Τετάρτη 22 Ιουνίου 2016

Campochiaro: il paese-fantasma dei “coloni” trentini sull’Isola di Rodi





Oggi si chiama Eleoussa il piccolo paese sull’isola di Rodi in Grecia  erede di un villaggio di bosciaoli della Val di Fiemme, denominato Campochiaro,
lì insediatisi nel 1935, quando l’isola era un protettorato italiano, per occuparsi della coltivazione delle foreste locali. Una storia affascinante che possiamo oggi rileggere grazie al lavoro di Renzo Maria Grosselli sfociato  nel libro “Gli uomini del legno sull’isola delle Rose. La vicenda storica del villaggio italiano di Campochiaro a Rodi 1935-1947”. Il volume è stato presentato il 6 dicembre scorso presso la Sala Stampa della Provincia autonoma di Trento e riportiamo per i nostri lettori la cronaca di questo evento riportata dall’Ufficio stampa.


“Non soltanto un accurato e meritevole lavoro di ricostruzione storica e dunque di memoria restituita, specie alle giovani generazioni, ma anche un tassello in  quella necessaria costruzione dell’identità delle nostre comunità: in questo  caso quella della valle di Fiemme che a metà del secolo scorso, in  condizioni difficili, scelse la strada dell’emigrazione portando nel cuore del Mediterraneo, a Rodi, la secolare esperienza dei boscaioli. E dunque, nel contesto di anni segnati da laceranti conflitti, anche una straordinaria vicenda di pace, lavoro, fatica. Una vicenda che oggi può essere finalmente conosciuta da tutti i trentini, e non solo”. 
Così Mauro Gilmozzi, assessore all'urbanistica, enti locali e personale della Provincia autonoma di Trento, durante la presentazione del volume “Gli uomini del legno sull’isola delle Rose. La vicenda storica del villaggio italiano di Campochiaro a Rodi 1935-1947” (Curcu & Genovese editore). Il libro ricostruisce, anche con l’ausilio di immagini inedite, una pagina di storia sconosciuta ai più ed è frutto del lavoro di scrittura e ricerca del Comitato familiari degli emigrati fiemmesi a Rodi e del giornalista e scrittore Renzo Maria Grosselli. Alla presentazione, accanto all’assessore Gilmozzi, l’assessore alla cultura del Comune di Cavalese, Sergio Finato; Renzo Maria Grosselli e una rappresentanza del Comitato familiari degli emigrati fiemmesi a Rodi, con il presidente Riccardo Selle, Franca Degiampietro e Giampaolo Corradini. Ma era presente, non senza emozione, anche un folto gruppo di persone, oggi anziane, che hanno vissuto direttamente quella epopea.


Nel 1935 dalla Valle di Fiemme giunse sull’Isola di Rodi, Protettorato italiano, un gruppo di boscaioli e segantini fiemmesi con le famiglie. Il governatore italiano Mario Lago creò per loro un nuovo villaggio che fu chiamato Campochiaro. Li raggiunsero altri convalligiani e pochi altri trentini. Avrebbero dovuto, con minoranze altoatesine e friulane, occuparsi della coltivazione delle locali foreste, depauperate nel corso degli ultimi secoli. Una emigrazione organizzata al meglio che, nelle intenzioni della maggioranza dei trentini, doveva essere definitiva. Ma la “Grande Storia” aveva deciso altrimenti. Il Dodecaneso, a partire dalla fine del 1936, divenne un avamposto “strategico” del nuovo impero italiano e conobbe un processo di massiccia militarizzazione. Quindi, con l’entrata in guerra dell’Italia, fu stretto nella morsa navale e aerea degli inglesi con continui bombardamenti e scarsità di viveri. Una parte dei trentini scelse di rientrare nella propria terra nel 1939, altri nel 1943, quando l’Arcipelago passò sotto lo spietato controllo dell’esercito tedesco. Con la sconfitta dell’Italia, e dopo due anni di amministrazione inglese, il Dodecaneso passò sotto amministrazione greca e le famiglie trentine che avevano sperato di poter rimanere in quella terra, in cui avevano intessuto rapporti di amicizia e reciproca stima con la popolazione locale, dovettero lasciare l’isola. Le ultime fecero rientro in patria nel 1947. Campochiaro, ora abitata da famiglie greche, cambiò di nome, venendo a chiamarsi Eleoussa. A partire dagli anni ’80 nacque in Valle di Fiemme un flusso di turismo verso Rodi, fatto di ex emigrati e di loro figli e nipoti che, nei decenni, avevano trasformato in un “mito” le vicende di quella emigrazione.


Così Franca Degiampietro, Giampaolo Corradini e Riccardo Selle - del Comitato familiari degli emigrati fiemmesi a Rodi - hanno ricostruito la genesi di un libro che, è stato detto durante la presentazione, “sembrava un sogno ed è oggi diventato, grazie all’impegno e all’entusiasmo di molti, un importante documento”.

“Nel ‘frenetico andamento della vita moderna’ risulta sempre più difficile guardarsi indietro e pensare a quanto qualcuno prima di noi ha detto e fatto; inoltre, spesso, è la stessa pigrizia che ha il sopravvento e tutto ciò ci porta a posticipare azioni ed infine, inesorabilmente e drammaticamente, a dimenticare. Qualche anno fa Riccardo Selle ha proposto a noi, Franca Degiampietro e Giampaolo Corradini, a nostra volta figli di emigrati, di realizzare un sogno: riportare alla memoria un periodo storico di emigrazione ‘fiemmese’ nell’isola di Rodi dove, lui bambino, seguì la famiglia. Ci siamo trovati di fronte ad una scelta: intraprendere o meno un viaggio, con l’intento di raccogliere testimonianze verbali (le poche dei fortunati ‘sopravvissuti’), scritti, racconti di figli e nipoti, tante immagini, spesso ingiallite dal tempo ma sempre splendide, elementi di un passato non molto lontano, vissuto in una (allora) lontana isola del Mare Egeo, dalle nostre madri e dai nostri padri. Se ne era spesso parlato, fra parenti ed amici dei Fiemmesi di Rodi, ma era fino ad oggi rimasta un’intenzione, un’idea ‘allo stato larvale’ si potrebbe dire. Se il tempo e un pizzico di slancio, ma non certo la volontà, erano mancati ai nostri predecessori, la torcia è stata passata ai figli ancora accesa. Di qui l’idea, e le radici intime, di questo documento: un paziente lavoro che ci ha impegnato per alcuni anni ma che ci ha, sin dall’inizio, entusiasmati e che ci appassiona ancora scrivendo queste brevi righe di presentazione nelle quali vorremmo trasmettere quanto noi ora, una volta ultimato il percorso, avvertiamo. Tutto è avvenuto in un crescendo di emozioni: ritrovare una lettera diligentemente scritta ed indirizzata al coniuge in Patria, come rivedere un parente su una piccola immagine fotografica ritagliata a seghetto è stata per noi e per tutti coloro che con noi hanno ‘scritto’ questo documento ripercorrere non solo una parentesi di storia. Non si tratta di un semplice debito di riconoscenza nei confronti di persone che hanno tracciato il solco prima di noi: è un valore che va ritrovato nello stesso entusiasmo con cui gli stessi interpreti di quelle esperienze raccontavano a noi il loro modo di lavorare, studiare, divertirsi, in una parola il loro ‘vivere’ in quelle terre. ‘Ricordare’ nel senso di ‘riportare nel cuore’: questo è quanto era il nostro intendimento sin dall’inizio di questo viaggio. Nel nostro cammino abbiamo coinvolto tantissimi ‘testimoni’ ed amici, che vogliamo ringraziare avendo con noi entusiasticamente e senza alcuna riserva collaborato. Anche in loro abbiamo ritrovato le nostre emozioni. Un particolare ringraziamento a Renzo Maria Grosselli che ha accolto, senza esitazione fin dai primi momenti, la proposta di produrne un documento di significativo valore storico. Come pure un grazie a coloro che hanno creduto al nostro progetto ed hanno contribuito finanziariamente alla realizzazione del presente volume. Cosa altro dire? L’entusiasmo del ricordo ci ha affascinato e continuerà ad affascinarci; chissà, questa opera potrà essere un buon inizio”.
IL LIBRO E L'AUTORE

                                                                  
Renzo Maria Grosselli,
Gli uomini del legno sull’isola delle Rose. La vicenda storica del villaggio italiano di Campochiaro a Rodi 1935-1947,
Curcu & Genovese editore, 2012, pagg. 260, 30 euro.

Renzo Maria Grosselli (Trento 1952) ha iniziato le sue ricerche di taglio storiografico sull’emigrazione, trentina e italiana, nel 1981. Ha scandagliato archivi trentini, italiani, brasiliani e cileni. Ha al suo attivo molte centinaia di ore di registrazione sonora di “storie di vita”. Ha dato alle stampe una decina di volumi sulla storia dei flussi migratori caratterizzati dal taglio di “storia sociale”, tre dei quali sono stati tradotti e pubblicati all’estero, abbinando a ricerche di archivio le testimonianze dirette e la memorialistica degli emigrati. Altri volumi pubblicati dall’autore hanno come oggetto le tradizioni delle genti trentine e la ricostruzione della vicenda storica di particolari «anfratti» del cammino del Trentino tra Ottocento e Novecento: sviluppo del fenomeno turistico, rivoluzione idroelettrica, abbandono della montagna, cucina e alimentazione.
Grosselli ha pubblicato anche una serie di saggi brevi, su particolari aspetti dei flussi migratori (venditori ambulanti, emigrazione di valle, rapporto tra emigrazione di ritorno ed imprenditorialità, lingua ed emigrazione etc.). Vive attualmente in Valsugana, ha tre figli, ed è inviato speciale de “l’Adige” di Trento.


COSì NEL 1936 L'ENCICLOPEDIA TRECCANI DESCRIVE CAMPOCHIARO


L’edizione del 1936 dedica numerose pagine all’isola di Rodi sottolineando orgogliosamente l’attività svolta dal Protettorato italiano per migliorare le condizioni sociali ed economiche del possedimento. Il villaggio di Campochiaro è citato nella voce “Foreste” così: “Nel campo forestale le attenzioni dell’amministrazione sono state rivolte principalmente al rimboschimento che, unito alla protezione del bosco già esistente in virtù di rigide provvidenze legislative, garantisce il buon regime delle acque, la conservazione e l’incremento delle foreste. Il possedimento ora dispone di circa 80.000 ettari di boschi di pino, cipresso e ceduo che permettono l’inizio di uno sfruttamento razionale, progressivo. Ed è per ciò che l’attività colonizzatrice si è dal governo indirizzata anche in questo settore rurale. È sorto all’uopo un villaggio di boscaioli metropolitani: Campochiaro.

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