Πέμπτη 17 Μαΐου 2018

La storia di Angelo Celli, dalla Valmarecchia alla Grecia. Uno spaccato di vita dell'800, in uscita nuova pubblicazione

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L’autobiografia di Angelo Celli, nato a Sartiano (oggi nel comune di Novafeltria) nel 1860 è diventata l’occasione per un gruppo di studiosi opportunamente preparati da una equipe di professori universitari, allora coordinata dalla locale Comunità Montana, per uno studio attento e meticoloso della storia sociale e antropologica tardo ottocentesca di tutta la Valmarecchia.


9 Maggio 2018 

Il professor Silvestro Venturi, il prof. Roberto Monacchi, l’avvocato Lorenzo Valenti La prof.ssa Tea Giannini Celi e il signor Luigi Rossini sono gli autori di un volume uscito nel 1986 dal titolo “Odissea di Angelo Celli e di tutta la sua famiglia” che racconta appunto la travagliata vita di un uomo come tanti altri tramite i suoi scritti diretti, e quelli di altri personaggi del tempo. Prendendo spunto da essa fu decodificata la difficilissima e assai precaria situazione del nostro territorio a tutti i livelli nella seconda metà dell’ Ottocento.

Ora il gruppo di ricerca sopracitato ha ricevuto dall’Ente Parco dello zolfo e delle Marche un finanziamento per la ristampa del volume, con la collaborazione- si auspica- della società di studi storici leontina e con l’occasione sono stati effettuati ulteriori approfondimenti che hanno portato alla luce scenari ed eventi inediti ma preziosi per la storia della Valmarecchia. Il libro è stato arricchito da vivaci documenti cartografici provenienti dall’Archivio di Stato di Pesaro Urbino che rivelano conformazioni dimenticate di paesaggi e di centri abitati ormai sconosciute ai tempi nostri. Gli studiosi hanno potuto ricostruire gli eventi, anche sanguinosi, seguendone la dinamica direttamente sulle mappe dei tempi grazie a un certosino lavoro di ricerca capillare fra i documenti e gli archivi. Una frase nei racconti di Celli ha attirato l’attenzione dei ricercatori: quando andò in Grecia egli fu accolto a braccia aperte, contrariamente a quanto di solito accade agli immigrati. Il professor Venturi, con il suo team di studiosi, ha voluto capire il motivo di tale festosa accoglienza e ha scoperto un legame che unisce le nostre zone a Kamariza e Lavrio, città greca sull’Egeo a sud di Atene in una zona ricca di miniere di piombo argentifero e zinco. L’area deve la sua fortuna a un imprenditore riminese, Gianbattista Serpieri, che nella seconda metà dell’Ottocento trovò il modo di realizzare profitti dalle tonnellate di scorie prodotte dalla lavorazione dei metalli estratti dalla miniera. Costruì dunque strade, scuole e infrastrutture creando posti di lavoro e attirando così centinaia di famiglie anche feretrane e la zona, prima poverissima e quasi disabitata, conobbe un periodo d’oro di prosperità e sviluppo, ma anche di problemi, purtroppo sempre connessi allo sviluppo industriale. Nel 1888 poi Serpieri acquistò le miniere di rame della Montecatini a Val di Cecina che in seguito, col celebre Guido Donegani, ebbe stretti rapporti anche con le miniere di zolfo di Perticara e delle zone limitrofe..

Il padre di Serpieri, Enrico, nel 1844 fu arrestato in seguito ai moti risorgimentali di quegli anni e rinchiuso nelle carceri di San Leo e affidò alla carta il racconto di quegli anni terribili di prigionia e privazioni.

Giambattista Serpieri, dopo anni in cui fu considerato un filantropo benefattore, è stato in seguito osteggiato e dipinto come un colonialista, un truffatore, e fu anche accusato di aver portato inquinamento con i fumi delle industrie da lui create. Il gruppo di ricerca finanziato dal Parco dello zolfo delle Marche ha inserito la vicenda di Serpieri nella ristampa del volume su Angelo Celli per riabilitare la figura dell’industriale riminese e creare un gemellaggio fra il museo di Lavrio e il museo dello zolfo di Perticara, ricreando quel ponte che ha unito l’Italia, e in particolare la Romagna e la Valmarecchia, alla Grecia.


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