Siamo tutti migranti: l’Università di Bologna svela millenni di viaggi racchiusi nel Dna italiano, greco e degli altri paesi del Mediterraneo.
Esiste una base genetica comune che si estende dalla Sicilia a Cipro, passando per Creta e fino alle isole dell’Egeo e dell’Anatolia, per spingersi infine ancora più a est: già durante l’Età del Bronzo un importante contributo al Dna mediterraneo, indagato studiando le popolazioni del Sud Italia, è legato ad una “sorgente” fra il Caucaso e l’Iran settentrionale. Sono questi alcuni dei principali risultati emersi da uno studio – appena pubblicato su Scientific reports – dell’Università di Bologna, che svela le tracce di millenni di storia nascoste nel patrimonio genetico mediterraneo.
Finanziato dalla National Geographic Society e dal Progetto ERC Langelin, e coordinato da Davide Pettener, antropologo dell’Alma Mater, lo studio ha infatti analizzato i marcatori genomici ad alta densità in un ampio campione di popolazioni della Sicilia e dell’Italia Meridionale, rivelando una fitta rete di migrazioni e scambi culturali a partire dalla prima colonizzazione del continente. La ricerca mette in chiara evidenza come le popolazioni dell’Italia Meridionale siano geneticamente più simili a quelle di queste isole mediterranee piuttosto che, ad esempio, agli abitanti della parte continentale della Grecia e dell’Albania.
«Questa eredità mediterranea – spiega la ricercatrice Unibo Stefania Sarno, autrice principale dello studio – risale probabilmente ad epoche molto antiche, come risultato di una serie di migrazioni con picchi durante il Neolitico e l’Età del Bronzo».
Ma le “parentele genetiche” degli abitanti del Sud Italia si spingono ancora più verso oriente, aprendo un nuovo capitolo nello studio dei movimenti che hanno portato alla diffusione della famiglia linguistica più rappresentata in Europa: l’indoeuropeo.
«La presenza di lingue indoeuropee come l’italiano, il greco e l’albanese non è spiegabile con il solo contributo migratorio dalle steppe» a nord del Mar Nero e del Mar Caspio, come spiega Chiara Barbieri, ricercatrice presso il Max Planck Institute for the Science of Human History di Jena, e coautrice dello studio: «Altri eventi, come migrazioni lungo le coste mediterranee a partire dal Caucaso, devono quindi essere valutati».
La grande biodiversità del patrimonio genetico dell’Italia meridionale racconta poi – dettagliano dall’Università di Bologna – anche di fenomeni migratori più recenti, come nel caso delle minoranze etnico-linguistiche degli Arbereshe, dei Griki in Salento e dei Grecanici in Calabria. «Lo studio degli ‘isolati’ linguistici e culturali in Italia – spiega Alessio Boattini, antropologo dell’Università di Bologna – si è dimostrato particolarmente importante per comprendere determinate fasi della nostra storia genetica e demografica. I casi delle comunità di lingua greca e albanese dell’Italia meridionale aiutano a far luce sulla formazione di queste identità culturali e linguistiche, che partecipano in maniera determinante alla grande diversità genetica attualmente osservabile nel nostro Paese».
Dalle isole del Mediterraneo fino al Caucaso e al Medio Oriente, passando per i Balcani e la Grecia continentale, siamo tutti migranti e nelle nostre vene scorre il Mar Mediterraneo. Dovremmo averlo sempre ben presente davanti alle tragedie nelle quali troppo spesso sfociano le migrazioni dei nostri giorni.
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