Uomo nel bunker di Atene © FOTO
1936: Atene si prepara al peggio. Centinaia di rifugi
pubblici vengono costruiti alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Cosa è
successo loro in questi 80 anni?
26.10.2018
Collina Ardittos, via Zalokosta, il Licabetto, piazza Korai. Quattro zone di Atene unite da una cosa: hanno dato rifugio a migliaia di cittadini della capitale greca duranti i bombardamenti tedeschi della Seconda guerra mondiale.
Durante la guerra, e anche dopo, ad Atene esisteva una
rete di almeno 400 rifugi pubblici: piccoli, privati, sparsi per tutto il
Paese. Ognuno con la propria storia e una propria eredità storica.
Lo storico Konstantinos Kirimis ha segnato sulla mappa di
Atene più di 80 rifugi. Con i suoi libri cerca di trasmettere la memoria
storica alle generazioni più giovani.
Prima del 1936 la parola "rifugio" era
sconosciuta agli ateniesi. Tuttavia, la guerra e la paura dell'ignoto hanno
portato il governo greco a prendere delle misure per difendere i propri
cittadini e, dunque, ha costruito degli spazi in cui gli abitanti potessero
difendersi dalle bombe tedesche.
Durante i 4 anni di guerra ad Atene e dintorni sono stati
costruiti più di 400 rifugi pubblici e circa un centinaio di privati perché
ogni edificio più alto di tre piani doveva avere un rifugio. Così, sono state
costruite centinaia di rifugi pubblici presso palazzi a più piani, edifici pubblici,
stazioni ferroviarie, porti, fabbriche, teatri e altri punti in cui si poteva
concentrare la popolazione ateniese. I rifugi pubblici ospitavano fino a
30.000-40.000 persone. Si ritiene che con i rifugi "privati" si
copriva l'intera popolazione cittadina.
A differenza delle leggende metropolitane che circolano
su questi rifugi, la realtà è ben più semplice. Venivano effettuate simulazioni
a cadenza regolare. Ogni abitante doveva sapere cosa fare in caso di
bombardamento. Chiaramente per comunicare meglio con i cittadini, le autorità
avevano collocato dei cartelli all'ingresso dei rifugi pubblici. La legge
stabiliva rigide norme per la costruzione di questi rifugi. Le pareti dovevano
essere in cemento armato con uno spessore di almeno 30 cm. Inoltre, ci dovevano
essere almeno 2 stanze: un'anticamera e la stanza principale. Requisito per i
rifugi più grandi: presenza di spazio abitabile e bagni.
L'entrata principale doveva avere una porta resistente e
imperativa era la presenza di almeno un'uscita di emergenza. "Per prestare
aiuto a tutti in tempo", spiega Kirimis.
I rifugi possono essere di dimensioni diverse. Secondo
Kirimis, alcuni erano molto piccoli, potevano ospitare tra le 30 e le 40
persone ed erano di solito quelli dei palazzi a più piani. Altri arrivavano ad
ospitare 1300 persone. Gli ultimi rifugi includevano anche file di camere
lunghe fino a 200 m. "Per una maggiore resistenza, si preferivano locali
con file di piccole camere e non solamente grandi spazi aperti", precisa
Kirimis.
I rifugi erano ovunque: in centro, al Pireo, in
periferia, in qualunque punto della città.
Le "catacombe" di Atene non erano pensate per
lunghi soggiorni. Non appena finiva il bombardamento e la città si
"tranquillizzava", i cittadini tornavano alla "vita di tutti i
giorni". Dunque, gli ateniesi trascorrevano nei rifugi non più di 3 ore.
Ogni persona aveva a disposizione 1 m3 di spazio (e di
aria) all'ora a condizione che non parlasse o si muovesse, altrimenti avrebbe
avuto bisogno di più ossigeno e, dunque, di maggiore spazio.
A regolare la situazione vi fu la legge del 1936 che
rimase immutata fino al 1956 quando venne abolito l'obbligo di costruire i
rifugi nei palazzi privati. La maggior parte dei rifugi furono costruiti dal
1936 al 1940. Ma a causa della legge vigente ogni casa costruita dopo la guerra
doveva obbligatoriamente avere una stanza da utilizzare come rifugio in caso di
necessità. Chiaramente, quando la guerra finì e la vita tornò come prima, la
legislazione in materia si fece meno stringente.
Bisogna anche menzionare i rifugi creati durante
l'occupazione tedesca. Gli occupanti che possedevano una tecnologia più
avanzata costruirono allora rifugi all'avanguardia tra il '42 e il '44 i quali
avevano il compito di difendere dai bombardamenti della coalizione
anti-hitleriana.
La maggior parte di questi rifugi erano collocati vicino
a siti militari come aeroporti, porti e magazzini. In particolare molti si
trovavano nel Golfo di Egina e nelle isole vicine. "Sulle pareti di uno di
questi abbiamo trovato degli affreschi. Vi erano persone che volevano esprimere
cosa provavano con delle immagini sulle pareti", racconta Kirimis.
Inoltre, l'esercito degli occupanti ha più volte
conquistato i rifugi greci cambiandone in parte la destinazione e utilizzandoli
per altri scopi: ad esempio, come luoghi per l'esecuzione di torture (piazza
Korai).
Chiaramente i rifugi non furono utilizzati solo durante
la Seconda guerra mondiale, ma anche in occasione dei bombardamenti del Pireo
nel gennaio del 1944 e durante i "bombardamenti di dicembre" alla
vigilia della guerra civile greca in cui i greci si difendevano dai… greci.
Oggi i rifugi di Atene non possono essere utilizzati per
varie ragioni: oggi le guerre sono diverse, la tecnologia ha fatto passi da
gigante e la popolazione è cresciuta. Inoltre, nella stragrande maggioranza dei
casi questi rifugi già da molti decenni non sono mantenuti in buono stato. Per
questo, costerebbe moltissimo sistemarli.
La maggior parte dei rifugi è stata demolita e in alcuni
casi i rifugi privati sono diventati magazzini. Nonostante quello che si dice i
rifugi non appartengono al Ministero della cultura o ad altre istituzioni.
"Proprietario del rifugio è colui che detiene il diritto di proprietà
sulla determinata area o sul determinato edificio", afferma Kirimis.
Ad esempio: se il rifugio (pubblico o privato) si trova
su un terreno privato, esso appartiene al proprietario del terreno.
Tuttavia, questi siti sono controllati principalmente
dalla polizia greca e da un'organizzazione per la pianificazione politica straordinaria
in situazioni d'emergenza. Dei 400 rifugi pubblici solamente uno è in buono
stato. E lo è grazie ai tedeschi perché il luogo delle torture in piazza Korai
è diventato il simbolo del movimento greco di resistenza e per questo si è
tramutato in un luogo di rilevanza storica. "Oggi solamente alcuni rifugi
possono essere visitati", ha affermato Kirimis che è ottimista riguardo
alla possibilità di sfruttare questi siti come attrazioni turistiche e
culturali come succede in molti Paesi europei.
Recentemente un ente statale ha espresso intenzioni serie
riguardo al finanziamento della sistemazione di alcuni rifugi. Al momento si
cerca il modo di attrarre fondi e di promuovere il progetto. Tuttavia, va detto
che il progetto è ancora alla sua fase iniziale.
Kirimis ha cominciato le sue ricerche qualche anno fa
dopo aver visitato un rifugio a Drapetsona. "La visita fu per me molto
interessante e ho deciso di capirne di più".
"Durante le mie ricerche ho scoperto che vi sono
molte lacune, le informazioni sono frammentarie e non è possibile tracciare un
quadro completo. Per questo ho cominciato a visitare i rifugi alla ricerca di informazioni.
Per me è importante che le informazioni riguardo ai rifugi siano il più
possibile complete", spiega. "Questi dati non vanno persi. Temo che,
se non si prenderanno le misure del caso, la prossima generazione non conoscerà
nemmeno questi rifugi".
Spinto dall'interesse personale Kirimis sta scrivendo il
suo terzo libro sui rifugi ateniesi. Il primo e il secondo sono stati
pubblicati nel 2015 e nel 2017 e il prossimo è atteso per il 2019. Questi libri
non sono molto diffusi nelle librerie, sono stati stampati in tiratura limitata
e vengono presentati nelle biblioteche, negli archivi storici, nei centri
culturali e nelle organizzazioni militari.
Giorno del No (in greco Επέτειος του Όχι, anniversario
del no, o, semplicemente, Το όχι), il 28 ottobre 1940, è il giorno in cui si
ricorda il rifiuto del primo ministro greco di lasciar entrare in Grecia le
truppe di Benito Mussolini.
Oggi questo giorno viene festeggiato con sfilate di
ragazzi delle scuole, studenti e forze dell'esercito greco.
Nelle prime ore del mattino del 28 ottobre 1940 venne
così recapitato al primo ministro greco, Ioannis Metaxas, da parte
dell'ambasciatore italiano Emanuele Grazzi, un ultimatum nel quale si intimava
di lasciar entrare l'esercito italiano nel territorio greco per occupare
determinati punti strategici con lo scopo di contrastare l'esercito inglese. Le
richieste di tale ultimatum, umilianti e degradanti per la Grecia, dovevano
essere accettate entro tre ore dalla ricezione dello stesso. Tre ore dopo,
però, arrivò το μεγάλο Όχι, il grande no, con il quale la Grecia rifiutò le
condizioni imposte da tale ultimatum.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου