La problematica storia vera di Kurt Gerstein e il
comportamento della Chiesa Cattolica nei confronti del nazismo in Amen di Costa
Gravas.
Edoardo Peretti, 25 ottobre 2018
Il regista greco Konstantinos Costa-Gravas è da sempre
uno degli alfieri del cinema di denuncia e di impegno politico. I suoi film
hanno sempre cercato di toccare nervi scoperti e questioni irrisolte, creando
altrettanto spesso polemiche e divisioni. Non fa eccezione Amen (2002), con
Mathieu Kassowitz, Ulrich Tukur, Ulrich Muhe e Marcel Iures nel ruolo di Papa
Pio XII. Il film è tratto dalla controversa pièce teatrale Il Vicario di Rolph
Hochhuth che, andata in scena nel 1963, accusava la Santa Sede di non essersi
opposta al genocidio degli ebrei, o coprendo gli orrori dei campi di
concentramento o perlomeno ignorando le testimonianze.
Cosa racconta Amen? La trama del film
Kurt Gerstein è un funzionario dell’Istituto d’Igiene
delle Waffen- SS, il braccio più militare delle SS che, ispezionando un campo
di sterminio, rimane sconvolto. Già scosso dall’orrore che pervade il luogo,
rimane ancor più scioccato quando apprende che una sua invenzione viene usata
per uccidere i detenuti dei campi nelle camere a gas. Si tratta di un processo
chimico che il protagonista aveva creato in realtà per purificare l’acqua
bevuta dai soldati tedeschi al fronte.
In preda ai sensi di colpa e vittima della coscienza,
cerca di far sapere tutto quello che ha visto a Papa Pio XII. Trova però la
gerarchia cattolica compatta nella chiusura. Solo una persona lo aiuta:
Riccardo Fontana, un giovane prete gesuita, unico aiuto in un contesto dominato
dall’omertà, dalla diffidenza e in cui riecheggiano i dubbi di una complicità
esplicita.
Amen: chi era Kurt Gerstein e quanto c’è di reale nel
film?
Nel 1963 Il Vicario andò in scena solo la serata della
prima; il teatro in cui venne recitato fu chiuso improvvisamente per
inagibilità e immediatamente l’opera di Hochhuth venne vietata dal prefetto di
Roma in quanto non rispettava il Concordato tra Stato e Chiesa. Bisogna
aspettare, salvo un paio di messe in scena da parte di studenti contestatori,
il 2007 per rivedere la contraddittoria opera su un palcoscenico. Questo per
dire quanto la pièce teatrale che ispirò Costa Gravas toccasse un nervo
scoperto e dolorosissimo. Il film dell’arrabbiato autore greco si basa in
particolare su un personaggio inventato e su uno realmente esistito. Nel primo
caso, il prete gesuita Riccardo Fontana, “inventato” anche per dare una
rappresentazione più stratificata e meno netta del mondo cattolico; nel secondo
il protagonista Kurt Gerstein.
Gerstein era sì un ufficiale delle SS, ma allo stesso
tempo fu tra coloro che cercarono di denunciare il genocidio, quasi svolgendo
una sorta di opposizione dall’interno. Il suo rapporto con il nazismo fu
infatti sempre tormentato; già negli anni trenta venne due volte arrestato ed
espulso dal partito. Laureato in medicina, divenne membro dell’Istituto
d’igiene delle SS, dove sperimentò una maniera per purificare l’acqua bevuta
dai soldati al fronte. Rimase scioccato e sconvolto da ciò che avveniva nei
campi di concentramento, che – ricordiamolo – rimase praticamente sconosciuto
all’esterno fino alla caduta del Reich, e cercò di informare i governi alleati
e la Santa Sede, ottenendo risultati minimi.
Morì nel 1945 in carcere a Parigi, ufficialmente per
suicidio, nonostante la presenza nella stessa prigione di altri gerarchi
nazisti. Anche lui venne inizialmente condannato per gli orrori di quel
periodo, ma la sua memoria venne riabilitata una ventina d’anni dopo quando la
sua storia venne nuovamente, e con maggiore precisione, analizzata.
Amen: la “vera” posizione della Chiesa
Quanto la Chiesa Cattolica effettivamente seppe cosa
avveniva nei campi di concentramento è una questione ancora oggi dibattuta e
ambigua. Non si sa per esempio se il silenzio sia stato dovuto alla non
conoscenza degli effettivi orrori che avvenivano, alla sottovalutazione degli
allarmi apparentemente più eccessivi (Molti settori della Chiesa fecero, per
esempio, negli anni e anche prima della stagione dei campi di concentramento
molto per salvare altre categorie perseguitate dal regime e negli anni si
opposero a questo con chiarezza. La questione della sottovalutazione di ciò che
effettivamente avveniva colpì, inoltre, anche molti altri stati nemici del
Reich. Questa parentesi per dire come effettivamente il nodo cruciale ancora da
sciogliere davvero sia quanto si sapesse effettivamente all’esterno) al
conseguente eccesso di diplomazia, alla paura delle reazioni sulle comunità
cattoliche tedesche non particolarmente amate da Hitler o ad una vera e propria
connivenza da parte delle gerarchie locali, motivata anche dall’antisemitismo
delle correnti più tradizionaliste.
Probabilmente la verità è un misto di tutte queste cose,
a seconda di quale livello e di quale parte della gerarchia si guardi. Nel film
di Gravas c’è per esempio la figura di un cardinale che ignora gli allarmi e le
testimonianze del protagonista; questa è ispirata al Nunzio Apostolico a
Berlino Cesare Orsenigo, il quale effettivamente non diede peso alla denuncia
di Gerstein, non inoltrando i suoi messaggi a Roma. Secondo la ricostruzione
della vicenda queste sarebbero state inoltrate in Vaticano, con segretezza e in
maniera ufficiosa, dal Vescovo Ausiliario di Berlino. Il personaggio inventato
del prete gesuita Riccardo Fontana può quindi essere letto come simbolo delle
stratificazioni e delle diverse posizioni presenti nella Chiesa.
Allo stesso modo ancora oggi indecifrabile è
l’atteggiamento tenuto da Papa Pio XII, elemento che nel film riecheggia nel
fatto che il Pontefice è una figura sfuggente e irraggiungibile. Quanto il Papa
sapeva e quanto è stato informato è una domanda su cui ancora oggi gli storici
dibattono, anche contrapponendo le azioni fatte per salvare più ebrei romani
potesse e il totale silenzio sul genocidio.
Certo è che, con tutte le contestualizzazioni, le
ambiguità tipiche della Storia e gli approfondimenti del caso, il comportamento
di parte delle gerarchie cattoliche presenta sicuramente qualche scheletro
nell’armadio e che nel complesso quella che dovrebbe essere la casa di Cristo è
stata complessivamente inerte, che fosse per ignoranza, sottovalutazione o per
calcolo, davanti a uno dei più grandi crimini perpetrati nella storia. Con Amen
Costa Gravas affronta quindi un tema spinoso, a livello storiografico, politico
e “di fede”, prendendo una posizione netta che denuncia perlomeno l’omertà e
l’indifferenza. Una posizione che del resto è chiara già nella locandina, dove
la croce diventa una svastica.
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