Il salvataggio
della Grecia è una questione politica. Lunedì era atteso il via libera alla
tranche da 7 miliardi di euro da parte dei creditori indipensabile per onorare
i debiti che Atene ha in scadenza nel mese di luglio. Ma i soldi, da Bruxelles,
non sono partiti.
È stato tutto
rimandato al 15 giugno. Siamo all’ennesimo atto di un teatrino logorante che ha
stancato tutti, soprattutto i cittadini greci che continuano a protestare
contro un Governo diventato capro espiatorio di una crisi senza fine. A luglio
Atene deve rimborsare 7,4 miliardi di debiti verso la BCE e investitori
privati, ma non sarà in grado di farlo senza la tranche di aiuti da 7 miliardi
promessa dai creditori. I soldi arriveranno, ma all’ultimo secondo, per
dimostrare ancora una volta che il Paese è ancora appeso alle decisioni europee
e che il Governo di Atene alla fine conto ben poco. L’accordo per il
salvataggio della Grecia è uno dei campi di battaglia su cui Angela Merkel sta
costruendo la campagna elettorale per le elezioni fissate per il prossimo
autunno.
Seconda
revisione: un niente di fatto
Navighiamo a
vista nel terzo piano di salvataggio per la Grecia da quando nel 2012 il Paese
di fatto è finito in default. La seconda revisione del piano da parte di BCE,
commissione europea e FMI ha preteso l’ennesima stretta sui conti pubblici in
cambio del via libera alle risorse richieste. Ma l’ultimo Eurogruppo, come un
copione visto e rivisto mille volte, si è chiuso con molte pacche sulle spalle,
ma nessun accordo.
La scorsa
settimana il parlamento ellenico ha approvato con una maggioranza risicata, il
pacchetto di misure che prevedono nuovi tagli alla spesa pubblica per due punti
percentuali di PIL. Le autorità europee hanno preso atto degli forzi fatti da
Atene per rispettare i patti, ma l’ultima riunione dei ministri delle Finanze,
durata sette ore, si è chiusa con un niente di fatto.
Un nuovo tavolo
sul salvataggio della Grecia è fissato per il 15 giugno. L’Eurogruppo continua
a prendere tempo su una situazione che però di tempo ne ha davvero poco. In
pratica il Governo di Tsipras ha ricevuto una pacca sulla spalla per i
progressi fatti, ma è niente di concreto su tranche di aiuti e riduzione del
debito.
I soldi, come
sempre, arriveranno l’ultimo giorno utile per evitare il peggio. Dopo sette
anni di piani di salvataggio e già diversi miliardi spesi, i creditori non
manderanno tutto all’aria per una tranche da 7 miliardi. La tirano per le
lunghe solo per dimostrare di avere il coltello della parte del manico e tenere
il Governo di Atene sempre sui carboni ardenti sperando che si bruci.
Grecia appesa al
filo della politica internazionale
Il destino della
Grecia è legato a doppio filo alla politica. I creditori, soprattutto le
autorità europee, devono dimostrare severità e rigore nei confronti dei Paesi
che hanno sperperato e violato i paletti di bilancio europei. È in atto una
sorta di guerra di lorogamento nei confronti di Alexis Tsipras. Se all’inizio
della crisi e del primo piano di salvataggio i cittadini accusavano
Commissione, FMI e BCE di strangolare il Paese con le misure di austerità ora accusano
il premier di aver tradito le promesse fatte e di essere diventato il “servo”
dei creditori.
Ad ogni misura di
austerità approvata, i greci scendono in piazza per protestare contro il
Governo sempre più debole nei sondaggi e in difficoltà in parlamento.
Trascinare per le lunghe ogni erogazione di tranche di aiuti chiedendo altri
tagli significa tentare di dare la spallata finale al Governo di Tsipras nella
speranza di riportare il partito di centrodestra Nuova Democrazia alla guida
del governo. Un teatrino politico.
E sempre politica
è la posizione di Angela Merkel, la paladina del rigore di bilancio. Con le
elezioni tedesche alle porte, la Cancelliera vuole dimostrare a tutti i costi
di avere il pugno di ferro. E così va avanti anche il tira e molla tra Germania
e Fondo Monetario Internazionale sul tema del debito.
Argomento che
andrà trattato a tutti i costi, ma che la Cancelliera vuole rimandare a dopo le
elezioni di autunno. Il tema è stato sul tavolo dell’Eurogruppo di lunedì
quando il FMI avrebbe voluto strappare una prima intesa sulla ristrutturazione
del debito e poter quindi garantire la sua partecipazione al piano.
La storia si
trascina de circa due anni. Già nel 2015 il FMI disse che avrebbe partecipato
al salvataggio di Atene se si fosse aperto un tavolo per la riduzione del
debito considerato insostenibile. Le autorità europee pur di avere il FMI a
bordo accettarono di affrontare la questione che però, ad oggi è ancora in
stallo. La Germania farà di tutto per trascinare la questione oltre il 2017 e
soprattutto oltre le elezioni di autunno. Merkel deve dimostrare ai suoi
elettori di essere intransigente quando si tratta di spendere soldi pubblici
per aiutare Paesi che non rispettano le regole. L’appuntamento con i negoziati
sulla riduzione del debito greco quindi sono rimandati al 2018, probabilmente
ad agosto quando scadrà il terzo di piano di salvataggio da 84 miliardi.
La Grecia resta
quindi in balìa di una situazione grottesca in cui il destino del Paese e dei
suoi cittadini stremati dipende dai giochi politici sull’asse
Washington-Bruxelles e, soprattutto, Berlino.
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