La passione
per la storia antica e per l’archeologia, si impregnò dentro di me fin dai
primi anni in cui ebbi una coscienza. Libri, storie e soprattutto immagini
scorrevano davanti a me ragazzino ogni giorno. Una di queste immagini è una
foto: Sophia Engastromenou con indosso i gioielli di Priamo.
31 ottobre 2017
Particolare,
con la potenza di rievocare storie di vita, esistenze avventurose fatte di
viaggi, scoperte, lotte, fughe, sogni. L’immagine delle esplorazioni
ottocentesche dove i limiti tra il giusto e il non giusto venivano valicati
confondendosi in nuvole di fascino e mistero.
Il sogno di
Troia era una delle storie raccontate da quella foto.
La notte a
Çanakkale è stata tutta pioggia, tuoni e lampi. La mattina non è stata
migliore.
Siamo venuti
fin qui per Troia. Usciamo dall’albergo sperando di trovare qualcuno che venda
ombrelli, quando finalmente lo troviamo siamo già zuppi.
L’autobus
che ci porta a Truva, 30 km da Çanakkale, è occupato solo da una coppia di
ragazzi francesi. La pioggia continua a cadere giù. I finestrini sono
appannati, umidi. Tele che incoraggiano l’acqua a dipingere figure nate da
fantasie lontane. Arriviamo all’ingresso delle rovine. Il maltempo ha
scoraggiato molti.
Collina di
Hissarlik, era il 4 agosto del 1872 quando Schliemann rinvenne i primi reperti
di quella che fu l’antica città di Troia, o meglio di quelle che furono le
città di Troia.
Nove
stratificazioni si susseguono l’uno sull’altra, dal terzo millennio avanti
Cristo con il villaggio del Bronzo Antico al quarto secolo con l’insediamento
romano.
L’idea fissa
del tesoro di Priamo accompagnò Heinrich Schliemann negli studi omerici e nei
viaggi alla sua ricerca, finché nel 1873, era il 15 giugno, a dieci metri di
profondità sotto le mura della città del VI strato trovò un recipiente di rame
contente più di 8700 gioielli d’oro.
L’aveva
trovato! Aveva tra le mani il tesoro di Priamo. Oggi è conservato al museo al
Museo Puskin, a Mosca, e vi si trova dal 1945 da quando i sovietici ve lo
portarono dalla Germania. Ancora è conteso tra Turchia, a cui spetta di
diritto, Grecia, dove Schliemann portò il tesoro dopo averlo scoperto,
Germania, patria dello scopritore e nazione alla quale fu donato dallo stesso
Schliemann, e Russia.
È un
continuo susseguirsi di mura, di pietre, di fantasmi di case, di templi, di
palazzi.
Si cammina
per la collina. È gialla di erba arsa dal sole. Si vedono costantemente
cartelli che indicano le stratificazioni del luogo, come quelle del tempo. In
un momento ben preciso, però, il suo scorrere si è fermato. Si è diviso, se può
il tempo dividersi. Da un lato ha proseguito la storia, dall’altro il mito.
I pochi
turisti ignari di come sia oggi la città di Troia, Truva costruita poco
distante nei secoli che seguirono l’ultimo abbandono, li vedi annoiati, come se
l’entusiasmo che li ha spinti fin lì con la pioggia sia sparito, volatilizzato
da quella massa squadrata di pietre.
Ne vedo uno,
un ragazzo con la fidanzata. Ha in mano una copia inglese dell’Iliade.
Fa uno
strano effetto. Non sono il solo ad affascinarsi. Ripercorro nella mia mente le
conseguenze, le storie nate da quella guerra. Ilios, quanta responsabilità ha
avuto.
Il sole è
tornato, timido e lento, ma è tornato.
Efeso e
Pergamo sono siti più belli e meglio conservati, ma Troia dona emozioni di
un’altra storia. Cammini per strade, tocchi le pietre che hanno fatto di quella
storia leggenda e della leggenda un’epopea. Il mito. Gli eroi. Dalla collina
guardo verso la valle che l’accoglie.
Cerco di
immaginare la guerra che Omero ha reso immortale. Cerco di immaginare le nove
Troia che si sono susseguite l’una sull’altra, l’una dentro l’altra.
Mi volto e
vedo la città. Vedo Schliemann con in mano una copia dell’Iliade, rigorosamente
scritta in greco antico, aggirarsi per la collina che ancora cela le rovine.
Vedo Schliemann che con la moglie Sophia, l’ultimo giorno di scavo, trova il
suo tesoro. Il tempo delle grandi esplorazioni, delle grandi scoperte. Vedo il
tempo degli uomini che seguivano un sogno.
Ele è
infreddolita.
Lasciamo il
sito con il sole che ci corre dietro.
Mi sento
svuotato. Come se quelle pietre vive avessero trattenuto parte di me.
Torniamo a
Çanakkale, alla sua torre dell’orologio, alla riproduzione del cavallo di Troia
sul lungomare.
Ci accoglie
la città vecchia. Il caravanserraglio e il calzolaio spagnolo.
Di Fabio Picolli
Fabio
Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della
conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte,
dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università
"Federico II" è impiegato come capo reparto in "Leonardo",
ex Finmeccanica. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!
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