Lord Byron,
quando nel 1810 visitò Atene dominata allora dai Turchi – quei Turchi che
combatté poi a Missolungi, ove perse la vita nel 1824 –, andò a Capo Sunio tra
i mesi di gennaio e febbraio. La straordinaria visita del tempio di Poseidon fu
per lui una folgorazione, tanto che non seppe resistere alla tentazione di
incidere – come poi faranno anche molti altri – il suo nome sulle candide
colonne doriche rimaste.
Capo Sunio, inoltre, compare anche nell’opera poetica
del Nostro; è infatti celebre il suo accenno in coda al poemetto The Isles of
Greece, dove scrive:
Place
me on Sunium’s marbled steep,
Where
nothing, save the waves and I,
May
hear our mutual murmurs sweep;
There,
swan-like, let me sing and die:
A
land of slaves shall ne'er be mine,
Dash
down yon cup of Samian wine!
Sono anch’io
tornato di recente al Sunio, con i miei studenti del Liceo Classico “Banfi” di
Vimercate: un Petit Tour di pochi giorni (e già ne ho scritto), altro che gli
interminabili Grand Tour dei tempi andati! Qui, finalmente, con la luce giusta
e senza la calca dei mesi estivi, ho avuto modo di localizzare e fotografare
proprio la firma di Byron. Non solo: ho visto alle pendici del tempio dei
curiosi fiori gialli, del tutto estranei alla flora dei mesi di luglio e agosto
nei quali ormai da quasi quarant’anni frequento la Grecia
Cielo azzurro,
tempio bianco, un po’ di erba verde, fiori gialli e più sotto un mare blu che
non inganna: è quello che quando fa sera Omero diceva diventare colore del
vino. Chissà che colore aveva, quando ci venne Byron, che si augurava di morire
qui, dolcemente cantando come un cigno: alle febbri malariche di Missolungi non
aveva proprio ancora pensato!
Da Atene
un’oretta di pullman ti fa godere ancora di più questo straordinario paesaggio
senza tempo. Infatti la strada costiera è un monumento alla transitorietà della
condizione umana e – ahimè – alla precarietà della Grecia di oggi. Si passano
Glyfada, Vouliagmeni, Lagonissi, località balneari toccate in passato dalla
speculazione edilizia e ora piene zeppe di seconde case in vendita a quattro
soldi. È la crisi, bellezza! Si intravede poi quel che resta del vecchio
aeroporto e delle sue strutture, in parte ricettacolo di molti profughi che
scappano dagli orrori della non lontana Siria. Tutto questo, che già avevo
visto più volte a bordo di auto private o bus di linea, è stato stavolta
oggetto di un interessante commento economico e storico-politico da parte del
nostro anziano autista di pullman, che si esprimeva in un colorito gramlot
anglo-greco-italiano: Che belli i tempi del magnate Onassiss, che finanziava
opere pubbliche a go go, ma che purtroppo – stupido lui, con tutti ‘sti soldi…
– ha fatto solo due figli, peraltro morti giovani. Dieci, venti, doveva farne,
e questi sarebbero stati altrettanti mecenati e benefattori del popolo greco! E
poi la colpa di tutto è dei tedeschi: prima, seconda Guerra Mondiale e attuale
crisi… Il tutto è poi finito con una
lode della passata monarchia greca, e con la sfiducia verso l’attuale classe
dirigente: ecco l’Europa di oggi, ho pensato. Ma mentre lo ascoltavo,
francamente incredulo che la stirpe degli Onassis o il vecchio re Costantino
avrebbero potuto salvare la Grecia dalla crisi, non riuscivo a togliere gli
occhi dal mare Egeo alla mia destra: quel mare chiamato così proprio perché da
queste rocce a strapiombo il mitico re di Atene Egeo si buttò in acqua,
disperato perché credeva che il figlio Teseo fosse stato sconfitto dal
Minotauro. Sì, ho fissato il mare fino all’apparizione delle colonne, sul
promontorio ancora lontano (“Capo Colonna”, lo chiamarono i Veneziani) che ho
scambiato per lo sfondo di un quadro di Giorgio de Chirico, nativo della greca
Volos: ho addirittura cercato, invano, i cavalli sulla vicina spiaggia!
Poi stop al
pullman, e quindi a piedi fino ai resti del tempio che al dio del mare era
dedicato. Ogni angolazione lo propone in forme diverse, con differenti luci e
colori, ma ognuna di esse è ugualmente emozionante. Allora pensi ai Persiani di
Serse, che nel 480 a.C. distrussero il precedente edificio in tufo dedicato ad
Atena, e a Pericle che volle (intorno al 440 a.C.) costruirne uno in marmo –
quello attuale – stavolta per Poseidon. Par condicio divina, dunque, poiché per
onorare la divinità poliade Atena lo stratega ateniese aveva già commissionato
il Partenone, su un frontone del quale si racconta proprio come questi due déi
si siano contesi a suon di regali il patronato dell’Attica, terra che senza
ulivo (dono di Atena) e senza l’acqua di mare (dono di Poseidon) non sarebbe
mai decollata… almeno fino ai doni di Onassis, a sentire il nostro autista!
De Chirico, «Cavalli sulla spiaggia» (1943)
Bello vedere i
ragazzi anch’essi rapiti dalla bellezza del luogo e dalla sua magia, come già
lo furono personaggi del calibro di Byron, Chateubriand e Lamartine: è stato
difficile per me e i colleghi Ileana e Bruno ricondurli sul pullman verso
l’aeroporto. Bello sapere che i marmi, le onde e il mormorio del mare – per
tornare al poema di Byron – sono gli stessi di allora; e che ancora esiste il
delizioso vino dolce di Samo, nominato dal poeta inglese. Noi però non
l’abbiamo – ovviamente – bevuto in loco, ma acquistato al duty-free
dell’aeroporto (solo i professori, si intende!) su suggerimento di chi vi
scrive, classicista vizioso e goloso… Qualche (piccolo e saltuario, eh!)
bicchierino di quel néktar (così è chiamato sull’etichetta) renderà dunque meno
amaro il rush finale di correzione di compiti, interrogazioni, compilazioni di
scartoffie, che ci transiterà in men che non si dica verso la fine dell’anno
scolastico e gli Esami di Stato. Unica consolazione, per chi scrive: dopo tutto
ciò, ci sarà ancora un viaggio in Grecia, senza se e senza ma. Nella byroniana
speranza che non diventi davvero una terra di schiavi (land of slaves): averla
allora liberata dai Turchi per averla affidata ora alla Troika potrebbe, alla
lunga, rivelarsi un pessimo affare.
Mauro Reali
Docente di Liceo,
Dottore di Ricerca in Storia Antica, autore di testi Loescher di Letteratura
Latina. Collabora da anni alle attività di ricerca dell’Università degli Studi
di Milano. È giornalista pubblicista.
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