Nell'ormai consueta serie di notizie relative alla crisi Greca, tutte incentrate sulla crisi ormai insanabile di un Paese allo sbando, sui debiti altissimi, sulle parole di sfida del ministro Varoufakis e sui fantasmi di default, Grexit e ritorno alla dracma, una notizia è passata quasi sotto silenzio.
A pochi passi da Atene, nell'enorme e assolato bacino portuale del Pireo, i Greci allo sbando stanno costruendo musei. Musei all'avanguardia, ambiziosi, grandi e architettonicamente di pregio. E costosi, ça va sans dire. Un museo dedicato alla storia delle migrazioni che sono passate attraverso il porto ateniese, uno relativo alla storia dello scalo millenario che deve la sua importanza alle decisioni prese quasi venticinque secoli fa da Temistocle e uno, il più ambizioso, per raccontare le meraviglie dell'archeologia subacquea greca.
Relitti, reperti, ricostruzioni tridimensionali e strumentazioni all'avanguardia per la comunicazione del patrimonio, troveranno spazio in un capolavoro di architettura della riqualificazione industriale, un'avveniristica risistemazione dell'ormai fatiscente silos del grano degli anni Trenta, il tutto frutto di un concorso di idee cui hanno partecipato fior di architetti.
A breve, insomma, i turisti in transito per lo scalo ateniese, finora anime spaesate nella calura e nel caos, quasi sempre provenienti da una nottata in nave, e in attesa del classico traghetto per le isole, avranno uno spazio culturale nuovo, in cui trascorrere le ore a loro disposizione ammirando i millenari reperti riemersi dall'Egeo.
Costruisce musei, la Grecia. E ai tanti che hanno cercato le basi dell'attuale crisi negli sperperi delle Olimpiadi, e di altri musei, ambiziosi e costosissimi, i discendenti di Pericle sembreranno degli irresponsabili. Ma non è così: perché la Grecia di Tsipras, che gioca al tavolo dell'Europa come in un grande poker, tra bluff rischiosi e brillanti provocazioni, potrà forse rinunciare alla moneta unica e all'Europa a trazione tedesca, ma conosce perfettamente la sua grande ricchezza, fatta di una combinazione unica di storia e cultura millenarie in un paesaggio di rara bellezza. E di fronte ai fenomeni della Grande Economia, più o meno controllabili, ai venti geopolitici che cambiano gli equilibri del mondo, sa bene che il Partenone, le rovine di Micene, i bronzi dell'Egeo e i resti sacri di Olimpia, tra cicale e cipressi, saranno sempre lì, a dare identità e futuro a un popolo e a un Paese.
Hanno un debito enorme, i Greci, e come italiani, spagnoli, portoghesi, hanno imparato a fare i conti con i numeri dello spread, rassegnandosi a subire negli ultimi anni i rating negativi, i compiti a casa, le politiche comunitarie, le decisioni di Bruxelles che alla fine incidono sulla vita di ognuno, e il sorriso bonario di chi ti condanna all'austerity per farti risalire lentamente la china. Hanno subito le accuse di certa cattiva stampa nordeuropea, quella che vede i popoli mediterranei come una masnada di irresponsabili, oziosi e abbronzati, o quella che metteva in guardia i turisti britannici, spiegando che prenotando una vacanza a Corfù o Mykonos, avrebbero corso il rischio di restare al buio, per i black-out, o senza medicine per curarsi.
E ora costruiscono musei, i Greci. Perché non esiste solo lo spread economico, per cui siamo tutti lì ad arrancare cercando di avvicinarci di un punto alla Germania, ma esiste anche lo spread culturale, dove i Paesi da battere sono i PIGS, e tutti gli altri devono inseguire. E se i PIGS puntano sul loro primato, e investono in quello, invece di imitare politiche di mondi lontani, anche l'economia può ricominciare a girare per il verso giusto. Coraggio, Grecia.
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