Il primo
ministro Alexis Tsipras e il ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos
«Nuovi
partiti in Italia lavorano per formare il primo governo populista in Europa
occidentale», ha tuonato stamattina il Washington Post di fronte alla
possibilità che in Italia si formi un esecutivo guidato dal Movimento 5 stelle
e dalla Lega. Eppure, i partiti con venature populiste, eurocritiche o
antisistema che hanno preso finora il potere nell’area euro, una volta giunti
nella stanza dei bottoni hanno moderato molto le loro istanze. Basti pensare
quanto fatto dalla destra del Fpö al governo austriaco insieme ai popolari
dell’Övp. Oppure a Alexis Tsipras, arrivato alla guida del governo all’inizio
del 2015 come leader di un movimento politico di sinistra anticapitalista.
Austria:
toni eurocritici in campagna elettorale
Sia i
popolari austriaci (Övp) che Partito della Libertà Austriaco (la destra del
Fpö) , insieme al governo a Vienna dal 18 dicembre 2017, non sono mai stati a
favore dell’uscita dall’euro. Tuttavia, in campagna elettorale il Fpö ha
giudicato fallimentare l’esperienza della moneta unica in presenza di economie
troppo differenti tra i diversi stati. I toni duri nei confronti della Ue, da
ambo le parti, non sono mancati, come non è mancata la richiesta di fermare (e
anzi invertire) il processo di trasferimento di poteri dagli stati nazionali a
Bruxelles.
Kurz: «Il
nostro programma è filoeuropeo»
Tuttavia,
una volta al potere, la politica si è molto moderata: «Il nostro programma è
filoeuropeo» si è affrettato a dire il cancelliere austriaco dei popolari
Sebastian Kurz il 12 gennaio. L’unica opposizione c’è stata – peraltro in
compagnia di Olanda, Svezia e Finlandia – di fronte all’ipotesi di aumentare il
contributo nazionale al prossimo bilancio Ue: «L’Europa dovrebbe risparmiare e
diventare più efficiente», ha detto Kurz il 16 gennaio. Come pure nelle
dichiarazioni non c’è traccia delle critiche lanciate in campagna elettorale
alla Bce, accusata da Övp e Fpö di aver ampliato i propri poteri,
originariamente limitati al controllo dell’inflazione, per attuare poi una
politica fatta di tassi di interessi a zero e di “quantitative easing”, non
sostenibile nel lungo periodo.
Solo
dichiarazioni sull'immigrazione
Anche sul
fronte della lotta all’immigrazione, cavallo di battaglia in campagna
elettorale sia per Övp che per e Fpö, per ora ci si è limitati alle
dichiarazioni. L’unico annuncio concreto è l’obiettivo di approvare entro
l’estate una serie di misure restrittive del diritto d’asilo. È ancora aperto
il dibattito sul divieto del velo islamico a scuola. Nella sua visita a Sofia
lo scorso 13 febbraio, il cancelliere Kurz ha detto che la lotta
all’immigrazione clandestina sarà una delle priorità del prossimo semestre
europeo a guida austriaca.
Niente
rotture con i paesi occidentali
Ma niente
rottura con i grandi paesi occidentali della Ue: Kurz al massimo ha candidato
l’Austria a fare da “ponte” tra stati occidentali e gruppo di Visegrad
(l’alleanza composta da Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia che
osteggia le politiche migratorie proposte dalla Commissione Juncker). Come pure
Kurz si è proposto di fare da intermediario tra Cremlino e Gran Bretagna sulla
questione delle spie russe. Ma ci si è fermati qui: di fronte alla protesta
dell’Italia sul progetto di aprire ai consolati all’estero anche agli
altoatesini di lingua tedesca e ladina, Vienna ha fatto subito marcia indietro.
Syriza e la
rinegoziazione dell’austerity
Emblematico
anche il caso del premier greco Alexis Tsipras, arrivato alla guida del governo
all'inizio del 2015 come leader di un movimento politico di sinistra
anticapitalista (Syriza) e con un’agenda politica che ha tra i punti
fondamentali la richiesta di rinegoziazione del piano di austerity imposto alla
Grecia dalla cosiddetta “Troika”(Bce, Fmi e Ue) per rimettere i conti in
ordine.
La scissione
dell’ala radicale
Vincolato
dai creditori internazionali a scegliere tra il programma di aiuti bocciato dal
referendum consultivo del giugno 2015 (Tsipras aveva annunciato che si sarebbe
dimesso in caso di vittoria dei sì) e l’uscita della Grecia dall’Eurozona,
Tsipras, contrario a questa seconda opzione, ha scelto la prima ma, dopo
l’approvazione in Parlamento del memorandum siglato con la Troika, ha pagato il
prezzo della scissione dell’ala radicale di Syriza.
Aumento
dell’età pensionabile
Tra le
riforme richieste dalla Troika ed eseguite da Tsipras, l'aumento dell'età
pensionabile, l’ulteriore taglio alle pensioni con la riduzione a 2.300 euro
dell’ammontare mensile massimo e un taglio alle pensioni minime. Nonché
l'eliminazione dell’EKAS (assegno bonus che integra le pensioni minime),
l'aumento dell’Imposta sul valore aggiunto, l'abolizione degli sconti fiscali
per le isole, la riduzione dei salari dei dipendenti pubblici, e il
proseguimento delle privatizzazioni in molti settori avviate dal governo
precedente. Misure in contrasto con il programma elettorale e l’ideologia
anti-austerità di Syriza.
La seconda
tranche di austerity
A seguire la
seconda tranche di misure di austerità, per un totale di 4 miliardi di euro,
approvata a maggio 2017. Con il tredicesimo taglio alle pensioni da quando la
Grecia è entrata nei tre programmi di salvataggio che si sono susseguiti dal
2009. Il governo si è impegnato anche ad aumentare dell'1% del Pil le entrate
fiscali nel 2020. Il 20 agosto 2018 scadrà il terzo piano di assistenza da 85
miliardi di euro (gestito da Tsipras) dopo i primi due da 130 e 110 miliardi.
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