(Foto: AFP/SIR)
Il voto popolare del 30 settembre sull'accordo con la Grecia
per il nome futuro, "Macedonia del Nord", non ha raggiunto il quorum.
Si trattava di un referendum consultivo e, ora, sia i favorevoli sia i contrari
cantano vittoria. Il parere di alcuni esperti, mentre la parola torna al
parlamento di Skopje. In gioco ci sono l'adesione all'Ue e alla Nato
Il tanto atteso referendum in Macedonia sull’accordo con
la Grecia e il nuovo nome del Paese (Macedonia del Nord) è fallito, stando ai
risultati dell’affluenza che ha raggiunto, domenica 30 settembre, il 36%,
mentre il quorum necessario era la maggioranza assoluta degli aventi diritto al
voto. La stragrande maggioranza dei votanti recatisi alle urne ha però detto
“sì” al trattato di Prespa che era stato raggiunto fra innumerevoli difficoltà
dopo 27 anni di diatribe. A due giorni dal referendum a Skopje le interpretazioni
dei risultati sono molteplici, sia tra i sostenitori che tra gli oppositori del
quesito: tutti, comunque, si proclamano vincitori. Il Sir ha raccolto il parere
degli esperti e una voce cattolica macedone.
I riflettori puntati su Skopje. I risultati del resto non
sono convincenti perché per essere valido, il referendum doveva raggiungere
un’affluenza del 50% mentre i votanti si sono fermati al 36% della popolazione.
“Il referendum non risolve la questione posta”, ha affermato il presidente della
Commissione elettorale Oliver Derkoski. La domanda del quesito era: “Siete
favorevoli all’entrata nella Nato e nell’Unione europea accettando l’accordo
siglato tra Repubblica di Macedonia e Grecia?”. La spiegazione, secondo
l’analista politico dei Balcani e giornalista di Bloomberg Tv Bulgaria, Nikolay
Krastev, si trova nel fatto che
“Il voto si è svolto in un clima molto teso, con
tantissime proteste e contro-proteste, segnato da una retorica nazionalista e
tante fake news”.
Krastev si aspettava “un’affluenza sotto il quorum ma non
così bassa”: “È uno schiaffo serio per il governo del premier Zoran Zaev,
fautore del referendum”.
Elezioni anticipate in vista. Zaev non si dà per vinto e
promette elezioni anticipate. “È stata una giornata di democrazia, i cittadini
hanno votato liberamente, ora la volontà degli elettori dovrà essere trasmessa
al Parlamento”, ha dichiarato, alludendo al fatto che i numeri non sono, a suo
avviso, così desolanti. Secondo le liste elettorali, spiega Krastev, “gli
elettori dovrebbero essere 1 milione 800mila, ma negli ultimi anni 300mila
persone sono andate all’estero” senza rinunciare alla cittadinanza, “e dunque
non è sbagliato definire che la maggioranza ha approvato il trattato”.
Referendum consultivo. In effetti, l’esito del voto non è
vincolante, ma consultivo; ora il Parlamento dovrà procedere con le modifiche
costituzionali richieste dal trattato che però esigono una maggioranza di due
terzi, cioè sarebbe necessario il sostegno dell’opposizione nazionalista.
L’invito di Zaev, dunque, ai suoi oppositori, va nella
direzione di continuare il processo che dovrebbe portare all’adesione all’Ue e
alla Nato, altrimenti, ha detto, “si va alle elezioni anticipate”.
Contro la nazionalità macedone? Per il presidente
nazionalista Gjorge Ivanov l’accordo con la Grecia è “una flagrante violazione
della sovranità nazionale macedone e una capitolazione di fronte agli interessi
greci”. “Noi siamo i macedoni”, ha detto anche Hristijan Mickoski, del partito
nazionalista Vmro-Dpmne, che rimane però favorevole all’adesione euroaltantica.
“Il referendum è fallito, i macedoni hanno detto no, decidendo di non votare”,
afferma dal canto suo Gordana Spasova, cattolica di Strumitza. Per lei, nella
domanda c’erano troppe cose, “la Nato, l’Ue, il trattato con la Grecia”, e la
gente “si sentiva sotto pressione”. Spasova ritiene che “con questo approccio
si tende a cancellare il popolo macedone, a rinunciare alla storia e alle
origini” della nazione. “Ora – continua – bisognerebbe rispettare la volontà di
quei 64% che non hanno votato e cercare altre soluzioni per risolvere il
problema”.
L’appoggio di Ue e Nato. Il governo di Zaev ha ricevuto
un serio appoggio dai vertici dell’Ue, espresso tramite l’Alto rappresentante
per la politica estera Federica Mogherini e l’eurocommissario per
l’allargamento Johannes Hahn. “Con una maggioranza schiacciante quelli che
hanno esercitato il loro voto hanno detto sì al trattato di Prespa riguardo il
nome del Paese e il loro cammino europeo”, affermano. A loro avviso,
“Il voto è un’opportunità storica, non solo per la
riconciliazione nella regione ma anche per volgere il Paese decisamente sul suo
cammino europeo”.
L’appello ai responsabili politici ed istituzionali è di
“agire nei loro compiti costituzionali al di sopra delle divisioni dei
partiti”. Una analoga dichiarazione è arrivata da un comunicato congiunto del
presidente del Consiglio europeo Tusk e dal segretario generale della Nato
Stoltenberg.
Cosa accadrà? “Le elezioni anticipate sono imminenti”:
dice l’analista Krastev, perché i nazionalisti non appoggeranno le modifiche
costituzionali nel Parlamento. A suo avviso la situazione non è però cosi
drammatica: prevede una netta vittoria del partito di Zaev alle prossime
elezioni e “con una maggioranza larga il trattato di Prespa sarà adottato”.
“Certo – afferma – il referendum fallito dimostra l’apatia e la mancanza di
prospettive in Macedonia, la gente è stanca, l’economia è debole mentre i
macedoni si rendono conto che l’adesione a Ue e Nato non avverrà né subito né porterà
un benessere mai visto”.
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