sirio, al Toro che cacciava e lo Scorpione che lo uccise: tutti questi
personaggi nella loro mitologia, sono divenuti stelle e costellazioni!
di Daniele Vanni, 9 maggio 2018
Siamo
all’interno delle Lemuria, le feste romane del culto dei trapassati.
Il termine
greco Nekyia (νέκυια, der. di νέκυς, forma arc. di νεκρός “morto”) indicava un
rito magico con cui si entrava in contatto con le anime dei morti per chiedere
loro auspici e presagi per il futuro.
Il Canto XI
dell’Odissea è anche detto “Nekyia” proprio perché qui il rito viene compiuto
per evocare l’anima dell’indovino Tiresia affinché fornisca ad Odisseo
indicazioni sul suo ritorno in patria e sul suo destino futuro.
Questo
episodio omerico è considerato la Nekya per eccellenza (altre due Nekye si
trovano in Odissea XXIV e in Eneide VI).
Ora, una
delle prime “anime” che Ulisse vede, è quella di Orione, il che può spiegarci
il perché di una giornata delle Lemuria dedicata al gigante. O forse perché
questo era stato trasformato in costellazione…
Orione (in
greco antico Ὠρίων o Ωαρίων, in latino Orion) era un gigante cacciatore, che
sia nella mitologia greca, che in quella latina, viene posto da Zeus, padre
degli Dei, tra le stelle, nella costellazione che da lui prende il nome.
La
tradizione più diffusa, oltre quella che lo dà ucciso, per errore, da Diana,
che ne è innamorata, con una freccia, asserisce che è l’invidia di Artemide,
anche lei invaghita del gigante bellissimo, ma ingelosita dal suo comportamento
di corteggiamento verso le Pleiadi, manda Scorpione a pungerlo mortalmente
nella notte.
Quando Zeus
scoprì cosa era successo, si adirò molto, e dall’alto dell’Olimpo fulminò con
una folgore lo scorpione. Infine decise di far ascendere al cielo gli eroi e,
da allora, la costellazione di Orione splende nell’Emisfero Boreale, mentre
affronta la carica del Toro. Non tanto lontano da lì, luccica il Cane Maggiore
(con la stella Sirio, che è la più lucente dell’Emisfero Boreale). La
costellazione dello Scorpione, invece, sorge esattamente quando quella di
Orione tramonta, affinché il terribile mostro non possa più insidiare il grande
cacciatore.
Circa la sua
nascita, le sue imprese e la sua morte, vi sono molte versioni, sia per il
culto greco, sia per il culto romano (anche se quest’ultimo è povero di
episodi). Ma le argomentazioni principali vertono essenzialmente sulla sua
nascita, la sua morte, la sua visita all’isola di Chio, il suo accecamento da
parte di Enopio (padre di Merope), il recupero della vista nell’isola di Lemno,
la sua ascesa al cielo per formare l’omonima costellazione.
Il mito
Secondo la
mitologia romana (Ovidio, Igino, Servio, Lattanzio), Orione era un gigante
generato dall’orina di Giove, Nettuno e Mercurio. Per la sua triplice
paternità, gli si attribuì il nome di Tripater.
Tali autori
raccontano che un giorno, Giove, Nettuno e Mercurio, si aggiravano per le campagne
della Beozia. Al tramonto, essi incontrarono il contadino Ireo, che offrì loro
ospitalità nella sua capanna. Gli Dei vollero inizialmente mantenere
l’anonimato, per vedere come quel contadino li avrebbe trattati. Ireo versò da
bere e portò loro quanto aveva di meglio da offrire.
Gli Dei,
vedendo la sua grande ospitalità, nonostante la povertà in cui versava, si
fecero riconoscere ed Ireo impallidì. Ma dopo essersi ripreso, per onorarli
della loro presenza, corse fuori la capanna e immolò un toro per i suoi ospiti.
Giove volle ricompensare il contadino, dicendo che avrebbe soddisfatto
qualsiasi suo desiderio. Ireo allora chiese agli Dei di poter avere un figlio,
senza la necessità di doversi risposare, avendo promesso a sua moglie morta da
poco, che non avrebbe preso in moglie alcun’altra donna. Giove gli ordinò,
quindi, di portare la pelle del toro immolato e insieme a Nettuno e Mercurio,
sparsero la loro orina su essa e la piegarono, ordinando al contadino di
seppellirla nell’orto e di ritirarla dopo nove mesi. Ireo ubbidì e dopo nove
mesi, dissotterrata la pelle, vi trovò avvolto un bambino, che allevò come suo
figlio e al quale diede il nome di Urion, da urina, successivamente vòlto in
Orione, cambiando la prima lettera con una O (come dice Ovidio nei Fasti, lib.
V, cap. IV: «Perdidit antiquum littera prima sonum»).
Si racconta
che Orione, in pochissimo tempo, divenne un gigante di straordinaria bellezza,
tanto alto che, mentre scendeva da una montagna appoggiato ad un olmo, la sua
testa era nascosta tra le nubi.
Diana lo
prese al suo servizio facendolo ministro del suo culto e con lui andava a
caccia.
Diodoro di
Sicilia racconta che in vita, Orione progettò e presiedette i lavori della
costruzione della città siciliana di Zancle, che prenderà poi il nome di
Messina. Secondo Esiodo, per arginare le frequenti mareggiate che si
abbattevano sulla costa, Orione trasportò una grande quantità di terra davanti
al porto di Messina. Il terrapieno che realizzò, costituì Capo Peloro sul quale
Orione costruì un tempio dedicato a Nettuno. A ricordo della fondazione della
città siciliana, in Piazza del Duomo a Messina gli è dedicata l’omonima Fontana
di Orione marmorea di Giovanni Angelo Montorsoli (1547-51).
Secondo la
mitologia greca, Orione era un gigante, figlio di Poseidone ed Euriale, figlia
di Minosse re di Creta.
Si narra che
sull’isola di Chio, una notte corteggiò Merope, figlia del re Enopio, che irato
per l’affronto lo fece accecare ed esiliare. Orione si rifugiò sull’isola di
Lemno dove Efesto, impietosito dalla sua cecità, lo affidò alla guida di
Cedalione, che lo condusse verso est, fin dove sorgeva il sole; lì grazie ad
Eos, l’aurora, riacquistò la vista e prese in moglie la dea. Altri invece
narrano che Orione ricevette degli occhi costruiti dal dio Efesto, impietoso
dalla triste storia. Per la gioia procurata del regalo, iniziò a cacciare per
lungo tempo senza mai fermarsi, e senza accorgersene arrivò fino alla dimora di
Eos e se ne innamorò perdutamente.
Cacciatore
dagli occhi celesti, usciva di notte accompagnato dal suo fedele segugio,
Sirio,in cerca di prede. La dea Artemide, che con lui condivideva molte battute
di caccia, se ne invaghì perdutamente e, nonostante fosse famosa per la sua
sacra castità, gli fece delle esplicite offerte. Orione declinò i ripetuti
inviti con garbo, spiegando alla dea che mai avrebbe potuto tradire la sua
amata sposa, alla quale era eternamente grato per aver riacquistato la vista.
Inizialmente
Artemide si mise l’animo in pace, ammirando, anzi, la insolita fedeltà
dell’uomo. Quando però successivamente, scoprì che Orione si era invaghito
delle Pleiadi, le sette figlie di Atlante e Pleione, e che aveva cominciato a
molestarle, la dea fu accecata dall’ira e per vendicare l’incredibile affronto
subìto inviò un suo fedele servo, lo Scorpione; la bestia si intrufolò nella
capanna del cacciatore durante la notte e ne attese il ritorno fino all’alba;
il mostro continuò a rimaner nascosto fino a quando il nostro eroe ed il suo
fido compagno non presero sonno, stanchi per un’intensa battuta di caccia, ed
infine sferrò il suo attacco letale con il suo pungiglione avvelenato, prima su
Orione e poi su Sirio che si era svegliato ed aveva tentato di difendere il suo
padrone.
Orione
compare nell’undicesimo libro dell’Odissea di Omero: è una delle ombre che
Ulisse vede durante l’evocazione dei morti. Il gigante ha un aspetto felice ed
è intento a cacciare.
La morte di
Orione
Riguardo
alla sua morte, Omero dice sia stato ucciso da Artemide per gelosia nell’Isola
di Ortigia, a colpi di freccia. Igino invece racconta della morte di Orione
ucciso da Diana perché aveva tentato di violentarla.
Un’altra
versione narra della morte di Orione per mano di Diana. Secondo questa
versione, una mattina Diana passeggiava lungo la riva del mare, in attesa che
Orione la raggiungesse per una nuova battuta di caccia. Era armata di arco e la
sua faretra era piena di frecce d’argento. Mentre passeggiava, suo fratello
Apollo le si affiancò sorridente, in silenzio, armato anch’esso con arco e
frecce. Apollo era contrariato dall’amore che sua sorella Diana provava per il
mortale Orione, forse perché quell’amore distraeva Diana dai suoi doveri, forse
per semplice gelosia. Quindi le tese un tranello, sfidandola a colpire un
bersaglio mobile che in lontananza era appena visibile tra le onde del mare.
Diana accettò quella sfida e scoccò una sola freccia che colpì in pieno il
bersaglio. Mentre esultava per la sua abilità si accorse che il fratello Apollo
non sorrideva più e, mentre il bersaglio si avvicinava a riva sospinto dalle
onde, nel cuore di Diana cresceva un’ansia profonda. Quel corpo era di Orione
che, trafitto alle tempie dalla freccia d’argento di Diana, giaceva sulla riva
come fosse di marmo. Alla sua vista, Diana pianse mentre Sirio, il cane fedele,
ululava nel vento. Giove ebbe pietà di quel dolore e accolse Orione e Sirio in
cielo tra le splendenti costellazioni. Da allora, Diana, si allieta guardando
Orione, il bel cacciatore. Lui, con corazza d’oro e spada d’oro, va per il
cielo in traccia di favolose fiere, mentre Sirio, il suo cane fedele, lo segue
traverso i campi turchini fioriti di stelle.
Esistono
altre tradizioni riguardo alla morte di Orione: alcune dicono che lo Scorpione
fu mandato a uccidere Orione da Apollo, fratello della dea, che, quando venne a
conoscenza dell’affetto di Artemide, verso il cacciatore, ne rimase piuttosto
contrariato; altre, invece, narrano che fu Orione a innamorarsi di Artemide e
non viceversa e che, per difendersi da lui, la dea lo uccise con le sue frecce.
Quando Zeus
scoprì cosa era successo si adirò molto, e dall’alto dell’Olimpo fulminò con
una folgore lo scorpione. Infine decise di far ascendere al cielo gli eroi e,
da allora, la costellazione di Orione splende nell’Emisfero Boreale mentre
affronta la carica del Toro. Non tanto lontano da lì luccica il Cane Maggiore
(con la stella Sirio, che è la più lucente dell’Emisfero Boreale). La
costellazione dello Scorpione, invece, sorge esattamente quando quella di
Orione tramonta, affinché il terribile mostro non possa più insidiare il grande
cacciatore.
Gli antichi
sono tutti concordi nel raccontare che, dopo la sua morte, Orione fu collocato
in cielo dove forma la Costellazione di Orione, la più luminosa dell’Emisfero boreale.
Una linea
immaginaria, passante per le stelle della Cintura di Orione e prolungata verso
sud-est, incontra la stella Sirio della costellazione del Cane Maggiore, il
fido compagno di Orione.
Nel cielo,
la costellazione di Orione rappresenta il gigante cacciatore, raffigurandolo,
secondo alcuni, intento ad affrontare la carica del Toro, armato di clava
(nella mano destra) e di scudo (nella mano sinistra), secondo altri, armato di
clava e con una pelle di leone.
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