Un bilancio autocritico del percorso con Syriza da parte di uno dei dirigenti della minoranza che ha dato vita alla scissione di Unità Popolare
da Atene, Antonis Ntavanellos
I principali giornali greci della borghesia non nascondono il loro compiacimento sfrontato per la profonda mutazione di SYRIZA. Il partito che hanno ardentemente combattuto – perché agli occhi della maggioranza popolare rappresentava una radicale opposizione all’austerità e sosteneva tutte le resistenza di massa, anche quelle più “extraparlamentari” – non esiste più.
Al suo posto, assistiamo al formarsi di un partito con un unico capo [rappresentato da Alexis Tsipras (cfr. l’editoriale di To Vima del 13-XII-2015, che affermava in risposta a una destra – Nuova Democrazia – dilaniata al proprio interno: «Lasciatele fare il suo lavoro», vale a dire applicare gli ordine dei creditori)]. E questo in nome della perpetuazione della partecipazione del paese all’Eurozona. Questo partito ha assunta la direzione di una feroce politica antioperaia e antisociale. In altri termini, il partito che impone il terzo Memorandum [gli altri due risalgono al maggio 2010 e al febbraio 2012].
Il compiacimento è condiviso da una parte della sinistra settaria [del KKE-PC e da frazioni della coalizione ANTARSYA] che, forte dell’indirizzo dell’attuale politica di Tsipras, si affretta a dichiarare: «il progetto di SYRIZA era marcio fin dall’inizio, la fine era preannunciata, non esisteva la possibilità di una politica della sinistra a un tempo unitaria – quindi di massa – e radicale». Per cui, la sola possibilità che restava (e resta) aperta consisteva in un lento e paziente lavoro di «organizzazione» e di denuncia, e nello sforzo di «raccolta di forze», che – per definizione o quasi – rinviava le battaglie decisive a un futuro assolutamente imprecisato [è quel che fa il KKE; altre forze non hanno smesso di presentare, a torto, la situazione socio-politica come prerivoluzionaria o rivoluzionaria e, quindi, questo giustifica la loro caratterizzazione essenzialista e statica di SYRIZA].
Ma che cosa si fa se e quando la società richiede battaglie decisive, qui e ora e non spostate al “domani”, non da ingaggiare se e quando un partito della sinistra reale è finalmente pronto in termini politici e organizzativi?
Questa domanda ci è stata posta in modo imperativo fin dal momento in cui la crisi è esplosa con violenza in Grecia [dal 2008, con accentuazione nel 2010]. Ci ha incalzati per gran parte del nostro percorso con SYRIZA. Le risposte che le abbiamo dato collettivamente hanno portato a importanti successi politici, ma anche a grandi fallimenti.
Le opinioni settarie sottovalutano anche un altro fattore, che la sinistra internazionale è riuscita a cogliere meglio anche a distanza: la rapidità e il carattere di massa della reazione dell’“ala sinistra” di SYRIZA di fronte alla svendita del 13 luglio [l’accettazione di Tsipras delle decisioni dell’Eurogruppo e della Commissione dell’EU e la loro convalida ad opera di una convergenza parlamentare tra la maggioranza dei deputati di SYRIZA e quelli del PASOK, di To Potami e di Nuova Democrazia il 15-16 luglio 2015, mentre si era svolta una manifestazione significativa, il 15 luglio, di fronte al Parlamento, in Piazza Syntagma].
È stata ampia, ed è cominciata subito, la larga ondata di dimissioni e di abbandono di dirigenti, di quadri intermedi, di militanti di base e anche di organizzazioni locali. La Piattaforma di Sinistra [che raccoglieva la Corrente di sinistra di Lafazanis e Rednetwork, animata da DEA nonché da indipendenti] ha preso l’iniziativa di dar vita al partito-coalizione Unità Popolare (UP), con l’apporto della frazione dei «53» [una tendenza centrista di SYRIZA] e della Gioventù di SYRIZA. Anche fra alcuni che rimangono in SYRIZA l’inquietudine nei confronti della sua direzione e del governo di Tsipras si manifesta quotidianamente.
L’UP ha conosciuto la sconfitta alle elezioni del 20 settembre 2015 [ha avuto il 2,8% e non ha quindi raggiunto la soglia del 3% necessaria per una rappresentanza parlamentare]. Con soli 20 giorni a disposizione, UP non ha avuto modo di elaborare e diffondere una risposta politica ed elettorale efficace contro la violenta virata – certo politicamente prevedibile, ma il cui scadenzario preciso non era definito e si mescolava a manovre e a scontri interni – del gruppo dirigente di Tsipras, che aveva l’appoggio di tutto il sistema politico-economico nazionale e internazionale. UP, tuttavia, è riuscita a conservare un importante legame con militanti ed ha creato un primo luogo di organizzazione e di raggruppamento che si rifà al marxismo e a una strategia socialista.
Tutti questi militanti – ma anche le forze dell’«altra sinistra» [le altre correnti ancora in seno ad ANTARSYA e i militanti di «base» del KKE, tra altri] – possono svolgere un ruolo cruciale nella battaglia di resistenza al terzo Memorandum. E solo quando si conoscerà l’esito di questa battaglia – nei prossimi mesi – saremo in grado di tirare conclusioni più definitive sul bilancio di SYRIZA e delle forze che incessantemente, su punti cruciali, hanno fatto conoscere le proprie posizioni in totale autonomia, e hanno contestato prese di posizione della direzione di Tsipras [fin dal primo accordo del 20 febbraio 2015].
Oggi siamo in un momento di crisi, dopo una sconfitta politica di fondo, ma abbiamo davanti a noi future battaglie. Queste possono decidere la conclusione della guerra.
Partendo da quanto abbiamo fatto finora, abbiamo ricavato le risorse per essere presenti, certo con dei limiti, sul campo di battaglia e non rinunciare, con il sostegno popolare, a una vittoria che sarà legata, nelle sue possibilità e nelle sue forme, agli sviluppi nei vari paesi europei.
La recente storia politica, la storia della stessa SYRIZA, dimostra che sul terreno della lotta di classe in Grecia importanti inversioni politiche erano e restano nel campo della fattibilità.
Nello spirito di questo approccio e risolutamente fermi nella prospettiva di contrastare, ad ogni tappa, l’applicazione del III Memorandum, formuliamo qui alcune prime riflessioni sull’indispensabile bilancio del nostro percorso insieme a SYRIZA, e al suo interno, dal 2004 fino al 2015.
La preistoria
Alcuni dei membri più arroganti dell’attuale SYRIZA sostengono che questa fosse la continuazione senza soluzione di continuità della sinistra innovatrice, cioè della versione greca dell’eurocomunismo. Cercano di dimostrare che il peso e l’udienza di SYRIZA, come pure la sua vittoria politica nel gennaio 2015 [con cui diventava la principale forza politica in parlamento, raccogliendo il 36,4% dei suffragi e disponendo di 149 deputati; il 26 gennaio si è fatto l’accordo con ANEL - Greci Indipendenti, 13 deputati – per avere la maggioranza, che è di 151 deputati, per poter formare il governo], siano la dimostrazione che questa coalizione-corrente esiste «da molto tempo» in Grecia.
Si tratta di affermazioni non esatte. All’inizio del primo decennio del XXI secolo, tutti i sondaggi d’opinione dimostravano che Synaspismos [uscito dal PC dell’«interno» nel 1991] era pericolosamente vicino al limite della praticabilità elettorale, intorno al 3%: Sapevano tutti che una seconda fase extraparlamentare (dopo l’insuccesso del 2,94% alle elezioni dell’ottobre 1993 sarebbe stata probabilmente fatale per Synaspismos [d’ora in poi abbreviato: SYN].
La ragione di questa valutazione era la tragica situazione interna del partito. È vero che l’indirizzo eurocomunista [il riferimento è all’indirizzo del PC italiano negli anni Settanta, a volte definito “socialdemocratizzazione del PCI”] in SYN era predominante al suo interno. Ma la maggioranza dei suoi quadri e dei suoi iscritti provenivano dal PC greco (KKE). Questa contraddizione si faceva più intensa in quanto le idee di tipo “centro-sinistra” erano molto diffuse nel partito. Il fascino della “modernizzazione” social-liberista” sotto Costas Simitis [membro del PASOK – Movimento socialista panellenico, Primo ministro dal giugno 1996 al febbraio 2004], non aveva conquistato soltanto una serie di quadri dirigenti (ad esempio Androulakis, Damanaki, Mpistis, ecc.). Erano idee diffusissime anche fra l’effettivo dei quadri intermedi e in alcune organizzazioni del partito. Nel novembre 2001, Leonidas Kyrkos [che nei sondaggi raccoglieva il 38% di popolarità, subito dietro Papandreou], il “Nestore” della tradizione eurocomunista, aveva proposto la “federazione” tra PASOK e SYN, proposta sorretta dalle frange più versatili del PSOK, soprattutto da Kostas Laliotis [membro del governo di Andrea Papandreou dall’ottobre 1993 al gennaio 1996] – che riteneva l’estensione della socialdemocrazia verso SYN un contrappeso all’usura subita dal PASOK sotto Simitis. Secondo lui, era l’unica speranza di vincere le elezioni, di fronte alla Nuova Democrazia di Karamanlis.
Al vertice di quell’instabile piramide che era SYN c’erano il suo presidente, Nikos Konstantopoulos – che non proveniva dalla tradizione comunista ma da quella modernizzatrice – e Stergios Pitsiorlas, coordinatore del Comitato politico centrale, quadro dell’ex Partito comunista di Grecia (dell’interno) ed attualmente – dopo una lunga assenza negli anni dell’ascesa di SYRIZA – presidente del TAIPED [l’organo, creato nel luglio 2011, che ha l’incarico di gestire le privatizzazioni, un elemento molto importante dei Memoranda]…
Lo “Spazio di dialogo e di intervento comune della sinistra”, che costituiva un percorso essenziale per quel che sarebbe accaduto, si è dunque creato in quelle condizioni. Allo “Spazio” partecipavano: una parte della sinistra di SYN (la Corrente di Sinistra e la Rete Rosso-Verde, che ancora costituivano un insieme; AKOA [la rinnovata Sinistra comunista ecologica], KEDA [Movimento per l’Unità d’azione della sinistra], i Cittadini Attivi di Manolis Glezos [eroe della Resistenza] e una serie di “non organizzati” importanti come Th. Dritsas, Tasia Christodoulopoulou, Demos Tsakias, J. Milios, M. Spathis, ecc. Dalla sinistra radicale provenivano DEA [Sinistra Operaia Internazionalista], KOE [Organizzazione comunista di Grecia, d’origine maoista], la Rete, Xekinima [Organizzazione socialista internazionalista, per una certa fase); e, agli inizi, SEK [Partito socialista operaio, legato al SWP inglese] e DHKKI [Movimento democratico socialista] hanno partecipato come «osservatori».
Lo “Spazio” cercava di organizzare una prima discussione sistematica sulla difficile situazione della sinistra, ma anche di scrutare la possibilità di interventi comuni (ad esempio, sull’Assistenza e Previdenza sociale, o nelle manifestazioni contro la guerra…). La sua fondazione, tuttavia, rispondeva anche a “segnali” più profondi: ai primi momenti del movimento internazionale dell’altermondialismo (le Marce europee, Seattle [1996], Praga [settembre 2000]; ai promettenti successi della prima fase, in Italia, del Partito della Rifondazione Comunista [PRC, creato nel 1991 e diretto, dopo l’intermezzo di Sergio Garavini, da Fausto Bertinotti, proveniente dalla CGIL]. Quest’insieme rispondeva all’esigenza di una critica generale all’orientamento di “centro-sinistra” dopo il fallimento della “sinistra plurale” in Francia, a un vago appello alla “ricomposizione della sinistra” che sembrava provenire da varie parti (incluso da sezioni europee della Quarta Internazionale).
Lo “Spazio” poneva chiaramente una linea di demarcazione di fronte alla strategia di “centro-sinistra” e cercava di aprire un serio dibattito sul modo di rispondere meglio alle difficoltà generate dalla crisi dei partiti comunisti nella difficile fase degli anni Novanta, ma anche dalla crisi e il ristagno delle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria in Europa, a trent’anni dal Maggio 1968.
In quella fase, la direzione di SYN aveva tentato alcune alleanze elettorali con organizzazioni che hanno partecipato allo “Spazio”: AKOA, KEDA, Manolis Glezos, ecc. Ma i risultati furono magri. La ghigliottina del quorum del 3% restava sempre minacciosa. È chiaro che, per un’impresa di maggiore portata la condizione preliminare era la radicalizzazione politica. E l’aiuto è arrivato dall’“esterno” di SYN.
Prodotto della radicalizzazione
La fondazione di SYRIZA è stata facilitata in maniera decisiva da un’ondata di radicalizzazione in seno al partito e su scala internazionale.
Il gigantesco sciopero e le massicce manifestazioni in tutto il paese contro lo smantellamento della Previdenza sociale sotto Tasos Giannitsis [membro del PASOK, membro del Consiglio Economico dell’OCSE e ministro chiave sotto la presidenza di Costas Simitis, dal 1994 al 2000] approfondirono la distanza tra la Sinistra e il social-liberismo. Nelle file di SYN, questo sviluppo ha aiutato l’ala sinistra ad assumersi le sue responsabilità, ad avviare la battaglia contro quelli che strizzavano l’occhio al PSOK, cominciando a porre in rilievo come il rifiuto della strategia di centro-sinistra fosse la precondizione della ricostituzione.
L’aiuto principale venne dal movimento internazionale contro la globalizzazione capitalista e neoliberista. Nel 2001, a Genova, le forze che partecipavano allo “Spazio” costituivano un grande blocco (Comitato greco per la Manifestazione internazionale a Genova), che ha partecipato disciplinatamente nei punti più caldi dello scontro provocato dalla polizia. L’ondata di speranza proveniente dal movimento internazionale spingeva a sinistra l’intero quadro del dibattito.
A Genova, ad esempio, i giovani di SYN (allora con Alexis Tsipras come segretario) ricorrevano allo slogan: «Avete affogato i Balcani nel sangue; vai a farti fottere compagno D’Alema!» [guerra dei Balcani, tra il 1991 e il 1999; Massimo D’Alema, ex direttore dell’organo del PCI L’Unità dal 1988 al 1990, poi presidente del gruppo parlamentare del PDS, uscito dall’autoscioglimento del PCI nel 1991, sarà capo del governo italiano tra il 1998 e il 2000], che esprimeva il loro disgusto nei confronti di quelli che erano gli interlocutori rispettabili del loro partito fino ad allora.
La Sinistra in Grecia – con l’encomiabile eccezione di SEK – ha sottovalutato il movimento internazionale altermondialista (iniziative, forum). L’incerto approccio del KKE, ma anche di NAR (Nuova corrente di sinistra) ecc., ha lasciato allo “Spazio” maggior margine per iniziative politiche.
Il movimento contro la guerra rappresentava un prima prova. Dopo l’11 settembre 2001, la reazione di SYN è stata quella di una politica “equidistante” dall’imperialismo e dalle “azioni terroriste”, che andavano respinte nel quadro della guerra imperialista in Iraq. Si trattava di una posizione inaccettabile per altre forze partecipanti allo “Spazio” e furono indispensabili una serie di dibattiti perché si affermasse una linea anti-guerra e antimperialista minimamente decente.
In base ai successi e ai requisiti politici di questo primo periodo, si è potuto costruire il Forum europeo greco. L’importante partecipazione alle prime manifestazioni, durante la prima presidenza greca dell’UE (gennaio-giugno 2004), dimostrò come fosse possibile, in base a una linea radicale di sinistra, mobilitare forze più ampie, che erano rimaste sparse fino ad allora. Questa constatazione ebbe conferma durante le gigantesche manifestazioni contro la guerra di G. W. Bush in Iraq [dichiarata ufficialmente nel marzo 2003].
Diventava al contempo evidente che ci sarebbe stato bisogno di trovare quanto prima uno “strumento” che consentisse a tutta questa gente di partecipare alla lotta politica in maniera più sistematica e continuativa. In seno a SYN si è affermò stabilmente l’idea di stringere l’alleanza politica con le forze dello “Spazio” e del “Forum europeo”, nonché di tentare la ricomposizione attraverso il riferimento “ai movimenti”. Viceversa, le forze che riponevano le loro speranze nel congiungimento con il PASOK erano in calo. A quel punto, erano poste le basi per la creazione di SYRIZA.
Il frutto di un costante scontro politico
La Dichiarazione Politica Costitutiva era stata sottoscritta fin dal 2003 da AKOA Cittadini attivi, DEA, KEDA, KOE, SYN e numerosi militanti non organizzati. La presentazione pubblica della Dichiarazione avvenne il 3 dicembre 2003, con G. Mpanias, M. Glezos, G. Theonas, N. Galanis, S. Pitsiorlas, T. Christodoulopoulou, A. Ntavanellos. Essa suscitò vivaci reazioni dell’ala “innovatrice” di SYN, che criticava il partito per il coinvolgimento in quell’alleanza, che non era soltanto elettorale ma politica in senso più generale e con imprevedibili conseguenze sul partito di SYN.
Alla Dichiarazione si accompagnava un accordo che dichiarava: 1) SYRIZA è un fronte politico di organizzazioni e di militanti che conservano la loro rispettiva autonomia e il diritto alla libera espressione delle proprie opinioni; 2) SYRIZA funziona per consenso e riconosce a ciascuna delle sue componenti un ragionevole diritto di “veto”: 3) la rappresentanza in parlamento sarà pluralista; 4) il nome del fronte conterrà la parola “Synaspismos” e il presidente del suo gruppo parlamentare sarà il presidente di SYN.
Su questa base, SYRIZA (dopo la presa di distanza da parte di KOE, che diede soltanto il suo appoggio elettorale) partecipò con modesto successo alle elezioni del marzo 2004, riportando il 3,26% dei suffragi.
In quelle elezioni, l’accordo sulla rappresentanza pluralista non venne rispettato. Le manipolazioni di Konstantopoulos [dirigente di SYN dopo il 1993, giurista, la cui figlia Zoe è stata presidente del parlamento da gennaio a settembre 2015] e di A. Filini non contribuirono a compensare quel colpo basso dopo le elezioni [le critiche al mancato rispetto della regola pluralista provenivano dalla sinistra di SYN e di altre formazioni], provocando così una prima crisi in seno alla segreteria di SYRIZA e nello stesso SYN. Questa situazione si combinava con la crisi interna di SYN sull’esistenza o meno di reali prospettive per SYRIZA in generale.
La crisi si accentuò per le differenziazioni sul Piano Annan [dal nome di Kofi Annan, segretario generale dell’ONU, sulla sorte di Cipro, con un referendum nel 2004 nelle due parti dell’isola]. Il progetto politico di SYRIZA era sistematicamente minato dall’“ala innovatrice”. Questa puntava chiaramente ad annullare l’azione comune in base al pericolo di slittamento su posizioni “estremiste”. Alle elezioni europee del giugno 2004, SYN partecipava da solo, ottenendo il 4,16%, mentre aveva avuto il 5,25% nel 1999.
La scelta SYRIZA era ormai chiaramente legata al dibattito sulla “radicalizzazione” o meno di SYN e non era possibile riprendere l’impresa senza un passo importante in questa direzione. Questo passo si è compiuto al momento del IV Congresso di SYN (9-12 dicembre 2004), congresso ormai noto con il nome di “Congresso della svolta a sinistra”. In quel congresso venne eletto il nuovo presidente. Alekos Alavanos, al posto di N. Konstantopoulos. Fu anche il primo congresso nella storia di SYN in cui la “Corrente di sinistra”, allora unita, rivendicò ed assunse le proprie responsabilità nella direzione del partito.
A livello della direzione di SYN, la vittoria della “svolta a sinistra” era più difficile di quanto il Congresso non l’avesse fatta apparire. Cediamo la parola a J. Mpalafas (autore di una “cronaca” sui 20 anni di SYN): «Il testo dell’Ala Sinistra, proposto da Panayotis Lafazanis, faceva di SYRIZA una scelta strategica che il partito doveva sostenere. Accusava SYN di aver sospeso la funzione del fronte e criticava il “secondo testo” per aver lasciato aperta la possibilità di collaborazione con il PASOK»…. Il “secondo testo” dell’«Intervento» e del «Raggruppamento Innovatore» presentato da Lykoudis, «affrontava con occhio critico SYRIZA, constatandone aspetti sia positivi sia negativi». Nel Comitato politico centrale di SYN, il testo di Lafazanis venne approvato con 51 voti contro 48; c’erano stati 7 voti bianchi, 3 astenuti e un “presente” (il voto di Konstantopoulos).
Ad ogni modo, la “svolta a sinistra” di SYN creò le condizioni indispensabili per il rilancio di SYRIZA. Il partito-coalizione (fronte) riuscì così ad entrare unito nella fase critica della battaglia contro la destra di Karamanlis [Primo ministro dal marzo 2004 a ottobre 2009]. Questo, tuttavia, non significa che i conflitti in seno a SYRIZA fossero terminati. Quei conflitti, infatti, assumevano talvolta andamenti esistenziali. I più noti tra questi riguardavano la candidatura di Giannis Panousis [poi ministro sotto Tsipras], alle elezioni regionali dell’Attica (nel 2005); i problemi della rappresentanza alle elezioni europee del 2009; la crisi tra Alekos Alavanos [segretario di SYRIZA dopo il 2004] e Tsipras [che gli succedeva nel 2008]; e l’insistenza della maggioranza di SYN a favore della candidatura di Alexis Mitropoulos alle regionali dell’Attica (2010) [Mitropoulos, docente di Diritto del lavoro, verrà eletto nel gennaio 2015 deputato dell’Attica, la maggiore circoscrizione della Grecia]. Arriveranno poi i grossi problemi relativi al programma, alla linea politica e alla tattica, che raggiunsero il loro punto culminante dopo il successo elettorale del maggio 2012[1] [con SYRIZA che ottenne il 16,8% e 52 seggi]. Questi problemi assunsero un carattere esplosivo dopo la vittoria elettorale del 25 gennaio 2015.
I conflitti si sono verificati su un duplice fronte. Da un lato, tra la Segreteria di SYRIZA e il partito di SYN. Dall’altro, tra coloro che sostenevano la perennità di SYRIZA – ormai sinonimo della “radicalizzazione” di SYN – e l’ala destra “innovatrice”, che ricercava continuamente il modo di prendere le distanze da SYRIZA.
Numerosi compagni esterni a SYRIZA, come anche alcuni compagni della sinistra internazionale, sono erroneamente convinti che la scelta di SYRIZA, la scelta di operare tramite un soggetto politico unitario della sinistra radicale, significasse una sorta di “riconciliazione” generale con SYN, o che i rapporti politici interni costituissero un’atmosfera da “luna di miele”. Si tratta di supposizioni che nulla hanno a che vedere con la realtà dell’irrequieto cammino che abbiamo percorso. Questa realtà creava l’esigenza di sviluppare “strumenti” per essere partecipi a pieno titolo della battaglia politica all’interno del fronte, una battaglia che spesso ha comportato implicazioni di fondo.
Da Alavanos a Tsipras
Il periodo della direzione di Alekos Alavanos è stato importante sia per SYN sia per SYRIZA.
Per cominciare, Alavanos ha dato importanza alla restaurazione dei rapporti tra SYN e la Segreteria di SYRIZA, ponendo l’accento sul fatto che riteneva SYRIZA una scelta definitiva. Verso la fine del suo mandato, infatti, tendeva a “trincerarsi” in SYRIZA per difendersi dal proprio partito.
La principale dote di Alavanos si è rivelata sul piano politico. Ha rotto con una certa tradizione di “innovatori” ed è subito entrato in conflitto con la Nuova Democrazia di Karamanlis [Primo ministro dal marzo 2004 a ottobre 2009]. Ad esempio, ha preteso dalla Sinistra “riflessi anti-destra” che avevano perso credibilità ed erano degenerati sotto il PASOK [il governo di Costas Simitis, dal febbraio 1999 al febbraio 2004]. Ha ridato fiducia, al tempo giusto, alla possibilità che il movimento dei giovani – contro la privatizzazione delle università – potesse ottenere la vittoria [art. 16 della Costituzione, che vieta la privatizzazione delle università]. Cercò poi di identificare il partito con questa possibilità. Ruppe così con un’altra delle tradizione degli “innovatori”, che esitavano a bloccare le privatizzazioni. Sostenne tattiche non convenzionali e azzardate – come la sua candidatura a Heraklion (Creta), dove fu eletto all’ultimo momento, o come la sua proposta di presentare Tsipras per la municipalità di Atene – che davano un profilo radicale a SYRIZA. Per queste scelte, SYRIZA ottenne nei sondaggi elettorali quella dinamica che costituiva una prima indicazione dell’esplosione delle sue percentuali nel 2012.
Di pari importanza era la sua presa di posizione durante la rivolta del dicembre 2008. Malgrado la forte pressione da parte del sistema (Consiglio dei dirigenti politici), da parte del KKE («voi accarezzate le orecchie degli incappucciati», vale a dire degli anarchici, ci diceva la direzione del PC) e malgrado le veementi reazioni all’interno di SYN – che chiedevano di «condannare la violenza da qualsiasi parte provenga», e cioè sia della polizia sia degli autonomi – riuscì a mantenere l’orientamento di SYRIZA su posizioni basilari: «Continuate a manifestare!». L’effetto sui sondaggi elettorali era negativo, l’influenza di SYRIZA poteva sembrare soffrirne. Eppure, l’effetto politico fu il contrario: SYRIZA si smarcava dai partiti tradizionali e costruiva le basi della sua vittoria politica ed elettorale per la fase successiva
A mio avviso, un momento eccezionale della direzione Alavanos di SYRIZA fu quello della sua posizione sui compiti della Sinistra quando è sopraggiunta la crisi del 2008: 1) la valutazione che la Grecia fosse l’anello debole del capitalismo europeo; 2) l’incoraggiamento a rompere con l’“europeismo” [in senso pro-UE] che dominava all’interno di SYN, la fine cioè dell’accettazione del Trattato di Maastricht sull’UE, concluso nel febbraio 1992 ed entrato in vigore nel novembre dell’anno successivo; 3) l’ipotesi sul prossimo “dicembre operaio” [per analogia con la sollevazione studentesca di dicembre; 4) lo slogan del “governo della sinistra”; 5) la proposta di trasformare SYRIZA in partito unificato.
Tuttavia, la principale debolezza di Alavanos erano le sue posizioni sull’organizzazione stessa di SYRIZA. Posizioni che si sono rivelate con il suo attacco all’“esistenza di organizzazioni indipendenti”, un attacco completamente fuori luogo. Questo è stato poi confermato dal suo inatteso abbandono della direzione del partito con il suo tentativo di instaurare una “diarchia”: una persona alla direzione politica e un’altra per controllare i meccanismi di funzionamento, vale a dire un controllo “sul” partito. È corretto l’aspro rimprovero fattogli in seguito da Dimitrios Papadimoulis: «Alavanos non si è limitato a proporre che Tsipras assumesse la direzione del partito, lo ha imposto di fatto».
In quel tumultuoso periodo noi abbiamo sostenuto agli inizi la politica di Alavanos, come prosecuzione della “svolta a sinistra” di SYN, come fase indispensabile per la costruzione di SYRIZA. Lo abbiamo seguito nel Fronte di Solidarietà e Rovesciamento (FSR), contro la scelta della maggioranza di SYN sulla candidatura di A. Mitropoulos alle regionali dell’Attica, una scelta che ritenevamo indicasse “aperture” più generali in direzione dei socialdemocratici. Abbiamo cercato – insieme ad altri nella Segreteria di SYRIZA – di evitare che il conflitto tra Alvanos e Tsipras assumesse caratteristiche catastrofiche, di trovare una forma di “coesistenza” tra loro e di controllare gli scenari di una definitiva rottura con SYRIZA.
Quando queste proposte della maggioranza della Segreteria di SYRIZA furono respinte (anche da parte di SYN e di Alavanos), noi abbiamo accettato (insieme alla grande maggioranza di quelli che avevano ingaggiato la battaglia delle elezioni regionali dell’Attica insieme al FSR) di rilanciare SYRIZA sull’ultima linea retta prima delle regionali del novembre 2010 [7 e 14 novembre].
Alle legislative del 2009 – appena dopo aperta questa crisi – SYRIZA ottenne 315.000 voti, il 4,16%. Alexis Tsipras fu eletto presidente del gruppo parlamentare dai 9 deputati di SYRIZA.
Un partito dei propri membri?
Le proposte di Alavanos di trasformare SYRIZA immediatamente da un partito unificato a un “partito dei suoi membri” e non in una “coalizione di correnti” entravano in consonanza con una tendenza interna di SYRIZA: essa traduceva l’autentico bisogno di democratizzazione del partito e di un funzionamento più coeso del suo apparato. Questa tendenza era composta da membri di PASA, di AKOA, del Gruppo Rosa, di Kokino, di APO, ecc. La proposta comportava il passaggio immediato a organizzazioni unificate, – organizzazioni basate su sezioni di quartiere e di città e settori (istruzione, sanità, fabbrica, ecc.) -, l’adozione del criterio “una testa un voto”, presa di decisioni a maggioranza.
La nostra obiezione a questa proposta riguardava l’assenza di preliminari requisiti politici (un orientamento chiaro, discusso), la mancanza di indispensabili rapporti di fiducia per garantire veramente l’ unificazione. E rispondemmo negativamente.
Innanzitutto, la proposta era rifiutata dalla grande maggioranza dei membri di SYN: la Corrente di Sinistra [la cui figura centrale era P. Lafazanis] rimaneva molto scettica, gli “innovatori” [eurocomunisti, socialdemocratici] parlavano di casus belli, e il gruppo dei quadri intorno a Tsipras formulava idee che indicavano che un’unificazione prematura ci avrebbe probabilmente portato alla creazione di un “partito del capo”) con la scusa di introdurre la “democrazia diretta”. Il pericolo che SYRIZA si trasformasse in un “Synaspismos allargato” era la nostra principale preoccupazione in questa discussione, di rilevanza critica.
Queste questioni si sono poste nella Terza Conferenza nazionale di SYRIZA (27-28 novembre 2009). In quella sede abbiamo lavorato per ottenere un “compromesso per progredire”, che prendesse misure organizzative e risolvesse la questione della trasformazione di SYRIZA in “partito dei suoi membri”, nel quadro di una procedura più precisa e graduale.
Lo slogan di quella Conferenza di SYRIZA era «SYRIZA ovunque!», uno slogan che stabiliva il dovere di costruire organizzazioni locali nei quartieri, nelle cittadine, nelle borgate. Le loro assemblee dovevano diventare l’epicentro del loro funzionamento. Dovevano stabilire un registro unico degli iscritti (che comprendeva quelli organizzati in “correnti” come anche i non organizzati, cioè quelli senza una tessera di organizzazione). Questi membri dovevano ricevere la tessera di “aderente” e scegliere “direzioni” locali con compiti di coordinamento. Al livello di Segreteria si mantenevano la rappresentanza delle correnti e le decisioni prese per consenso. Il criterio “un membro un voto” e le decisioni a maggioranza si rinviavano alla Conferenza successiva, la quarta, fissata alla scadenza di un anno. In altri termini sarebbe stata composta da delegati eletti dai membri delle organizzazioni locali, costituite nella forma sopra descritta.
La decisione suscitò la furia dell’ala destra di SYN. L. Kirkos dichiarò pubblicamente che l’Ala innovatrice doveva «decidere di condurre questa battaglia senza compromessi» e che, se si trovava in minoranza, «doveva formare un nuovo soggetto politico». A. Nefeloudis (attuale Segretario generale del ministro del Lavoro) faceva appello – sulle colonne di Avgi, il quotidiano di SYRIZA, più esattamente di SYN – ai suoi compagni a chiudere con SYRIZA, «questo gruppuscolo astorico, estremista, oscuro…».
Tuttavia, le decisione della terza Conferenza incontravano del pari la reazione violenta della corrente della “sensibilità democratica” in SYRIZA – con molti di quei compagni che avevano le migliori intenzioni! Quando, in seguito, A. Tsipras utilizzava in maniera sfrenata la “democrazia diretta” (ad esempio, nelle gigantesche assemblee in cui chiedeva voti all’improvviso e si poneva come candidato presunto uguale agli altri partecipanti, che rimanevano stupiti), pensavano: “In questo modo Alexis demolisce tutti i meccanismi”. Hanno però tardato troppo a reagire e sono rimasti paralizzati e legati alla dinamica di Tsipras. Per fortuna, non l’hanno seguito nei giorni decisivi del 2015.
Nei partiti cosiddetti larghi, il rapporto tra la democrazia interna – i diritti e doveri dei membri – e la maturità politica generale del partito è un “esercizio” difficile di sincerità, serietà e responsabilità. Oggi che, nel caso di Podemos, Iglesias utilizza una “democrazia diretta” virtuale per distruggere i diritti democratici degli iscritti membri, disponiamo di un esempio ancora più chiaro.
In SYRIZA, dopo la Terza Conferenza, molti di noi hanno lavorato a completare la transizione verso un “partito di iscritti”. Le condizioni di democrazia e disciplina, il criterio “un membro un voto”, le decisioni a maggioranza, ecc. erano presentate nello Statuto e adottate alla fine durante la Conferenza di fondazione di SYRIZA, ma violate sistematicamente e crudelmente in seguito. In questo quadro, ci siamo rifiutati di sciogliere DEA e abbiamo mantenuto la nostra stampa, le nostre pubblicazioni, la nostra propria attività, nel quadro di una politica leale nel corso delle lotte politiche condotte da SYRIZA.
Governo della Sinistra
La grande prova per SYRIZA, come per tutta la Sinistra in Grecia, avvenne nella fase di esplosione della crisi.
Fu un periodo di lotte tumultuose e prolungate, che ebbe come epicentro lo sciopero e le manifestazioni di piazza (tra il 2010 e il 2012); un periodo, un mobilitazione che ha superato di molto il precedente livello della lotta di classe in Grecia e in Europa, in questi anni. Un periodo in cui la classe operaia, come colonna vertebrale di una più generale mobilitazione delle forze popolari, si è scontrata a diverse riprese con la forza nuda e cruda dello Stato.
SYRIZA è entrata in quel periodo con forze organizzate meno rilevanti del KKE (Partito Comunista su una linea settaria del tipo “terzo periodo” e che si richiamava esplicitamente allo stalinismo), ma in condizioni qualitativamente migliori di ANTARSYA [si vedano i risultati delle elezioni legislative dell’ottobre 2009: SYRIZA 4,60%, ANTARSYA 0,36%; nella circoscrizione di Atene, alle regionali del 20010: SYRIZA 5,8%, ANTARSYA 2,87%; Attica: SYRIZA 6,28%, ANTARSYA 2,29%; Salonicco: SYRIZA 3,67%, ANTARSYA 1,28%; Pireo: SYRYZA insieme agli ecologisti,7,58%, ANTARSYA 2,71%].
Nel 2012, era ormai chiaro come SYRIZA predominasse a livello elettorale. Già prima del 2012 aveva vinto la battaglia politica, conquistando il sostegno delle principali forze operaie e popolari in quella fase di intervento diretto dei/delle lavoratori/lavoratrici, malgrado i suoi problemi interni di coesione e saldezza ideologiche.
È un fenomeno che va spiegato. Una prima dimensione della risposta sta nell’appello di SYRIZA per l’unità d’azione, nel carattere di fronte “popolare” della sua politica e del suo programma che – al di là dei problemi – si trovava in sintonia con le sensazioni e gli umori di ampi strati della popolazione. Questo però non bastava e non basta. SYRIZA ha vinto la battaglia politica in quel periodo perché si è presa la responsabilità di proporre una soluzione-prospettiva al problema del potere governativo corrispondente alla situazione generale, che noi non caratterizzavamo come “rivoluzionaria” o “prerivoluzionaria”. La base del suo successo era la parola d’ordine: “Governo della Sinistra”.
Le persone impegnate nelle varie lotte capivano che, per salvare se stesse e salvare la loro classe dalle conseguenze dell’austerità, dovevano rovesciare il governo dei Memoranda. Ci sono riuscite contro Georgios Papandreou [PASOK, 11 novembre 2011], ci sono riuscite contro Loukas Papademos [ex governatore della Banca centrale di Grecia, ex-vicepresidente della BCE, Primo ministro cosiddetto “tecnico”, dal novembre 2011 al 16 maggio 2012] e si sono trovate a scontrarsi con i CRS [corpi antisommossa], i lacrimogeni e le precettazioni degli operai in sciopero [ad esempio, i lavoratori della metropolitana]. Rovesciare Samaras ricorrendo ai metodi di piazza, all’azione diretta, presupponeva una situazione semi-rivoluzionaria, una forza operaia e popolare superiore a quella disponibile. Quando la grande maggioranza popolare è giunta a questa conclusione, dopo centinaia di “tentativi”, ha finito per rivolgersi verso la prospettiva dell’impegno nella via elettorale. Non si trattava di una “svolta a destra” in massa: nonostante gli incessanti tentativi dei mezzi di comunicazione dominanti – controllati da un’oligarchia che la stessa ambasciata americana avrebbe poi dovuto descrivere esattamente per quello che era – non si poteva, a quel punto, incanalare il grosso dell’elettorato dietro i grandi partiti borghesi [ND e PASOK].
Noi non abbiamo ovviamente potuto sceglierci le condizioni di contesto – come tanti altri avremmo preferito che la gente prendesse la direzione del rovesciamento governativo attraverso l’azione, basandosi sulla propria iniziativa – ma le condizioni restavano comunque eccezionali dal punto di vista storico: era palpabile ovunque la sensazione che fosse necessario e fattibile un grande cambiamento. In questa situazione, la parola d’ordine “governo della Sinistra” era ragionevole e poteva riempirsi di varie dinamiche, al di là del rovesciamento politico del governo Samaras.
È stata avanzata per la prima volta nella discussione politica da Alekos Alavanos nel 2008-2009 – come si è detto sopra – e questo prima che scoppiasse la crisi e prima delle grandi lotte del 2010-2012. Allora noi l’abbiamo respinta ritenendo che la sola possibilità di concretizzarla veramente, in quella sequenza politica, sarebbe stata quella di una svolta in senso parlamentaristico, una svolta cioè verso la collaborazione con i primi frammenti usciti dalla socialdemocrazia, dal PASOK.
La discussione è mutata qualitativamente dopo il 2010-2011. C’era ormai una certa accumulazione di condizioni e di forze che ricordava il dibattito, con tutti i limiti dell’analogia, del IV Congresso dell’Internazionale Comunista [novembre-dicembre 1922]: una profonda crisi economica; uno scontro radicale nella società; l’ascesa verticale delle lotte di classe che, però, non riuscivano, o non riuscivano ancora, a sfociare in una situazione prerivoluzionaria; un ardente desiderio del proletariato di cambiare la situazione che tuttavia non arrivava ancora al punto di prendere la decisione di “abbattere il muro capitalista”; una profonda crisi dei principali partiti borghesi, che non riuscivano a fornire una soluzione che desse al sistema un minimo di stabilità…
Abbiamo cercato di sostenere una posizione sul governo della Sinistra che rientrasse nella tradizione dell’Internazionale Comunista e delle decisioni prese al momento del suo IV Congresso: il governo di sinistra come parola d’ordine indispensabile nelle condizioni di profonda crisi, ma non (o non ancora) di crisi pre-rivoluzionaria; il governo di Sinistra, con un programma che cercasse di rispondere ai bisogni della classe operaia e delle masse popolari, non partendo da concetti senza riferimenti alla classe come la concezione dello “sviluppo dell’economia nazionale”. Il governo di Sinistra poteva rappresentare una prospettiva transitoria in quel clima, in quel punto culminante della lotta di classe. Una parola d’ordine inserita in modo continuativo nella propaganda e nei suoi agganci concreti, nell’emancipazione socialista della società, non come il punto “finale” di un tentativo riformista basato sull’errata speranza di poter tenere insieme le forze capitaliste e gli operai in una politica di “uscita del paese dalla crisi” e di “ricostruzione dell’economia nazionale”. Su questa posizione concordavamo con i membri più radicali in SYRIZA, che consideravano – come base minima d’intesa – il governo di Sinistra come parte integrante di un progetto che imponesse un programma di “non collaborazione di classe”.
Giudicando i risultati, questo campo ha ottenuto una sconfitta, che richiede una spiegazione.
• Un fattore di fondo è stato il riflusso del movimento di massa sopravvenuto progressivamente dopo il 2012 e con un ritmo più rapido dopo il 2013. L’effettiva realizzazione del progetto di “governo di Sinistra” presuppone una partecipazione considerevolmente elevata delle componenti di una direzione politica. Questa considerazione non va intesa come trasferimento della responsabilità a questa direzione. Al contrario, la costatazione è una forma di autocritica (ma anche di critica) che concerne l’attenzione delle forze della sinistra radicale in SYRIZA sul peso da attribuire allo sforzo che punti a un legame più organico con il movimento di massa, prendendo maggiormente in considerazione questo fattore nella formulazione delle loro tattiche in rapporto con gli avvenimenti politici.
• A meno di fare storia “contro-fattuale”, noi non sapremo mai se un progetto di “governo di Sinistra” ha conosciuto in Grecia la sconfitta per ragioni oggettive, a causa dei rapporti di forza. Questo progetto è stato infatti abbandonato dalla direzione di SYRIZA, per la verità subito dopo le elezioni del giugno 2012 e apertamente dopo la vittoria elettorale del gennaio 2015. Veniva sostituito da un progetto di “governo di salvezza nazionale”, da una politica di unità nazionale, che lasciava al di fuori dello schema solo la destra di Samaras [l’ala destra di ND] e Alba Dorata [i neonazisti].
Possiamo osservare “svolte” analoghe – anche prima dell’arrivo al potere – nella politica del Blocco di Sinistra in Portogallo [nel quadro della città di Lisbona, con successivo test a livello del governo] e nei progetti di Iglesias sul futuro di Podemos in Spagna.
È una prova che, nei partiti larghi della sinistra radicale [o con una componente significativa della sinistra radicale], non possiamo considerare risolto il classico dilemma strategico “riforma o rivoluzione”. Un dilemma che, contrariamente a quel che crede gran parte dei nuovi strati e delle nuove direzioni politicizzate, non riguarda solo il passato (storico) o un futuro distante e remoto. Questo ordine di problemi, espresso qui in forma apodittica, determina infatti ampiamente la tattica, anche in periodi di esigenza di riforme nell’attuale clima di crisi strutturale, e diventa ancor più decisivo in periodi di sconvolgimenti politici generalizzati.
La nostra insistenza su questo orientamento spiega il nostro rifiuto di sciogliere DEA, nonostante le pressioni subite al momento del Congresso costitutivo di SYRIZA. Spiega anche il peso che abbiamo dato allo sforzo di costruire un’opposizione di sinistra la più ampia possibile [la Piattaforma di Sinistra, e oltre] contro la “corrente” di Tsipras, e spiega la nostra partecipazione attiva alla Piattaforma e la nostra iniziativa di fondare la Rete rossa (Rednetwork, per organizzare le “periferie” politiche animate, per l’essenziale, da DEA].
La fondazione della Piattaforma di Sinistra (nei giorni del Congresso costitutivo di SYRIZA, nel 2013) è anche stata una decisione difficile. Essa suscitava l’indignazione del gruppo dirigente intorno ad Alexis Tsipras, che constatava ormai di avere, con la creazione di questa, una forte opposizione nel suo stesso partito [circa il 33% dei delegati al congresso]. La Piattaforma di Sinistra, assumendo un ruolo di “correzione” delle decisioni, e soprattutto di scontro in quanto insistevamo sull’orientamento di classe, provocava la radicalizzazione di ogni voce critica in seno a SYRIZA. Per questo abbiamo subito la pressione sistematica del gruppo dirigente (con la politica “della carota e del bastone”…), tendente a spezzare il nostro accordo politico con i compagni della Corrente di Sinistra e a mettere quindi in questione l’esistenza stessa della Piattaforma.
Tuttavia, la creazione della Piattaforma di Sinistra ha provocato anche la reazione di una frangia più radicale interna a SYRIZA (ANASA, “53” centro-sinistra, esitanti, di SYRIZA, ecc.). Compagni che non vedevano, allora, motivi seri per differenziarsi in modo deciso dalla maggioranza dirigente. Vedevano invece ragioni per criticare (a volte piuttosto aggressivamente) la collaborazione tra un settore della Sinistra anticapitalista e internazionalista (i “trotskisti” di DEA) e i compagni della Corrente di Sinistra che si riferivano a una tradizione derivante dai Partiti comunisti. Nei giorni difficili del 2015 si dimostrava che l’insistere su una pratica politica anti-austerità, orientarsi verso la classe operaia, sottolineare l’effettivo riferimento al marxismo, tutto questo costituiva il fondamento che consentiva alla Piattaforma di Sinistra di mantenere unite le proprie file. E questo rende onore ai compagni della Corrente di Sinistra – al di là delle divergenze – per aver tenuto fermo il loro impegno verso i propri membri, verso il “mondo” di SYRIZA e del movimento sociale, con responsabilità più pesanti delle nostre [tra cui un posto di governo nel primo governo Tsipras; DEA ha rifiutato ogni proposta di inserimento governativo e si è opposta, fin dall’inizio, alla nomina di un presidente proveniente da ND, Prokopis Pavlopoulos].
Ci riferiamo a questa esperienza perché, nel periodo dopo il 20 settembre , correnti e organizzazioni che in passato si scontravano sono oggi costrette a lavorare insieme, per costruire il letto di un fiume comune per la sinistra radicale.
Nel percorso verso le elezioni di gennaio 2015, la nostra ultima speranza era che la vittoria certa di SYRIZA potesse provocare una nuova ondata di rivendicazioni da parte delle masse, un’ondata che esprimesse aspirazioni e bisogni che richiedessero immediata soddisfazione, un’ondata di lotte provenienti dal basso. Non c’è stata. E va detto che, su questo, la responsabilità dipendeva sempre più dal sistema “governo e partito SYRIZA” che, nello spazio di tempo tra il 25 gennaio e il 12-13 luglio 2015 [accoglimento delle richieste dell’Eurogruppo, della BCE e dei creditori], ha sistematicamente coltivato la passività delle masse e riposto tutte le speranze nel risultato delle trattative con i creditori.
Dal riformismo al neoliberismo
Dopo la vittoria elettorale del giugno 2012, in SYRIZA è iniziato un processo di svolta conformista: la sensazione che SYRIZA avrebbe conquistato il potere governativo nel quadro di prossime elezioni – indipendentemente dalla data del loro svolgimento – rinunciando a radicalizzare i suoi rapporti con le masse e a promuovere un riarmo politico contro l’influenza del sistema, portava a ciò che Yannis Dragasakis [una figura chiave nella guida del governo SYRIZA-ANEL verso la politica di subordinazione nei confronti dei creditori] ha definito «violenta maturazione».
Vale a dire: lo sviluppo di rapporti con i circoli socialdemocratici, con la destra di Karamanlis, con settori della classe dominante; lo slittamento del programma “di classe” verso la ricerca politica di una vaga “uscita dalla crisi”. Questo andava di pari passo con il cambiamento del modo di funzionare del partito, con l’autonomizzarsi del gruppo dirigente, con i membri ridotti al ruolo di “supporters”. Da quel momento si imposero, nelle cerchie dirigenti maggioritarie, l’abbandono di ogni tattica radicale di intervento e il ruolo predominante degli intenti determinati in assoluto dalla “pesca di voti”.
Lo scivolamento a destra è stato accelerato dalla grande vittoria elettorale e politica del gennaio 2015. Il gruppo dirigente formato intorno a Tsipras ha gestito la fase critica successiva alle elezioni con due criteri principali:
1. evitare lo scontro con la classe dominante all’interno del paese. Quindi, le “azioni unilaterali” che SYRIZA aveva promesso sono state rinviate alle calende greche (aumento del salario minimo, tredicesima mensilità per i pensionati a basso reddito, reintroduzione dei contratti collettivi di lavoro, riduzione delle tasse per le classi popolari, ecc.);
La direzione di SYRIZA stava scoprendo che anche le riforme più moderate in favore dei lavoratori, in un periodo di profonda crisi, si potevano imporre solamente se inglobate in un programma di transizione politica anticapitalista. E, di fronte a questa constatazione, è stata “messa in rotta”, per usare un eufemismo, annullando la totalità del proprio programma di riforme. Questo deragliamento è arrivato al culmine per la situazione critica del settore bancario, quando Yannis Dragasakis, anziché seguire la politica di nazionalizzazione («sotto controllo pubblico, democratico e operaio») prevista nel programma di SYRIZA, ha semplicemente (semplicemente!) reintegrato i quadri più noti del periodo social-liberista di K. Simitis (Primo ministro 1966-2004, membro del PASOK).
2. Evitare – a qualunque costo – il conflitto con la direzione dell’UE e i creditori. questa politica è cominciata come illusione che faceva parte della retorica preelettorale (“La Merkel firmerà subito l’accordo”) diceva Tsipras. L’abbandono della politica di SYRIZA relativa al non pagamento degli interessi del debito (o di una parte di questo) e la richiesta di annullamento del debito (della sua maggior parte) si è andata trasformando nel corso di un’infinita e incondizionata “trattativa”, fino a concludersi con il vergognoso accordo con gli euro-dirigenti del 20 febbraio 2015, accordo che chiunque si sarebbe accorto che ci avrebbe portato a un nuovo Memorandum.
Il tentativo di Tsipras di liberarsi da quella trappola mortale [o di dare l’impressione di volerlo fare], sotto la spinta minacciosa della maggioranza del suo partito, ha portato alla decisione di organizzare il referendum del 5 luglio 2015, l’ultimo “guizzo” radicale di SYRIZA. Il grande intervento delle forze operaie e popolari, con il chiaro “NO” del 62%, ha posto la direzione di SYRIZA di fronte al dilemma concreto: o insistere su un programma di rifiuto dell’austerità imposta dalle “istituzioni” e quindi ingaggiare la totale rottura con i creditori e uscire, alla fine, dalla zona euro; oppure sottomettersi al nuovo memorandum per “mantenere il paese nell’euro”, nel sistema euro. Alla direzione di Tsipras sono occorse meno di 24 ore (fino al 6 luglio) per passare definitivamente nel campo della seconda “opzione”.
Il riformismo che cercava di evitare lo scontro con la classe dominante greca, di mantenere le sue alleanze internazionali e le sue scelte, è stato costretto a impegnarsi in una politica neoliberista.
Il messaggio di questa capitolazione è di grande rilevanza per la politicizzazione interna al paese, ma anche per la sinistra internazionale, che ha seguito attentamente quel che accadeva in Grecia: perché la politica anti-austerità possa essere vincente, è indispensabile che si contrapponga – senza limitazioni – alla classe dominante all’interno di ogni paese; perché essa possa risultare vincente, è necessario entrare in conflitto con gli euro-dirigenti, infrangere la disciplina degli “accordi” imposti negli anni precedenti di predomino neoliberista, osare uscire dall’euro e dal suo sistema al termine della battaglia. Si tratta delle condizioni “minime” per cui un governo di sinistra possa contare su una solidarietà internazionale e stimolarla, di una cosa assolutamente indispensabile.
Cercando di eludere queste due scelte critiche, la direzione di Tsipras è stata indotta, nei fatti, ad accettare un nuovo Memorandum (il terzo) e ad assumersi la responsabilità di imporlo, operando ormai frontalmente contro gli interessi dei lavoratori e delle classi popolari che si pensava rappresentasse.
Prime conclusioni
1. Nelle condizioni attuali del movimento, ma anche in quelle della sinistra marxista internazionale, la scelta di partecipare a partiti larghi, la scelta del fronte unico – con le sue specifiche modalità nei vari paesi – a livello politico, la scelta della collaborazione politica prolungata e sistematica con spezzoni del riformismo radicale o del “centrismo”, resta spesso necessaria. È connessa al carattere difensivo della lotta dei salariati, è legata all’obbligo di concentrare forze in grado di rivendicare vittorie parziali, ai problemi di “riorganizzazione politica” da parte di tutte le correnti della sinistra effettiva. La politica del fronte unico, in forme che tengano conto delle configurazioni sociali e politiche, resta un criterio di distinzione tra l’azione decisiva, che punta realmente a cambiare la situazione, e il riferimento soltanto verbale al marxismo, alla “rivoluzione”, ecc.
2. Questa scelta implica importanti condizioni politiche. La fondazione di SYRIZA aveva come precondizione il rifiuto della strategia di centro-sinistra (oggi socialdemocratica). L’evoluzione stessa di SYRIZA ha tuttavia dimostrato che le debolezze politiche, ideologiche e organizzative delle imprese unitarie della sinistra radicale offrono opportunità di ricostruzione al centro-sinistra (SYRIZA post-luglio, ma con una maturazione precedente), che possono spingersi fino alla completa degenerazione social-liberista, come nel caso della direzione di Tsipras.
3. L’orientamento di Iglesias, nel caso di Podemos (con la possibile alleanza con il PSOE), e la svolta della direzione del Blocco di Sinistra in Portogallo verso l’appoggio, naturalmente a determinate condizioni, di un governo socialdemocratico con test futuri, dimostrano come si tratti di fenomeni ben lungi dall’essere isolati.
4. La lotta della “fase SYRIZA” in Grecia non era una fatica di Sisifo. La creazione tempestiva della Piattaforma di Sinistra e il formarsi di altre “opposizioni” radicali-marxiste (parte dei “53”, i giovani di SYRIZA) in seno a SYRIZA hanno avuto il risultato, nel momento critico, che una parte importante del partito reagisse contro la sua degenerazione, con l’indispensabile ed esplicita differenziazione.
Tutto “questo mondo”, con frammenti di ANTARSYA e della base del KKE (frange con altri problemi da risolvere, problemi di indirizzo non meno importanti, ad esempio il settarismo e un tipo di intervento interessato solo all’autoproclamazione ideologica) potrebbe costituire una forza di rilevanza strategica nelle nuove condizioni create in Grecia dell’imposizione del terzo memorandum ad opera della direzione politica di SYRIZA e di Alexis Tsipras.
Il lavoro di ricostruzione in Grecia di una sinistra di massa, radicale e anticapitalista nel contesto del XXI secolo è destinato a continuare.
5. È il senso della nostra partecipazione all’Unità Popolare. L’UP ha costituito il luogo di incontro della parte più avanzata dell’“opposizione” di sinistra dentro SYRIZA, della Piattaforma di Sinistra, di una parte di ANTARSYA (ARAN, ARAS) e di altri militanti non organizzati, che hanno capito la necessità di esprimere, fin dall’inizio, l’opposizione politica ed elettorale alla mutazione memorandista di SYRIZA.
L’insuccesso alle elezioni (UP non ha superato la soglia del 3% ed è rimasta senza rappresentanza parlamentare, mancandole 7.000 voti) è stato realmente tale. Essa ha però a sua disposizione un raggruppamento organizzato, i mezzi per prendere iniziative politiche e la possibilità di un significativo ampliamento. Per quel che ci riguarda, dunque, non consideriamo l’UP un “partito completo”, ma un “fronte politico in costruzione”. Se si tiene contro, tra l’altro, della dinamica di altre iniziative radicali, si perviene a un’interessante constatazione: si tratta di armi di “calibro superiore” rispetto a quelle di cui disponevamo quando abbiamo cominciato l’impresa di SYRIZA, nelle “lontane” condizioni del 2003-2004.
[1]Il 6 maggio del 2012. Elezioni legislative anticipate. Questi i risultati: ND, 18,85% – 108 deputati; SYRIZA, 16,78% – 52 deputati; PASOK, 13,18% – 41 deputati; ANEL, 10,61% – 33 deputati; KKE, 8,48% – 26 deputati; Alba Dorata, 6,97% – 21 deputati; Sinistra democratica (Dimar), 6,11% – 19 deputati.
Nel giugno 2012, elezioni legislative: ND, 29,66% – 129 deputati; SYRIZA, 26,89% – 71 deputati; PASOK, 12,28% – 33 deputati; Greci indipendenti, 7,51% – 20 deputati; Alba Dorata, 10,92% – 18 deputati; Dimar, 6,26% – 17 deputati; KKE, 4,50% – 12 deputati.
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