Fra Grecia e Turchia si incendia di nuovo lo scontro. E
il Mediterraneo orientale, nel triangolo fra Atene, Ankara e Nicosia, rischia
di assistere a una nuova fase di tensione. Il gas e la ricerca di idrocarburi
sono al centro della sfida. E Recep Tayyip Erdogan, come già dimostrato con le
manovre militari per bloccare la nave Saipem12000 dell’Eni, non vuole sentire ragioni. Nessuno
può cercare gas o petrolio senza il consenso di Ankara.
Le dichiarazioni arrivate dalla Turchia in questi giorni
sono state chiarissime. Come ha scritto l’agenzia Reuters, il governo anatolico
ha avvertito la il governo greco di tenersi al di fuori dell’area delle sue
attività nel Mediterraneo orientale, preannunciando una potenziale prova di
forza con Cipro per quanto riguarda la ricerca di idrocarburi nelle aree
disputate fra Cipro, Cipro Nord e Turchia. Ma anche in aree più lontane, a sud
del’isola mediterranea, quindi non di fronte alle coste turche.
Il ministro della Difesa Hulusi Akar ha detto che Ankara
“non tollererebbe ulteriori fastidi contro le navi turche” dopo che la scorsa
settimana ha denunciato le manovre di una fregata della marina greca che, a
detta della difesa turca, avrebbe infastidito una nave da esplorazione della
mezzaluna a sudovest di Cipro, la Barbaros Hayreddin Pasa, che ha comunicato
che rimarrà nell’area fino al primo febbraio.
L’area si trova al confine delle zone economiche
esclusive (Zee) di Cipro, Grecia ed Egitto. A causa di dispute politiche che
riguardano, ovviamente, le risorse dei fondali marittimi, i tre Paesi non hanno
ufficialmente delineato le proprie Zee l’una rispetto all’altra.
La Grecia, che con Cipro ha un accordo di protezione, ha
negato qualsiasi accusa. Ma la questione appare molto complessa. E con
l’avvento della politica neo-ottomana di Erdogan, che sogna una Turchia
protagonista anche nel mercato del gas e decisiva nel Mediterraneo orientale,
la questione non andrà a esaurirsi nel breve termine.
La Turchia e il governo cipriota rivendicano aree per la
ricerca off-shore che si sovrappongono fra loro. E nessuna, naturalmente, è
disposta a cedere. Entrambe le parti pianificano trivellazioni esplorative già
a partire da quest’anno. I funzionari turchi all’inizio di questo mese hanno
detto che ad ottobre sarebbero già partiti con le prime trivellazioni. E la
sfida è politica, economica e strategica. Gli interessi turchi contrastano
totalmente con quelli greco-ciprioti. E per una presidenza e governo come
quelli turchi, improntati su un profondo nazionalismo, cedere sul fronte dell’energia
e su Cipro equivarrebbe a un autogol politico.
Cipro, che non ha relazioni diplomatiche con la Turchia
per via della disputa su Cipro Nord a seguito dell’invasione turca del 1974, ha
accusato Ankara di voler provocare tensioni: “Non concordiamo con questo clima
di tensione artificiale che sta cercando di dare l’impressione che ci sia una
disputa”, ha detto il portavoce del governo cipriota Prodromos Prodromou. E ha
concluso con un’affermazione molto chiara: “Non c’è disputa nei mari di Cipro”.
Una frase che non indica affatto che non ci siano
dispute, ma semplicemente che secondo Nicosia il problema non è neanche da
porsi: le risorse dei fondali di Cipro sono solo del governo greco-cipriota
riconosciuto dalla comunità internazionale. Nicosia afferma che tutti i futuri
benefici dei ritrovamenti di gas saranno condivisi da tutti i ciprioti, ma con
questo, intendono i ciprioti riunificati sotto la loro bandiera. Ipotesi non
presa in considerazione dalla Repubblica turca di Cipro Nord, che ritiene che
ogni risorsa off-shore appartiene anche a loro. E quest’idea è chiaramente
sostenuta dal governo della Turchia, che non abbandonerà mai la sua influenza
sull’isola.
Una disputa che non sembra trovare una via di uscita in
tempi rapidi. Anzi, le dichiarazioni dell’ex ministro degli Esteri greco, Nikos
Kotzias, della decisione di Atene di estendere la propria sovranità da 6 a 12
miglia nautiche, rischia di avere un peso estremamente rilevante.
Ed è una sfida che rischia di complicare, e non poco, la
vita dell’Alleanza atlantica. Essendo tutti partner della Nato, questa tensione
crea molti problemi alla politica dell’alleanza militare che unisce gran parte
degli Stati occidentali. Ed è una disputa che interessa anche (e in
particolare) gli Stati Uniti, che non a caso, dopo gli scontri con Erdogan,
hanno rafforzato l’asse con la Grecia, consolidando la presenza militare, gli
accordi energetici e quelli commerciali. Ankara non è più un partner
affidabile: Atene sì.
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