Le prime notizie che si hanno del centro
abitato, di quella che poi sarà Torre Annunziata, risalgono al periodo
magnogreco. Conosciuta col nome di Oplontis, la località sorgeva sulla costa
vesuviana. Sotto l’Impero Romano conobbe una stagione molto positiva grazie
alla sua funzione di agglomerato urbano della vicina Pompei.
Antonio Gaito
Gli
esponenti dei ceti abbienti vi si recavano per rilassarsi nelle sue terme e per
distrarsi dalla frenetica vita pompeiana. L’eredità più grande che questo
periodo ci ha lasciato sono sicuramente gli “scavi d’Oplonti”, conservatisi
grazie all’eruzione del 79 d.C. Dalle ceneri del Vesuvio, però, nacque una
fitta foresta, conosciuta come Silva Mala, che fagocitò tutto quello che c’era
prima e rimase, sostanzialmente, inabitata fino al Medioevo.
Solo nel
1319 con l’editto di Carlo d’Angiò fu possibile attestare una ripresa delle
attività sociali e commerciali. Il re concesse 4 moggi di terra sulle quali
costruire una cappella, dedicata alla Vergine dell’Annunciata, che divenne
luogo di aggregazione per quegli uomini che ripopolarono il luogo. Fu Muzio
Tuttavilla, tra il 1592 e il 1593, a dare il via a dei lavori per la
costruzione di un canale, che avrebbe sfruttato le acque del fiume Sarno, per attivare
tre ordini di mulini.
La nascita
di tale progetto testimoniò non solo la fuoriuscita di Torre Annunziata
dall’oblio medioevale, ma anche la rinascita della sua vocazione commerciale.
Purtroppo una nuova eruzione, nel 1631, distrusse i frutti del duro lavoro del
Conte di Sarno. Ci vollero diversi anni per riportare le cose alla normalità.
Dopo i
disordini generati dalla rivolta di Masaniello del 1647 si decise di decentrare
le polveriere della capitale, prese d’assalto dai rivoltosi durante la
sommossa. La corona vide in Torre Annunziata il posto adatto per assolvere
questo compito. Si decise di ristrutturare il canale del Tuttavilla,
indispensabile per attivare i macchinari impiegati nella polveriera che iniziò
la sua produzione nel territorio torrese.
La vera
svolta per la città coincise con la salita al trono di Napoli di Carlo di
Borbone. Sfruttando la presenza della preesistente polveriera, il re ordinò la
costruzione di una fabbrica d’armi e di una ferriera. Anche grazie alla
lungimiranza dei sovrani borbonici, Torre Annunziata divenne un centro dalla
spiccata vocazione industriale.
Il XIX
secolo fu sicuramente il momento di massimo splendore per la città. Fiore
all’occhiello dell’apparato industriale torrese fu certamente quello della
produzione della pasta.
È dalla
seconda metà del Novecento che purtroppo la città conobbe una crisi dopo
l’altra. La “Grande Torre Annunziata”, che fu la seconda città della Campania
per popolazione e sviluppo, smise di esistere. Ad un passato che ha visto un
centro vivo, ricco di occupazione e lavoro, oggi fa da contraltare un presente
meno luminoso, precursore di un futuro di grande disincanto ed incertezza.
Fonti:
– G. Di
Martino, S. Russo, Torre Annunziata, la sua vocazione industriale e il canale
conte di Sarno.
– F. MEO, S.
RUSSO, Torre Annunziata Oplonti. Dalle origini ai giorni nostri.
– P.
Gargiulo, L. Quintavalle, L’industria della panificazione a Torre Annunziata e
Gragnano, in Manifatture in Campania. Dalla produzione artigiana alla grande
industria.
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