Πέμπτη 3 Μαΐου 2018

Un nuovo modo di raccontare l”Odissea”

Daniel Mendelsohn

Cosa ha un classico da dirci, nel XXI secolo? A cavallo tra anni Settanta e Ottanta, Italo Calvino scriveva, “I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire,tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.

Giorgio Scudeletti, 3 maggio 2018

Naturalmente questo avviene quando un classico «funziona» come tale, cioè stabilisce un rapporto personale con chi lo legge. Se la scintilla non scocca, niente da fare: non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore.” Questa riflessione sembra guidare la scrittura di Daniel Mendelsohn, intellettuale statunitense, insegnante di letteratura al Bard College, presso New York, e insigne studioso di cultura classica che in “Un’Odissea. Un padre, un figlio e un’epopea” (Einaudi,pp.310, 20 euro) costruisce un inedito e appassionante intreccio narrativo basato sul capolavoro di Omero.

Il libro si muove su tre piani: il racconto di un seminario sull’”Odissea” tenuto dall’autore nel 2011 presso la sua università; la conseguente narrazione empatica del poema omerico; e la ricostruzione del rapporto di Mendelsohn con suo padre.

Jay Mendelsohn è un anziano ex ricercatore scientifico che decide di frequentare le lezioni del figlio per approfondire la conoscenza della cultura classica da lui sempre amata e temuta. Questa mescolanza tra letteratura e vita crea uno stimolante gioco di specchi, che attraverso il racconto del poema omerico spinge lo scrittore a riflettere sulla sua relazione complicata con un genitore burbero e poco propenso a mostrare sentimenti e emozioni. La conoscenza reciproca tardiva culmina con una bizzarra crociera in Grecia sui luoghi di Odisseo, a cui i Mendelsohn partecipano al termine del seminario di Daniel, e che ne dovrebbe essere l’ideale coronamento. Si snoda in questo modo una colta e piacevole narrazione che chiarisce in toni cordiali, ma sottilmente amari, quali siano i nodi che hanno allontanato il padre cresciuto alla periferia di New York in condizioni modeste che ne hanno indurito il carattere, fino a dargli una mentalità fortemente razionalistica dai principi etici indiscutibili. E un figlio da lui molto differente, con una mentalità critica e una prospettiva decisamente differente dal padre sulla realtà.

Questa lontananza ha spinto l’autore a cercare costantemente dei padri putativi, individuati da adolescente e poi da giovane studente universitario, in alcuni docenti e intellettuali che facevano della cultura e della raffinatezza la propria cifra di vita. Al contrario Jay Mendelsohn è rimasto per Daniel un mistero indagato cautamente nel corso degli anni, il polo opposto di una madre bella, colta e gioviale, anch’essa insegnante amata dagli studenti. La presenza del genitore al seminario del figlio assume un carattere perturbante, visto che l’approccio dell’anziano matematico all’”Odissea” tende sempre a demistificare con i suoi dubbi e le sue domande le situazioni eroiche e avventurose e la figura stessa di Odisseo: un comandante che perde tutti i suoi uomini, è costantemente aiutato dalla dea Atena e talvolta piange.

Ma anche grazie a questi giudizi negativi, gli studenti sono spinti a una riflessione più stimolante e approfondita sulle avventure e le situazioni narrate da Omero. Uno dei maggiori spunti di interesse del libro consiste proprio nel constatare ancora una volta come la didattica anglosassone tenda a valorizzare un approccio partecipativo degli studenti. I nodi del testo sono indicati dall’insegnante che stimola i giovani allievi a dare una propria interpretazione dei diversi episodi in un dibattito aperto e coinvolgente. Questo da’ modo a Mendelsohn di fare un’ottima divulgazione anche per i lettori che poco sanno o ricordano del poema omerico, il quale viene rinarrato nei suoi episodi chiave e nei suoi personaggi. Ed essi spingono l’autore a recuperare nella memoria diversi momenti della vita del padre e del rapporto con lui.

La tragicomica crociera in Grecia diventa l’occasione per il genitore di mostrare il suo lato più emotivo e sensibile, grazie all’affiorare di episodi giovanili e riflessioni sull’amore, specialmente legati a vecchie canzoni. Il tragitto sui luoghi di Ulisse e il seminario spingono il figlio a compiere a sua volta un viaggio simile a quello di Telemaco, per interrogare i migliori amici di Jay Mendelsohn e i fratelli sulla giovinezza quasi sconosciuta del padre. Questi ha sempre costruito con le sue parole un ritratto di sé e delle sue scelte che i ricordi di amici e fratelli correggono in senso positivo. Le scoperte si rivelano sorprendenti, facendo emergere il ritratto di un giovane uomo cresciuto quasi da solo, appassionatamente preso dallo studio di ogni disciplina umanistica e scientifica e disposto a arruolarsi subito dopo la fine della guerra pur di accedere gratuitamente al college, altrimenti impossibile da frequentare. Un uomo ambizioso e quasi ulissico per la curiosità intellettuale che ne ha guidato molte scelte di vita.

Attraverso l’intreccio e la sovrapposizione di autobiografia e racconto, Mendelsohn fa scoprire o riscoprire così al lettore il piacere della narrazione, una delle componenti – chiave dell’”Odissea”, e il valore paradigmatico che hanno le avventure di Odisseo. L’accecamento di Polifemo, la tentazione delle Sirene, i rapporti ambigui dell’eroe con Calipso e Circe non sono semplicemente narrazioni divertenti, ma fanno riflettere chi ne legge oggi su qualcosa di significativo per la sua vita, tanto quanto per il pubblico di duemilaottocento anni fa questi racconti erano educativi in senso ampio. La metafora scontata di un grande racconto di viaggio come immagine della vita si anima di sottofondi e sfumature grazie al ritratto in pubblico di un rapporto essenziale, quello padre – figlio, inscenato come un itinerario di scoperte.


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