Se n'è andato un amico della Grecia,anzi un vero greco. E' mancato nella notte il politico italiano Potito Salatto, amante dell'Ellade e presenza fissa nella sua Paxi, perla dello Ionio.
Al di là dei suoi numerosi incarichi politici di cui in tanti scriveranno in questi giorni, preferisco soffermarmi su ciò che avevamo in comune: la passione per la Grecia.
Al di là dei suoi numerosi incarichi politici di cui in tanti scriveranno in questi giorni, preferisco soffermarmi su ciò che avevamo in comune: la passione per la Grecia.
Tito amava due cose: la politica e l'Ellade. Non potevano che essere due cose interconnesse e il destino ci aveva messo anche lo zampino. Nato a Bari, il suo singolare nome, Potito, deriva dal verbo grecopotiso: innaffio. Tito infatti innaffiava i suoi interlocutori continuamente. Era capace di passare in un batter d'occhio dall'alta politica, dalle riforme costituzionali, dalla crisi dei migranti, a storie di quell'altra politica, quando i rapporti umani contavano più di Cda e gettoni di presenza.
Chiacchiere, messaggini, mail, barzellette esilaranti come quelle raccontate in un ristorante pugliese a Bruxelles davanti ad un sontuoso piatto di orecchiette, racconti della sua vita democristiana e della sua seconda vita a Paxi sotto gli occhi dell'onnipresente Stefania. Il suo rifugio romano, "quella" trattoria in viale Mazzini dove ti invitava alle 12,50 esatte, faceva il paio con il buen ritiro ellenico.
Per lui Paxi non era solo mare e sole, ma il pan. L'amicizia, il rapporto umano, sacro e da concimare, il caffè del mattino sorseggiato al bar del porticciolo, il comunicato stampa scarabocchiato sui fazzolettini della Caffetteria, la telefonata a ferragosto per dirti "non fare scherzi: guarda che ti aspetto quest'anno a Paxi, voglio conoscere la tua bambina".
Quando nel 2014 presentò il mio libro "Greco-eroe d'Europa" in una libreria romana, ci tenne a dire che sì lui era molto critico con gli sprechi della Grecia, con i difetti ellenici, con le promesse farlocche di Tsipras (e dopo due anni i fatti gli stanno dando ragione). Ma ci teneva a sottolineare di non essere capace di parlare male dell'Ellade, perché la sentiva sua quella terra.
Tito Salatto era come un greco di altri tempi, sempre pronto a invitarti a cena, mai domo nel mettere la mano in tasca per un caffè. Un signore che amava ridere e si sforzava di lasciare l'interlocutore che si destava dal desco a cui lo aveva invitato, con un gran sorriso stampato sul volto. E nel cuore.
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