Grecia, paese di
un fascino smodato, di un sole e di un mare rilucente, del profumo smisurato
della natura e di gente condiscendente, affabile e silenziosa.
Quello stesso
silenzio che, però, non può abitare nell’animo di chi in pochi anni ha visto
portar via il proprio lavoro, il proprio denaro, la propria esistenza; e che di
certo non può perdurare nella coscienza di quanti, direttamente o
indirettamente, hanno contribuito all’esalazione degli ultimi respiri di pace
del proprio popolo.
Quando affermiamo
che il nostro Bel Paese sia in una condizione di crisi irreversibile, forse
dovremmo volgere lo sguardo più ad Est, per renderci conto di cosa significhi
realmente perdere il proprio orientamento e punti di riferimento, e,
soprattutto, per cercare di scampare un pericolo, prima che sia troppo tardi.
«Il piano di
salvataggio ha distrutto la Grecia». Queste le parole del Premier Alexīs
Tsipras, chiamato in causa per esprimere la propria opinione sul disfacimento e
sul malessere che ormai da anni incombe sulla sua patria.
Non parliamo solo
di decadenza economica, bensì di una crisi che va ben oltre la materialità, e
che tocca dal più profondo i cittadini, vittime della mancanza eclatante
dell’assistenza medica.
Siamo dei morti
che camminano.
La condizione
attuale in Grecia: i numeri
La Banca Centrale
della Grecia ha riscontrato che circa l’80% dei disoccupati risulta totalmente
privo di assicurazione sanitaria (e questo include mancanza di assistenza anche
in caso di malattie gravi, quali il cancro ad esempio).
Ciò, in unione
alla carenza di dottori, nonché di personale ospedaliero, ha scaturito non solo
una riduzione evidente dei bambini vaccinati (negli ultimi anni circa il 60% in
meno), ma anche e soprattutto dati e numeri allarmanti riguardanti la mortalità
infantile, salita dal 2,65% nel 2008 al 4% nel 2014, nonché l’aumento
esorbitante dei casi di AIDS, Epatite C e ancor di più di suicidio, per il
quale si sono registrati più di 40.000 casi a partire dal non lontano 2008.
Numeri per niente
rassicuranti, considerando che un malessere così generalizzato si era avvertito
soltanto negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
A farla da
padrone è, fondamentalmente, la scarsità di forza economica con la quale i
cittadini – ma anche enti pubblici – si
ritrovano ad affrontare la quotidianità, e che, drammaticamente, li porta ad
una condizione di scelta, dove il mangiare ed il curarsi sono inversamente
proporzionali a livello monetario.
Tutto questo e
molto altro è stato descritto anche dal servizio di Marco Maisano, che, nella
scorsa puntata de Le Iene, ha portato in scena numerose dichiarazioni ed
esperienze di chi, questa crisi, la vive sulla propria pelle, e soprattutto di
chi, per causa di questo disagio paralizzante, patisce le pessime condizioni di
salute, impotente.
La Solidarietà
che salva
Eppure, in un
clima di sofferenza; in un contesto in cui esistono leggi infelici che
prevedono, per esempio, la segnalazione della durata di vita dei pazienti con
gravi patologie (e questo per non “consumare” più medicinali del dovuto); in
una situazione in cui il numero di morti supera di gran lunga quello delle
nascite, esistono degli spiragli di luce: le Farmacie Solidali.
E’ grazie a
questa tipologia di iniziativa che, fortunati nella propria sfortuna, i
pazienti possono tirare un sospiro di sollievo, grazie alle quali vengono
distribuiti farmaci di qualsivoglia genere e prezzo per i più bisognosi.
Austria,
Germania, Francia, Svizzera e, ultima ma non per importanza, l’Italia, sono
alcuni dei paesi occupati nella raccolta e spedizione di quantità notevoli di
farmaci, che, tra l’altro, non vengono utilizzati unicamente dall’ente privato,
bensì anche da ospedali pubblici.
E’ infatti questa
una emergenza che tocca nel profondo tutti gli aspetti della società, dato che,
per via dell’impossibilità evidente di pagare i propri debiti, anche le case
farmaceutiche decidono arbitrariamente di distribuire farmaci alla Grecia,
risultante una cattiva pagatrice.
Un cammino
incerto
Solidarietà,
dunque, brevi sprazzi di sereno e di sollievo, ma la domanda sorge spontanea e
di certo non avrà un repentino e facile riscontro: come e quando si risorgerà
da questa tempesta?
Una visione
ideale vedrebbe una risalita improvvisa, a modello del Risorgimento italiano a
seguito degli anni bui a seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente,
ma, al presente, siamo ben lontani dal Sole che disperde le nubi. Non possiamo
far altro che appellarci al sostegno ed al tempo, con la speranza che, nel
nostro Paese, si riesca a svoltare l’angolo prima che sia troppo tardi.
Sara
Barone
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