L’uomo aveva accompagnato il malato: "Grazie
all’omaggio scavalcata la lista di attesa". Alle pretese di denaro il
luminare si spaventa: si indaga per ricettazione e truffa.
DI ANDREA ROSSINI0, 07/11/2018
RIMINI. Un sorvegliato speciale con un passato “mafioso”,
un chirurgo considerato la star dei trapianti, un paziente “raccomandato” che
però muore prematuramente e un vaso dell’antica Grecia che, se autentico,
avrebbe un valore inestimabile. Sono gli ingredienti di una romanzesca vicenda
che i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico cercano di
interpretare tra mille difficoltà in un gioco di specchi e competenze
territoriali che hanno fatto rimbalzare l’inchiesta tra le procure di Bologna,
Rimini e Ferrara. Tutto ruota attorno a un’anfora “attica”, del VI secolo
avanti Cristo, sogno proibito, almeno a prima vista, di musei archeologici di mezzo
mondo. Vera o meno che sia è nelle mani di un settantenne che vive a Rimini.
Amico di Maniero
Non un pensionato qualunque, ma un uomo con un passato da
affiliato a un’organizzazione mafiosa che gli è valso, tra l’altro, il regime
di sorvegliato speciale. Non si è mai macchiato di fatti di sangue e non
delinque più da una vita, si preoccupa solo di far fronte agli acciacchi.
Resta, però, un tipo vecchio stampo, dalle mille risorse e dai modi garbati.
Legato a un codice d’onore che in certi ambienti si è perso da un pezzo, è il
tipo disposto a spendersi in nome dell’amicizia senza badare alle conseguenze.
Come quella volta in cui, ad esempio, diede una mano a Felice Maniero, boss
della mala del Brenta, in un rocambolesco tentativo d’evasione.
La lista d’attesa
Di fronte alle sofferenze di un antico compagno malato
gravemente, quindi, non rimane indifferente. «Mi resta solo la possibilità di
un trapianto, ma la lista di attesa è lunga mesi e mesi, anche un anno o due -
gli fa quello - per me non c’è più niente da fare». Il nostro pensionato,
allora, si fa in quattro e ottiene un appuntamento a Bologna con un luminare,
“mago dei trapianti”. Il chirurgo, dopo la visita, allarga le braccia.
«Davvero, davvero non può farci niente?». È a questo punto che, stando al
racconto dello stesso sorvegliato speciale, lui ha un’illuminazione. Deve
essere anche un po’ psicologo perché lo studio medico è ricco di opere d’arte
anche antiche. È così che butta là la storia dell’antico vaso e il chirurgo
s’incuriosisce. Ottiene di vederlo e anche di tenerselo, come gentile omaggio
del singolare visitatore. Pochi giorni dopo, ma il medico ha assicurato ai
carabinieri che non c’è alcuna relazione tra i due fatti, per il paziente
malmesso si spalancano le porte della clinica. «Nessun favore, era un’urgenza».
Alla vigilia del trapianto, però, quando tutto è pronto, l’uomo muore.
Una disdetta, per lui e per gli altri. Compreso il “mago
dei trapianti” che da quel giorno viene tampinato del pensionato “riminese”.
Visto come sono andate le cose, pretende il pagamento integrale del vaso che
secondo lui vale almeno un milione di euro, forse anche due.
Richieste insistenti
In realtà è disposto ad accontentarsi anche di molto
molto meno, ma il chirurgo comincia a soffrire quell’insistenza per l’indennizzo:
la maniera di porre la questione gli ricorda singolarmente le scene di certi
film visti al cinema. Legge vecchie cronache su internet. E prima di partire
all’estero per un prestigioso incarico porta il vaso ai carabinieri e spiega
tutta la faccenda.
Il pensionato si ritrova indagato per ricettazione
(difeso dagli avvocati Fiorenzo Alessi e Stefano Brandina): quell’oggetto per
sua natura non può che provenire da un delitto. Viene perquisita la sua
abitazione, ma non possiede altri reperti. «Ma quale arte? - racconta lui,
beffardo - L’ho comprato a Venezia tanti anni fa in una bancarella per
quindicimila lire». Gli investigatori affidano a una archeologa il compito di
accertare se l’anfora è originale o meno, ma la risposta non è definitiva. «Emergono
forti perplessità sull’autenticità del vaso per ragioni morfologiche e per
alcuni dettagli decorativi che non sembrano congruenti con la produzione
attica». Servono altri esami, a partire dalla termoluminescenza. Nel frattempo,
però, la procura di Rimini, si spoglia della competenza territoriale: sarà il
magistrato di Ferrara a occuparsi del caso. Sarebbero emersi, infatti, dei
collegamenti con una truffa commessa in terra estense. Il settantenne la prende
con filosofia (ma la Grecia non c’entra). «Non sono io il furbacchione della
storia».
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