E credibile
l’ipotesi di uscita volontaria di un Paese dall’euro, che sia l’ipotetica
Francia di Marine Le Pen, l’Italia pentastellata o una Germania desiderosa di
tornare al marco e alla sovranità monetaria? E' assolutamente improbabile,
spiega il capoeconomista di Credit Suisse Oliver Adler, per tutta una serie di
motivi. Intanto è da considerarsi impossibile l’ipotesi di un’espulsione
definitiva di un Paese dalla moneta unica, decisa dagli altri membri. Esiste
invece la possibilità di un’informale “sospensione di fatto” dell’appartenenza
di una nazione all’eurozona, già sperimentata temporaneamente da Grecia e Cipro
con esiti disastrosi (fuga di capitali, spread alle stelle, collasso del
sistema bancario, quindi controllo dei capitali). Vediamo meglio.
L’uscita volontaria di un Paese debole. Il tentativo di
un’economia strutturalmente piuttosto debole e vulnerabile come quella francese
o italiana (in termini di conti con l’estero e di equilibrio fiscale, di
livello di debito pubblico e potenziale di crescita) di introdurre una propria
moneta darebbe sicuramente il via ad una sequenza di eventi negativi: «I
rendimenti obbligazionari si impennerebbero con la fuga di capitali all’estero
- spiega Adler - il sistema bancario subirebbe forti pressioni, l’accesso ai
mercati internazionali dei capitali sarebbe sbarrato e occorrerebbe introdurre
controlli sui capitali». Considerato che non tutto il debito espresso in euro
potrebbe essere convertito nella valuta debole, ne seguirebbe un’ondata di
default, con la conseguenza di una grave flessione economica, mentre i vantaggi
della svalutazione sarebbero in buona parte annullati dall’aumento
dell’inflazione.
L’uscita volontaria di un Paese forte. Ma attenzione:
anche l’uscita dall’eurozona di un Paese strutturalmente potente, come la
Germania, sarebbe doloroso. «La sua nuova moneta si apprezzerebbe bruscamente -
sottolinea l’analisi della banca svizzera - provocando uno shock
deflazionistico all’economia, con una forte frenata delle esportazioni, mentre
i possessori di asset espressi nell’euro indebolito registrerebbero
minusvalenze». E' peraltro improbabile che in Germania una maggioranza politica
si esprima contro l’euro, fintantoché i vantaggi economici - a partire dalla
stabilità della valuta - continuano a superare i costi percepiti dei
trasferimenti finanziari ai Paesi periferici.
La sospensione informale dall’euro. Grecia e Cipro
rappresentano due precedenti sulla possibilità di una sospensione temporanea e
informale dall’eurozona, seguita da un intervento della Troika per salvare il
Paese accelerando sul fronte delle riforme strutturali. Il capoeconomista di
Credit Suisse ipotizza proprio lo scenario di un’ipotetica (ma improbabile)
”emergenza Italia” nel 2018, innescata dalla fine del Quantitative easing di
Draghi e magari dall’esito delle elezioni politiche. «La Banca centrale europea
pone fine ai suoi acquisti di titoli nel 2018 - recita lo scenario immaginato
da Adler - riducendo il suo sostegno alle obbligazioni dei paesi periferici
dEuropa, Italia in primis; i rendimenti aumentano e accelerano le fughe di
capitali. Per sostenere il suo sistema bancario, la Banca centrale italiana
accelera i prestiti dalle banche centrali “del nord”, soprattutto dalla
Bundesbank, attraverso il sistema Target II; quindi la Bce effettivamente
taglia fuori la Banca d’Italia dalla liquidità; infine l’Italia è costretta a
imporre controlli sui capitali - come in Grecia e a Cipro - e la sospensione è
completa». A quel punto, è ipotizzabile che la Penisola acceleri davvero sulle
famose riforme strutturali promesse da oltre vent’anni, con il sostegno del
meccanismo di stabilità europeo e della Banca centrale europea, o più
probabilmente dell’intera Troika.
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