Τρίτη 2 Μαΐου 2017

Verba Woland: il nazismo e la cultura greca

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Heinrich Himmler

Mauro Bonazzi, docente di Storia della filosofia antica presso l'Università degli Studi di Milano, autore del saggio Atene, la città inquieta (Einaudi, 2017), scrive un articolo su La Lettura del Corriere della sera per annunciare l'uscita del libro Il nazismo e l'antichità (Einaudi) di Johann Chapoutot, docente nell'Università Paris-Sorbonne, specialista di storia contemporanea e del nazismo.

Bonazzi racconta come lo storico francese dimostri in modo inequivocabile quanto poco risibile fosse la folle pretesa di Adolf Hitler di proclamarsi erede della cultura antica e in particolare di quella greca. Ci ricorda che Heinrich Himmler, capo delle SS, ideologo della 'soluzione finale', amava  spiegare pazientemente che gli antichi tedeschi "non erano quelli rivestiti di pelli di animali, con le corna e lunghe barbe fluenti", i veri tedeschi erano discendenti degli antichi Greci (la scienza tedesca lo aveva inequivocabilmente dimostrato!)

Chi è interessato ad approfondire può leggere il libro. A me preme porre l'enfasi su un brano dell'articolo di Bonazzi:

Il nazismo è nato nel pieno di una crisi durissima, in un mondo in cui i poteri nazionali non erano più in grado di controllare i processi economici. Si è presentato come una risposta, materiale e spirituale, a tutto questo; come una difesa tanto dalla barbarie asiatica e semitica del bolscevismo quanto dal capitalismo globale americano: come un tentativo di costruire una  comunità coesa, a partire dalla condivisione di una stessa storia, di una stessa terra e di una stessa stirpe. Nel mondo greco ha trovato una fonte di legittimazione preziosa, una trama per mettere ordine nel caos. Ha portato a esiti mostruosi idee che circolavano da secoli.

Ecco, mi sembra di poter dire che in questi tempi durissimi (penso al fenomeno dell'immigrazione, alla crisi economica, alla Brexit, all'ascesa di Donald Trump, al successo di partiti nazionalisti e razzisti) certe parabole potrebbero ripetersi.

Scrive ancora Bonazzi:

La parabola del nazismo non è un corpo estraneo o un momento di follia. È uno sviluppo possibile della nostra tradizione: non l'unico corretto, ma comunque uno sviluppo possibile. Quello che serve è allora studiare questa parabola. Non è vero, come si ripete sempre, che «comprendere è giustificare». Comprendere vuol dire capire, e capire può aiutarci a orientarci nel futuro, evitando di ripetere errori di cui già conosciamo il costo. In questi anni di crisi e ripiegamenti identitari, di fascinazione per il leader carismatico o per l' ostentazione del proprio potere, non è forse un compito inutile.

Credo sia difficile dissentire.

Luigi Bruschi


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