in foto: Il celebre antro della Sibilla, a Cuma.
Scoperta agli albori del Seicento, l’antica città di Cuma
nasconde ancora tante domande: un luogo magico, sede della mitica Sibilla, ed
estremamente importante anche per i romani, questa fu la prima colonia greca
d’Occidente. Gli archeologi però sono ancora a lavoro per comprenderne i
misteri.
Federica D'Alfonso, 5 OTTOBRE 2018
Un nome evocativo, simbolo di un territorio accogliente e
aspro allo stesso tempo. Due volte più grande di Pompei, la prima colonia a
diffondere nel resto della penisola la cultura e la lingua greche: è Cuma, la
più antica e misteriosa città greca d’Italia. Luogo magico, sede della Sibilla
e dei vaticini dell’oracolo, quest’antico insediamento è ancora sconosciuto per
metà: gli archeologi sono ancora al lavoro per riportare alla luce l’enorme
necropoli.
La sua fondazione, a metà fra storia e leggenda, risale
all'VIII secolo a. C.: furono gli Eubei, popolazione proveniente dalla Calcide,
ad approdare per primi sulle coste campane attirati, secondo varie versioni
della leggenda, dal fragore di tamburi o dal volo di una colomba. E fu proprio
la costa ad ispirare ai greci il nome della loro nuova patria: la chiamarono
Cuma, da “kýmē”, che vuol dire “onda”.
La cultura greca si fuse però quasi immediatamente con
quella etrusca, e successivamente con la latina, tanto da far divenire Cuma il
punto di riferimento religioso dei miti di fondazione romani: lo stesso Enea,
giunto sulle coste campane, si reca dalla Sibilla per conoscere le sorti del
suo popolo in terra italica.
Un luogo magico: l’antro della Sibilla
Ed è proprio il mito della Sibilla ad essere
sopravvissuto perfino alla storia della stessa città: il celeberrimo antro
scavato nel tufo è avvolto ancora oggi dal mistero, nonostante non siano mai
state rinvenute prove certe che in questo luogo si svolgevano effettivamente i
riti divinatori e in cui i fedeli si recavano per ricevere il vaticinio del dio
Apollo. Anzi: gli archeologi affermano che si tratti di un tunnel difensivo,
scavato nella roccia, che doveva collegare Cuma agli altri punti militari
strategici della costa.
La Masseria del Gigante e la necropoli, ancora da
scoprire
Oltre all’antro della Sibilla, Cuma cela ancora sotto gli
strati accumulati dal tempo le sue meraviglie: i primi reperti vennero
rinvenuti nel XVII secolo, ma fu solo durante l’epoca borbonica che il lavoro
di bonifica del territorio diede i frutti più importanti. Fu proprio qui che
vennero portati alla luce i resti della cosiddetta “Masseria del gigante”, un
edificio di culto edificato intorno al I secolo. Attorno alla zona della
Masseria vennero scoperte numerose necropoli, alcune delle quali ancora sepolte
per metà: un territorio antico, quello di Cuma, sul quale gli archeologi sono
ancora a lavoro.
In particolare quelli del Collège de France, che sono
attualmente al lavoro sul luogo per continuare un lavoro iniziato due secoli
fa: recentemente, durante l’estate, sono emersi dagli scavi nuovi locali
affrescati appartenenti proprio alla necropoli. In particolare, una tomba è
apparsa particolarmente ben conservata: scavata probabilmente nel II secolo a.
C., la sepoltura nascondeva un magnifico affresco raffigurante alcune figure
maschili nude intente a versare vino da una brocca.
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