Κυριακή 4 Νοεμβρίου 2018

Amen: la storia vera alla base del film di Costa Gravas

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La problematica storia vera di Kurt Gerstein e il comportamento della Chiesa Cattolica nei confronti del nazismo in Amen di Costa Gravas.

Edoardo Peretti, 25 ottobre 2018  

Il regista greco Konstantinos Costa-Gravas è da sempre uno degli alfieri del cinema di denuncia e di impegno politico. I suoi film hanno sempre cercato di toccare nervi scoperti e questioni irrisolte, creando altrettanto spesso polemiche e divisioni. Non fa eccezione Amen (2002), con Mathieu Kassowitz, Ulrich Tukur, Ulrich Muhe e Marcel Iures nel ruolo di Papa Pio XII. Il film è tratto dalla controversa pièce teatrale Il Vicario di Rolph Hochhuth che, andata in scena nel 1963, accusava la Santa Sede di non essersi opposta al genocidio degli ebrei, o coprendo gli orrori dei campi di concentramento o perlomeno ignorando le testimonianze.

Cosa racconta Amen? La trama del film

Kurt Gerstein è un funzionario dell’Istituto d’Igiene delle Waffen- SS, il braccio più militare delle SS che, ispezionando un campo di sterminio, rimane sconvolto. Già scosso dall’orrore che pervade il luogo, rimane ancor più scioccato quando apprende che una sua invenzione viene usata per uccidere i detenuti dei campi nelle camere a gas. Si tratta di un processo chimico che il protagonista aveva creato in realtà per purificare l’acqua bevuta dai soldati tedeschi al fronte.

In preda ai sensi di colpa e vittima della coscienza, cerca di far sapere tutto quello che ha visto a Papa Pio XII. Trova però la gerarchia cattolica compatta nella chiusura. Solo una persona lo aiuta: Riccardo Fontana, un giovane prete gesuita, unico aiuto in un contesto dominato dall’omertà, dalla diffidenza e in cui riecheggiano i dubbi di una complicità esplicita.

Amen: chi era Kurt Gerstein e quanto c’è di reale nel film?

Nel 1963 Il Vicario andò in scena solo la serata della prima; il teatro in cui venne recitato fu chiuso improvvisamente per inagibilità e immediatamente l’opera di Hochhuth venne vietata dal prefetto di Roma in quanto non rispettava il Concordato tra Stato e Chiesa. Bisogna aspettare, salvo un paio di messe in scena da parte di studenti contestatori, il 2007 per rivedere la contraddittoria opera su un palcoscenico. Questo per dire quanto la pièce teatrale che ispirò Costa Gravas toccasse un nervo scoperto e dolorosissimo. Il film dell’arrabbiato autore greco si basa in particolare su un personaggio inventato e su uno realmente esistito. Nel primo caso, il prete gesuita Riccardo Fontana, “inventato” anche per dare una rappresentazione più stratificata e meno netta del mondo cattolico; nel secondo il protagonista Kurt Gerstein.

Gerstein era sì un ufficiale delle SS, ma allo stesso tempo fu tra coloro che cercarono di denunciare il genocidio, quasi svolgendo una sorta di opposizione dall’interno. Il suo rapporto con il nazismo fu infatti sempre tormentato; già negli anni trenta venne due volte arrestato ed espulso dal partito. Laureato in medicina, divenne membro dell’Istituto d’igiene delle SS, dove sperimentò una maniera per purificare l’acqua bevuta dai soldati al fronte. Rimase scioccato e sconvolto da ciò che avveniva nei campi di concentramento, che – ricordiamolo – rimase praticamente sconosciuto all’esterno fino alla caduta del Reich, e cercò di informare i governi alleati e la Santa Sede, ottenendo risultati minimi.

Morì nel 1945 in carcere a Parigi, ufficialmente per suicidio, nonostante la presenza nella stessa prigione di altri gerarchi nazisti. Anche lui venne inizialmente condannato per gli orrori di quel periodo, ma la sua memoria venne riabilitata una ventina d’anni dopo quando la sua storia venne nuovamente, e con maggiore precisione, analizzata.

Amen: la “vera” posizione della Chiesa

Quanto la Chiesa Cattolica effettivamente seppe cosa avveniva nei campi di concentramento è una questione ancora oggi dibattuta e ambigua. Non si sa per esempio se il silenzio sia stato dovuto alla non conoscenza degli effettivi orrori che avvenivano, alla sottovalutazione degli allarmi apparentemente più eccessivi (Molti settori della Chiesa fecero, per esempio, negli anni e anche prima della stagione dei campi di concentramento molto per salvare altre categorie perseguitate dal regime e negli anni si opposero a questo con chiarezza. La questione della sottovalutazione di ciò che effettivamente avveniva colpì, inoltre, anche molti altri stati nemici del Reich. Questa parentesi per dire come effettivamente il nodo cruciale ancora da sciogliere davvero sia quanto si sapesse effettivamente all’esterno) al conseguente eccesso di diplomazia, alla paura delle reazioni sulle comunità cattoliche tedesche non particolarmente amate da Hitler o ad una vera e propria connivenza da parte delle gerarchie locali, motivata anche dall’antisemitismo delle correnti più tradizionaliste.

Probabilmente la verità è un misto di tutte queste cose, a seconda di quale livello e di quale parte della gerarchia si guardi. Nel film di Gravas c’è per esempio la figura di un cardinale che ignora gli allarmi e le testimonianze del protagonista; questa è ispirata al Nunzio Apostolico a Berlino Cesare Orsenigo, il quale effettivamente non diede peso alla denuncia di Gerstein, non inoltrando i suoi messaggi a Roma. Secondo la ricostruzione della vicenda queste sarebbero state inoltrate in Vaticano, con segretezza e in maniera ufficiosa, dal Vescovo Ausiliario di Berlino. Il personaggio inventato del prete gesuita Riccardo Fontana può quindi essere letto come simbolo delle stratificazioni e delle diverse posizioni presenti nella Chiesa.

Allo stesso modo ancora oggi indecifrabile è l’atteggiamento tenuto da Papa Pio XII, elemento che nel film riecheggia nel fatto che il Pontefice è una figura sfuggente e irraggiungibile. Quanto il Papa sapeva e quanto è stato informato è una domanda su cui ancora oggi gli storici dibattono, anche contrapponendo le azioni fatte per salvare più ebrei romani potesse e il totale silenzio sul genocidio.

Certo è che, con tutte le contestualizzazioni, le ambiguità tipiche della Storia e gli approfondimenti del caso, il comportamento di parte delle gerarchie cattoliche presenta sicuramente qualche scheletro nell’armadio e che nel complesso quella che dovrebbe essere la casa di Cristo è stata complessivamente inerte, che fosse per ignoranza, sottovalutazione o per calcolo, davanti a uno dei più grandi crimini perpetrati nella storia. Con Amen Costa Gravas affronta quindi un tema spinoso, a livello storiografico, politico e “di fede”, prendendo una posizione netta che denuncia perlomeno l’omertà e l’indifferenza. Una posizione che del resto è chiara già nella locandina, dove la croce diventa una svastica.


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