La scrittrice ha presentato il nuovo libro “La misura eroica” intervistata dagli alunni del liceo classico di Fasano. LE FOTO
Barbara Castellano, 5 maggio 2018
FASANO –
Andrea Marcolongo, l’apprezzata autrice de “La lingua geniale – 9 ragioni per
amare il greco”, per la sua seconda opera ha scelto di smarcarsi dall’epiteto
di “ragazza del greco” che scrive solo di lingue geniali per raccontarsi in un
libro che, invece, assomiglia a un diario intimo. “La misura eroica”
(Mondadori) è stato presentato ieri mattina (4 maggio) nell’auditorium del
liceo “Da Vinci” di Fasano in un incontro, in collaborazione con i Presidi del
Libro, moderato dai ragazzi del liceo classico e a loro dedicato.
Il canto
delle sirene ha aperto la mattinata grazie a un gruppo di studenti che ha messo
in scena, danzando e recitando, degli estratti dallo spettacolo realizzato per
la “Notte bianca del Classico” e aventi per protagoniste le mitologiche
creature metà donna metà uccello (prima) e metà donna metà pesce (poi).
L’intervista che è seguita è stata straordinaria, nel senso letterale del
termine, perché fuori dagli ordinari canoni che prevedono un tavolo dietro cui
si accomodano autore e presentatori. Infatti a gestire il tutto sono stati i
ragazzi che, coralmente, hanno posto numerose e disparate domande.
Andrea
Marcolongo intreccia il mito degli Argonauti di Apollonio Rodio, il manuale del
1942 “How to abandon ship” (Come abbandonare una nave) e la sua storia
personale perché vuole «raccontare la grammatica dell’animo umano attraverso il
Classico» riuscendo a creare un libro per viaggiatori. Giasone e gli Argonauti
non partono perché sono eroi, diventano tali perché hanno il coraggio di
partire e scoprire quel che il mondo riserva. La loro misura eroica non è il
Vello d’oro quanto l’avventura che li fa fallire e maturare. Chi sono allora
gli immaturi? Tutti e nessuno perché «maturare è un continuo mettersi a
frutto». Il viaggio sulla prima nave che abbia mai solcato i mari, Argo,
diventa metafora di quello alla scoperta di sé. La meta è un futuro che non
segue la consecutio temporum ma la consecutio modorum: vale a dire che non
segue rigorosamente la linea del tempo quanto il modo in cui le azioni sono
state compiute. La scrittrice, come i Greci, crede infatti che «il futuro
arriva alle spalle», che sia un abbaglio, perché è nell’oggi che si costruisce
quel che saremo domani.
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