Τετάρτη 30 Μαΐου 2018

Un’amicizia mediterranea. Grecia e Italia dopo il secondo conflitto mondiale

Αποτέλεσμα εικόνας για Marcello Rinaldi “Verso un’inevitabile amicizia. Italia e Grecia tra il 26 maggio 1944 e il 5 novembre 1948
Con queste parole Giampaolo Malgeri esordisce nella sua prefazione al volume di Marcello Rinaldi “Verso un’inevitabile amicizia. Italia e Grecia tra il 26 maggio 1944 e il 5 novembre 1948”, edito dalla Società Editrice Dante Alighieri nella collana della «Biblioteca della Nuova Rivista Storica».

10 MAGGIO 2018 | di Dino Messina

di Valentina Sommella

“Esistono aspetti della politica estera dell’Italia che non hanno goduto della giusta attenzione da parte della nostra storiografia o, come nel presente caso, sono stati esaminati distrattamente, come tema secondario in relazione ad altre e più rilevanti problematiche. Così, la vicenda dei rapporti tra Italia e Grecia alla fine della Seconda Guerra mondiale, sovrastata dalle fondamentali questioni della frontiera orientale e del destino delle colonie, è rimasta colpevolmente in ombra”.

Con queste parole, Malgeri vuole anche e soprattutto rendere il lettore fin da subito consapevole di avere tra le mani un contributo che rappresenta una novità nel dibattito storiografico sulla politica estera italiana nel Secondo dopoguerra; un dibattito fin qui forse troppo avviluppatosi su questioni quali quella delle colonie o del confine orientale, sì fondamentali per un’Italia uscita sconfitta dalla Seconda Guerra mondiale, ma certamente non le sole ad aver preoccupato i governi e la diplomazia italiana di allora: loro prioritaria preoccupazione era stata invitare le Potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale a saper distinguere la “nuova Italia democratica” dall’Italia fascista di Mussolini, condizione dalla quale poter poi opportunamente lavorare per restituire al loro Paese un protagonismo, naturalmente ben diverso dai più recenti trascorsi, sia in Europa che, ancor prima, nel Mediterraneo.

Per consentire alla “nuova Italia” di tornare a rivestire, dopo la disfatta bellica, quel ruolo di naturale e tradizionale punto di riferimento nel bacino del Mediterraneo, Palazzo Chigi non avrebbe potuto fare a meno di guardare a un altro importante – divenuto in quel periodo fondamentale – crocevia di quest’area geografica, ossia alla Grecia, con l’obiettivo ultimo di arrivare a un’amicizia nuova tra Roma e Atene che superasse, pur senza dimenticarli, gli anni della guerra, specialmente i momenti bui dell’aggressione italiana del 28 ottobre 1940 e del successivo periodo di occupazione italo-bulgaro-tedesca del territorio ellenico. Tale amicizia italo-greca sarebbe stata formalizzata a Sanremo il 5 novembre 1948, con le firme apposte dal Ministro degli Esteri italiano Carlo Sforza e da quello greco Costantino Tsaldàris sul Trattato di Amicizia, Commercio e Navigazione, punto di arrivo di un quadriennio in cui i rapporti italo-ellenici non erano stati affatto facili.

Frutto di un voluminoso lavoro d’archivio e di una capillare analisi di fonti primarie e secondarie, sempre opportunamente interpretate dall’autore in relazione sia alle vicissitudini di politica interna italiane e greche sia alle importanti evoluzioni di un contesto internazionale in rapido transito dalle fasi finali della Seconda Guerra mondiale al mondo bipolare della Guerra Fredda, Verso un’inevitabile amicizia si presenta come una consistente monografia che già dal titolo desta curiosità al lettore: in particolare quell’aggettivo “inevitabile” invoglia a capire perché, secondo Rinaldi, il rapporto tra due Stati rimasti formalmente “nemici” anche dopo la cessazione delle operazioni belliche in Europa si fosse poi risolto in poco tempo – sostanzialmente quello della periodizzazione indicata nel sottotitolo dell’opera – in una formale amicizia tra la Repubblica Italiana e il Regno di Grecia.

Organizzato in quattro robusti e articolati capitoli, preceduti da un Prologo e seguiti da un Epilogo, il volume qui recensito muove da un episodio ben preciso, indicato nel sottotitolo con la data del 26 maggio 1944. Quel giorno Italia e Grecia erano tornate a parlarsi per la prima volta dopo i più che recenti avvenimenti bellici intercorsi tra i due Paesi. Protagonisti di quel “primo contatto” avvenuto presso Napoli erano stati Renato Prunas e Ioànnis Polìtis, rispettivamente il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri del “Regno del Sud” e il Rappresentante del governo greco in esilio al Cairo presso il Comitato Consultivo alleato per l’Italia. Si tratta evidentemente di due uomini di peso, nell’occasione portavoce di governi entrambi impegnati in quel periodo in lotte interne ai loro Paesi occupati, opportunamente presentate dall’autore per agevolare il lettore ad aver immediatamente chiare quale Italia e quale Grecia avrebbero, circa quattro anni dopo, stretto amicizia a Sanremo. In particolare, una volta riassunta nella prima parte la più nota situazione italiana scaturita dall’8 settembre 1943, Rinaldi, nella seconda parte del Prologo, traccia un quadro più che esaustivo della frammentazione del panorama politico ellenico tra il 1943 e il 1944, spaccato essenzialmente in tre blocchi: innanzitutto esecutivi collaborazionisti dell’occupante tedesco e bulgaro presenti ad Atene, poi una galassia di gruppi della Resistenza ellenica tra loro antagonisti e coattamente messi d’accordo dal Fronte di Liberazione Nazionale (EAM) capeggiato dal Partito Comunista Greco (KKE), infine il governo allora in esilio al Cairo del Re degli Elleni Giorgio II, esecutivo protetto dagli Alleati – principalmente dagli Inglesi – e in continuità con quella Grecia dell’óχι all’ultimatum italiano preludio all’aggressione del 28 ottobre 1940; un governo dunque espressione di quella “Grecia legittima” che, contrapposta all’EAM e al KKE nella Guerra Civile Ellenica, è indicata fin da subito da Rinaldi come la Grecia co-artefice dell’amicizia del 5 novembre 1948 con la Repubblica Italiana.

L’incontro tra Prunas e Polìtis del 26 maggio 1944 non aveva affatto costituito un superamento dello stato d’inimicizia italo-greco scaturito dall’attacco italiano al territorio ellenico del 1940; infatti l’autore de Verso un’inevitabile amicizia argomenta ripetutamente, in particolare nei primi due capitoli del libro, come i governi della “Grecia legittima” avessero continuato a considerare l’Italia e il popolo italiano, non volendoli inizialmente nemmeno distinguere dall’esperienza fascista, “nemici” a tutti gli effetti della Nazione greca. Gli esecutivi greci, e con loro la stampa ellenica, avrebbero essenzialmente mantenuto questo atteggiamento non solo fino alla cessazione delle ostilità in Europa, ma ancora per un ulteriore anno: solo il 24 giugno 1946, attraverso uno Scambio di Note tra i rispettivi Ministri degli Esteri, i governi italiano e greco avrebbero ripreso tra loro relazioni diplomatiche, oltretutto non piene o “normali” bensì “dirette”, vale a dire impostate, per volere ellenico, sul solo scambio di reciproci Rappresentanti politici non aventi il rango di Ambasciatore o semplicemente di Ministro.

La data del 24 giugno 1946 può sicuramente essere considerata un momento importante nella ricostruzione di Rinaldi. Pur tuttavia egli lascia anche ben intendere che sarebbe improprio ritenere la ripresa di relazioni diplomatiche dirette italo-elleniche una vera e propria cesura tra “un prima”, in cui i Greci si erano fermamente attestati sulla posizione dell’“Italia nemica”, e “un poi”, nel quale Atene avrebbe invece lavorato di comune accordo con Roma per arrivare all’amicizia di Sanremo: da una parte, prima del 24 giugno 1946, i diversi governi greci tra loro succedutisi non erano stati in fondo tutti così granitici nel non voler stringere rapporti diplomatici con quelli italiani, ne sia dimostrazione l’intensa e propositiva attività di dialogo svolta nella Penisola da Gheòrghios Exindaris, successore di Polìtis quale Rappresentante ellenico presso il Comitato Consultivo alleato per l’Italia; dall’altra, dopo quella data, ad Atene non si era affatto pensato che con Roma erano stati improvvisamente regolati i conti del recente passato al punto tale da aprire negoziati per stabilire un’amicizia tra i due Paesi, prova ne sia proprio la pretesa greca, accuratamente puntualizzata da Rinaldi, di non volere nella capitale ellenica un Ambasciatore o un Ministro italiano, ma solo e semplicemente un Rappresentante politico.

In realtà, l’elemento principale che impedisce di reputare quale cesura lo scambio di Note italo-greco del giugno 1946 è la questione della pace italiana, una costante per i Greci determinante ab origine la loro attitudine verso l’Italia per tutto il periodo studiato e ricostruito da Rinaldi. Era stata più che altro la paura di trovarsi in sede di Conferenza di pace di fronte a un’Italia in un certo senso “perdonata” dalle maggiori Potenze alleate, specialmente da Gran Bretagna e Stati Uniti, a indurre gli esecutivi greci a disconoscere inizialmente la distinzione sostenuta dai governi antifascisti italiani tra il regime di Mussolini e il popolo italiano vittima del fascismo, e dunque a portare Atene a insistere nel dichiarare l’Italia e il suo popolo ancora “nemici” della Grecia a dispetto degli armistizi del settembre 1943 e di episodi quali il riconoscimento anglo-americano della cobelligeranza italiana e la Dichiarazione di Hyde Park pronunciata da Churchill e Roosevelt. Proprio simili episodi avrebbero ancor più alimentato questa paura greca, poiché avvertiti come spia di una nuova Italia democratica e antifascista che, in quanto tale, avrebbe potuto alla fine anche essere considerata non così responsabile del secondo conflitto mondiale e pertanto non così colpevole per quanto subìto dalla Grecia dal 28 ottobre 1940 in poi, il che, di conseguenza, avrebbe anche potuto tradursi in un mancato o solo parziale riconoscimento da parte delle Nazioni Unite di tutto quello che gli Italiani aggressori e sconfitti avrebbero dovuto ai Greci vincitori in termini di cessioni territoriali, riparazioni e via discorrendo. Una possibilità quest’ultima fortemente temuta dai governi ellenici, al punto tale da spiegare non solo il loro reiterato procrastinare la ripresa delle relazioni diplomatiche italo-greche fino all’ottenuta certezza, una volta superate le remore sovietiche, del definitivo assenso di USA, URSS, Regno Unito e Francia all’annessione greca del Dodecaneso, ma anche i seguenti vincoli posti da Tsaldàris, analizzati da Rinaldi negli ultimi due capitoli nonché nell’Epilogo: anzitutto quello di elevare a “normali” i rapporti diplomatici diretti tra Italia e Grecia attraverso lo scambio di Ministri Plenipotenziari non prima però che Roma e Atene avessero depositato a Parigi i rispettivi strumenti di ratifica del Trattato di pace italiano; poi quello di provare a legare il più possibile, se non addirittura indissolubilmente, la stesura e la firma di un Trattato d’Amicizia, proposto e promosso da Sforza nel 1948, alla contemporanea e globale soluzione di tutte le questioni ancora pendenti tra i due Paesi, su tutte quella delle modalità e dei termini di pagamento dei 105 milioni di dollari di riparazioni dovuti dall’Italia alla Grecia ai sensi del Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947; infine il vincolo di stringere un’amicizia che non avrebbe in alcun modo e per alcun motivo potuto e dovuto prescindere dal fondarsi sul peso morale e storico dell’aggressione italiana del 28 ottobre 1948, riconosciuto nel Preambolo del Trattato di Sanremo da parte italiana con l’adozione della formula «… animés d’un égal désir de renouer la tradition et resserrer les liens d’amitié entre leurs deux Pays …».

Riportata testualmente nel titolo dell’Epilogo, tale formula, voluta dai Greci in luogo della più consueta «… animés d’un égal désir de resserrer les liens d’amitié traditionnelle entre leurs deux Pays …», è commentata da Rinaldi come «un inciso da considerare probabilmente il massimo risultato politico effettivamente conseguibile per … Tsaldàris e per il suo dicastero degli Esteri nel quadro delle tutt’altro che facili relazioni italo-elleniche di quell’immediato Secondo dopoguerra»; i Greci, infatti, «difficilmente avrebbero potuto ottenere qualcosa di più dall’esecutivo di Roma», in virtù di una diplomazia italiana ben consapevole del bisogno per la Grecia, immersa in una lunga e logorante guerra civile, di stringere un’amicizia con l’Italia che le consentisse di raggiungere in primis i seguenti obiettivi: tentare di venir fuori da un isolamento balcanico frutto di una Guerra Fredda nella sua fase embrionale e di avere a che fare stabilmente con un partner commerciale interessato, diversamente dal monopolio anglo-americano imperante nell’economia ellenica, ad assorbire almeno una parte del non trascurabile surplus di merci greche d’esportazione – su tutte il tabacco – accumulatosi a seguito della disfatta bellica della Germania, che fino al 1943-1944 era stata il tradizionale mercato di riferimento per l’export ellenico.

Dal volume emerge chiaramente come le questioni economiche e commerciali, al pari di quelle più prettamente politiche e geopolitiche, fossero state determinanti ai fini del processo di avvicinamento italo-ellenico nell’immediato Secondo dopoguerra; ne siano prova le approfondite riflessioni e valutazioni fatte da Rinaldi intorno all’intesa commerciale provvisoria siglata ad Atene da Tsaldàris e da Giuseppe Cosmelli il 31 marzo 1947, uno dei momenti chiave nel cammino verso un’amicizia “inevitabile” non solo per la Grecia, ma anche per un’Italia «intenzionata a ritornare protagonista a pieno titolo nel Mediterraneo dopo il disastro della guerra». A tal proposito, nel febbraio 1947, cioè proprio contemporaneamente ai negoziati in corso nella capitale greca tra Tsaldàris e Cosmelli e subito dopo la firma a Parigi del Trattato di pace, Sforza aveva lanciato l’idea di una cooperazione tra gli Stati mediterranei, rivolgendosi prima alla Nazione turca con un Messaggio pubblicato il 17 sul giornale «Tasvir» e poi, quattro giorni dopo, ai Greci mediante quattro risposte rilasciate al corrispondente a Roma della testata ellenica «Vradynì». Favorevolmente salutato sia ad Ankara che ad Atene – e non avrebbe potuto essere altrimenti per due realtà come quella turca e greca in quel momento più di altre direttamente esposte alla minaccia slavo-comunista –, il lancio di quest’idea del neo-Ministro degli Esteri italiano rappresenta per Rinaldi l’effettivo inizio «di una nuova politica mediterranea intrapresa dalla diplomazia italiana, secondo la quale l’Italia, sfruttando opportunamente l’avvicendamento tra Gran Bretagna e Stati Uniti nel ruolo di massima Potenza di riferimento nel Mediterraneo, si sarebbe dovuta essenzialmente impegnare a ritagliarsi il proprio spazio e i propri margini di manovra in quella che da sempre era stata l’area di suo maggior interesse». Nel perseguire una simile politica di medio-lungo periodo, l’Italia avrebbe dovuto necessariamente promuovere «una sana e fruttuosa cooperazione con gli Stati del Mediterraneo, il che sarebbe stato possibile anche e soprattutto attraverso la stipulazione di Trattati d’Amicizia come quello stretto con la Grecia a Sanremo il 5 novembre 1948», punto di arrivo, esattamente settant’anni dopo, di quest’interessante e non poco originale ricerca condotta da Marcello Rinaldi.


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