Jacopo Loredan, direttore di Focus, Vittorio Rizzi, Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Massimo Picozzi, psichiatra, criminologo e scrittore, Ilaria Fratoni, meteo.it|SILVIA MORARA
Lo psichiatra, criminologo e scrittore Massimo Picozzi e
il Direttore Centrale Anticrimine della Polizia Vittorio Rizzi ripercorrono la
storia degli studi e delle tecniche applicate alla soluzione dei delitti
Il passato, presente e futuro della scienza applicata
all’analisi dei crimini è stato l'oggetto di un dibattito tra Massimo Picozzi,
psichiatra, criminologo e scrittore, e Vittorio Rizzi, Direttore Centrale
Anticrimine della Polizia di Stato durante la terza giornata di Focus Live.
Un dibattito che -
in varie occasioni - ha assunto i contorni di un film poliziesco perché Picozzi
ha raccontato, come fosse la puntata di una serie TV, com'è nata la prima
macchina della verità.
L’inizio della criminologia risale all'antica Grecia,
quando il medico Erasistrato per la prima volta utilizzò, inconsapevolmente,
ciò che si può considerare come la prima vera macchina della verità della
storia: chiamato da uno dei generali di Alessandro Magno per visitarne suo
figlio malato, il dottore si rese immediatamente conto che il giovane era sano.
Tuttavia riscontrava come il suo battito
cardiaco accelerasse e la sua respirazione si facesse sempre più serrata ogni
volta che veniva nominata la nuova, giovane moglie del padre.
Erasistrato, registrato questo turbamento, iniziò a
interrogare il ragazzo sui suoi rapporti con la matrigna. Ma ogni volta che
faceva una domanda sulla donna, il giovane iniziava a respirare affannosamente
e negava ogni coinvolgimento con essa. Il medico concluse la sua diagnosi: il
ragazzo era sano come un pesce, ma mentiva (e aveva una tresca con la matrigna,
cosa che divenne di dominio pubblico qualche tempo dopo, quando i due
scapparono insieme).
DALL'ANTROPOLOGIA CRIMINALE ALLE IMPRONTE DIGITALI. Dal
300 a.C ne sono stati fatti di passi
avanti, sia nel campo delle macchine della verità, sia nel campo della
criminologia più pura.
«In Italia - ha spiegato Rizzi - la scienza criminale
ebbe un suo momento di gloria con Cesare Lombroso e con le sue teorie secondo
le quali il comportamento criminale è insito nelle caratteristiche anatomiche
degli individui. Proseguì con Salvatore Ottolenghi, il primo in Italia ad aver
lavorato sulle misurazioni biometriche, e poi con Giovanni Gasti e ai suoi studi
sulle impronte digitali».
IL FUTURO. Come si sta sviluppando ora la scienza
criminale? I due esperti hanno spiegato
come la modellazione 3D, i sistemi basati sulle reti neurali, la realtà
virtuale, i big data e l’Internet delle cose renderanno sempre più facile
condurre le indagini.
«Nella criminologia, invece, un’evoluzione del genere non
c’è mai stata - ha precisato Picozzi - e
ancora oggi, il vero filo conduttore è l’interpretazione».
Picozzi ha poi raccontato una serie di casi di clamorosi
"errori" investigativi. IL più curioso? Quello del cosiddetto
fantasma di Heilbronn, una misteriosa, presunta serial killer, il cui Dna fu
trovato in numerosi scenari delittuosi. Salvo poi scoprire che apparteneva a
un’operaia polacca che lavorava nella ditta che produceva i cotton fioc che
venivano utilizzati dalla scientifica per raccogliere le prove.
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