Quanta acqua ha versato Tsipras nella sua caraffa di vino. Un anno fa, la Grecia stava vivendo l'ultimo atto di uno scontro che l'avrebbe portata al referendum: l'ultimo
e disperato atto di “ribellione” alla Troika. Un anno
fa Atene era al centro dell'attenzione internazionale.
Oggi è sparita dall'orizzonte.
Il governo si è piegato ai diktat europei. Fa buon viso a
una recessione dell'1,4%. Un anno fa, sui social network
non si parlava d'altro che di “democrazia” e di come
salvare la Grecia. Il referendum ha fatto di internet
un mare ribollente di onde di opinioni definitive, di indignazione. C'è chi ha lanciato
una vera e propria campagna
pagare il debito greco: se ogni
cittadino europeo avesse
pagato tre euro il problema
sarebbe in gran parte risolto.
L'iniziativa era surreale, ma
quei tre euro, in un mondo
normale, si chiamerebbero
tasse, che sono poi quelle
versate per prestare i soldi
alla Grecia, dove Tsipras prometteva
di aumentare le pensioni
e stracciare gli accordi
di finanziamento. Circolava
anche una lettera di solidarietà
ai Greci da parte dei ricercatori
italiani (molto sottoscritta):
si augurava che i
greci potessero votare in autonomia,
senza condiziona menti, e si sperava però la
vittoria del “No” (senza
condizionamenti, appunto).
A quel punto si assicurava
tutto l'appoggio e la solidarietà
dei firmatari (quindi
armiamoci contro le demoplutocrazie
e partite).
Seguivano considerazioni
sulla missione storica del popolo
che ha inventato le parole
“filosofia” e “democrazia”.
Nessuno ricorda che ha
inventato anche le parole
“sofisma” e “demagogia”
(la grandezza sta nell'aver
inventato le une e le altre e
nell'aver individuato la profonda
ambiguità dei processi
della politica). Su “la
parola ai Greci” (principio
sacrosanto) ci sarebbe poi da
discutere. Il governo legittimamente
eletto non è riuscito
di fatto a negoziare un
accordo, cioè non ha governato
- “governare”: altra parola
greca “kybernan” che
significa sapere tenere il timone
di una nave. Eppure
Tsipras ha parlato di mare
grosso, di tempeste, di nuovi
porti, ma non ha saputo
mantenere tenere il timone.
Ha scelto di cederlo ai marinai.
Ed era curioso che in
quella fase i due interlocutori
fossero la Troika e il popolo
greco, quasi che il governo
eletto fosse un semplice suggeritore
del “No”. Il referendum
è stato un deficit di
democrazia (quanto meno di
democrazia rappresentativa).
Ultimo atto di
una farsa - la
“incertezza
creativa” - durata
sei mesi e
costata 45 miliardi.
Che quel
referendum
fosse una
deriva demagogica
e non una
espressione di democrazia
lo si è
constatato
pochi giorni
dopo, quando
Tsipras ha
invertito la rotta,
ma ha spiegato
alla ciurma
che era per il
bene del Paese.
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